Alla guida di autocarro azzarda un sorpasso impattando contro motociclista causandone il decesso. Condannato (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 24 gennaio 2020, n. 2872).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giuseppe – Presidente

Dott. MENICHETTI Carla – Rel. Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. TORNESI Daniela – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ALESSIO nato a (OMISSIS) il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 23/05/2019 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Carla MENICHETTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa Giuseppina CASELLA che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Nessun difensore è presente.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 23 maggio 2019, confermava la condanna resa dal Tribunale di Lanciano nei confronti di (OMISSIS) Alessio, quale responsabile del reato di cui all’art. 589 cod.pen. ai danni di (OMISSIS) Tiziano, commesso con violazione delle norme in materia di circolazione stradale.

2. Secondo la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito – sulla scorta di prove testimoniali, acquisizioni documentali ed esame dei consulenti nominati dalle parti – il (OMISSIS), alla guida del suo autocarro con rimorchio, nel percorrere la s.p.95 con direzione di marcia Fara San Martino-Casoli, dopo aver eseguito una manovra di sorpasso di un trattore agricolo e trovandosi a completare la fase di rientro sulla propria corsia di pertinenza, in prossimità di una curva a sinistra, aveva impattato contro la moto condotta dal (OMISSIS), che proveniva dalla opposta direzione.

Dai dati estratti dal cronotachigrafo era stato accertato che l’autocarro procedeva ad una velocità di 50 km/h, superiore al limite di 30 km/h previsto in quel tratto di strada per la presenza di un cantiere regolarmente segnalato, mentre non era stato possibile accertare la velocità di marcia del motociclista, comunque non moderata.

3. Ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, lamentando con un unico motivo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di responsabilità e di nesso causale, travisamento della prova.

Osserva che secondo quanto relazionato dal consulente di parte Fiorenzo Carlini la velocità del motociclo era stimabile come superiore ai 100 km/h, con una percorrenza al secondo di circa 30 metri: tale ricostruzione matematica – di cui i giudici di merito non avevano tenuto conto – portava ad escludere che la condotta del (OMISSIS) fosse stata influenzata dalla manovra di sorpasso dell’imputato, in quanto la distanza percorsa dal motociclista nei due secondi antecedenti l’impatto lo collocavano in una posizione coperta dalla curva, dalla quale non era avvistabile la asserita parziale invasione di corsia da parte dell’autocarro.

Di qui la richiesta di annullamento, con o senza rinvio, dell’impugnata sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto reitera una tesi difensiva che è stata già considerata e ritenuta non fondata dai giudici di appello.

Va premesso che è pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.

La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. e) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso, ex multis, Sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez.4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, Rv. 253849).

Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n.44882 del 18.7.2014, Carialo e altri, Rv. 260608).

2. Ciò posto, giova osservare che la sentenza impugnata opera non solo una dettagliata ricostruzione della dinamica del fatto, in base alle acquisizioni istruttorie, ma disattende con motivazione diffusa e congrua la ipotesi della non avvistabilità dell’ingombro sulla corsia percorsa dal motociclista.

In particolare, i giudici di appello, secondo quanto riferito dal teste Maresciallo Comparelli e rilevabile dal fascicolo fotografico realizzato in occasione dei rilievi effettuati dai Carabinieri intervenuti nell’immediatezza del sinistro, hanno rimarcato che sul posto era presente un cantiere segnalato, con limite di velocità di 30 km/h, e vigeva il divieto di sorpasso in prossimità di una curva, come da segnaletica orizzontale.

Nonostante ciò, il (OMISSIS) aveva effettuato, a velocità non consentita, una azzardata manovra di sorpasso del trattore agricolo che lo precedeva.

In base ai medesimi rilievi tecnici ed alle dichiarazioni rese dal testimone oculare (OMISSIS) Antonio, che seguiva l’autoarticolato condotto dal (OMISSIS), è emerso poi – come si legge in sentenza – che l’imputato aveva iniziato la frenata, rientrando sulla propria corsia dopo manovra di sorpasso, quando il rimorchio si trovava ancora a cavallo della linea di mezzeria.

Ciò ha portato ragionevolmente ad affermare che il (OMISSIS), una volta uscito dalla curva, vedendo la propria corsia di marcia parzialmente ingombrata dal rimorchio dell’autocarro, aveva tentato una manovra di emergenza, perdendo il controllo del mezzo per la frenata improvvisa.

Di qui il legame causale tra la condotta di guida dell’imputato, posta in essere in violazione di due norme del codice della strada (superamento del limite di velocità e divieto di sorpasso), e l’evento.

I giudici di appello hanno poi disatteso, con adeguata risposta, la deduzione difensiva – reiterata nell’odierno ricorso – della non avvistabilità dell’ostacolo da parte del motociclista, osservando che dalle rilevazioni effettuate nell’immediatezza del sinistro (di cui già aveva dato atto il Tribunale con motivazione non oggetto di specifica ed argomentata censura) era emerso che il (OMISSIS) aveva iniziato a frenare dopo la curva, quando cioè la visuale del tratto rettilineo era completamente libera, e che le tracce di frenata lasciate da entrambi i mezzi coinvolti nell’impatto (9 metri dal punto d’urto il motociclo e 13 l’autoarticolato) potevano trovare un’unica e logica spiegazione solo nel reciproco avvistamento.

Si tratta di argomentazioni ineccepibili, immuni dai vizi di legittimità prospettati dal ricorrente, il quale si limita a valorizzare, a propria difesa, l’elevata velocità della moto, circostanza già valutata in sede di merito ai fini della quantificazione della pena secondo i criteri dell’art. 133 cod.pen., imprudenza della vittima non idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa dell’imputato e l’evento, proprio per l’ostacolo che il (OMISSIS) si era trovato improvvisamente davanti e lo aveva indotto ad una repentina ed estrema manovra di emergenza.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria di duemila euro alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent.n.186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.