Allontanarsi 15 minuti per fare la spesa e lasciare una minore con handicap in auto con poca aria, per la Cassazione è un fatto grave (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 24 marzo 2021, n. 11403).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) (omissis), nato a (omissis), il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 09/10/2019 della CORTE APPELLO di BARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Barbara CALASELICE;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Paola FILIPPI, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio, limitatamente al terzo motivo di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte  di  appello  di  Bari,  ha  riformato  la  condanna pronunciata dal Tribunale di Trani, in data   23 gennaio 2018, nei confronti di (omissis) in relazione al reato di cui agli artt. 110, 591 , comma 1 e 4, cod. pen., limitatamente  al trattamento sanzionatorio, riducendo la pena irrogata in quella di mesi sei di reclusione, confermando, nel resto, l’impugnata sentenza.

1.1. Il primo giudice aveva condannato l’imputato, unitamente alla concorrente nel reato, (omissis) (omissis) madre della minore, alla pena di mesi otto di reclusione oltre le spese processuali.

L’imputazione attiene al rinvenimento, all’interno di una vettura chiusa, con i finestrini con sicura ad eccezione del portellone posteriore, in sosta nell’area disabili del parcheggio di un supermercato, di una minore con difficoltà motorie e linguistiche che chiedeva aiuto.

L’accusa viene elevata a carico di entrambi gli imputati, compresa la madre della disabile non ricorrente i quali, a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine e dell’annuncio fatto diramare dell’altoparlante dell’esercizio commerciale, erano sopraggiunti sul posto adducendo, secondo la ricostruzione dei provvedimenti di merito, giustificazioni speculari e contraddittorie in ordine alle causali dell’allontanamento.

2. Avverso il descritto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, deducendo nei motivi di seguito riassunti, ai sensi dell’art. 173 att. cod. proc. pen., tre vizi.

2.1. Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione, in relazione agli artt. 192 e 533 proc. pen. ed erronea applicazione della legge penale quanto alla ritenuta consumazione del reato di cui all’art. 591 cod. pen.

Con l’appello si era chiesta l’assoluzione dell’imputato, con riferimento alla non commissione del fatto, per essersi il (omissis) allontanato e lasciato in auto la moglie sua coimputata.

La Corte territoriale, invece, descrive la condotta come abbandono in auto della minore, in assenza di elementi per poter avere la certezza che questa fosse addormentata, affermando che genitori erano ritornati dopo 15 minuti, successivamente ad una segnalazione.

Tale ricostruzione, per la Difesa, non coinciderebbe con i dati probatori acquisiti, secondo i quali la bambina, quando i due si erano allontanati, stava dormendo per aver trascorso la giornata al mare, fornendo, dunque, un’alternativa ricostruzione rispetto a quella contestata, come del resto deriverebbe dalla testimonianza del teste (omissis), che ha affermato che forze dell’ordine e genitori erano giunti quasi assieme, con un lasso temporale minimo di circa cinque minuti. Si tratterebbe, dunque, di circostanza compatibile con la versione dell’imputato il quale ha affermato di essersi allontanato lasciano la moglie e la figlia in auto.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione di legge penale, con riferimento all’art. 131-bis pen. e vizio di motivazione.

La motivazione sarebbe contraddittoria posto che, da un lato, si riconosce che l’allontanamento era stato breve, dovuto a superficialità e, dall’altro, si è esclusa la causa di non punibilità utilizzando una motivazione che la Difesa definisce di stile.

2.3. Con il terzo motivo si censura l’erronea applicazione della legge penale, in riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, a fronte di espresso motivo di appello, rimasto privo di risposta.

3. Il procuratore generale ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente al terzo motivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

1. II primo motivo è inammissibile perché denuncia una censura non consentita in sede di legittimità e, comunque, in quanto manifestamente infondato.

Si osserva, invero, che con la censura si descrive una diversa, alternativa, versione dei fatti, invitando la Corte alla rilettura, non consentita, delle medesime fonti di prova dichiarativa, già vagliate dalla motivazione della sentenza impugnata, con ragionamento coerente e non manifestamente illogico.

L’esito del giudizio di responsabilità fondato, come nel caso in esame, su motivazione non manifestamente illogica né contraddittoria, non può essere invalidato da prospettazioni alternative del ricorrente, che si risolvano in una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di diversi parametri di ricostruzione e di valutazione, da preferirsi a quelli adottati dai giudici di merito, perché indicati come più plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità probatoria (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995,  Fachini, Rv.  203767;  Sez.  U,  n.  6402 del 30/04/1997,  Rv. 207944; Sez. U, n. 24  del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).

Inoltre, si rileva che la pronuncia, oggetto di ricorso, descrive con motivazione logica ed esauriente, una diversa dinamica rispetto a quella ricostruita dal ricorrente, secondo cui, dopo il rinvenimento della minore da parte di una prima testimone, sarebbe sopraggiunta la guardia giurata che, aperto il portellone posteriore, aveva consentito alla minore di calmarsi prendendo aria.

Dai convergenti provvedimenti di merito risulta, poi, che soltanto dopo che la medesima guardia giurata aveva chiesto l’intervento delle forze dell’ordine e diramato l’annuncio con l’altoparlante del supermercato, sarebbero sopraggiunti, assieme, i due imputati.

Nessun elemento di prova, riportato nei provvedimenti di merito, poi, fa emergere che questa stesse dormendo.

1.1. Il secondo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

E’ noto che, in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, il giudice è tenuto a motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, dep. 2019, Venezia, Rv. 275940).

Nella specie, tuttavia, la Corte territoriale con motivazione esauriente e logica, ha espressamente escluso  la particolare  tenuità del fatto, facendo  riferimento al pericolo per la salute e sicurezza della minore, reputato  non esiguo  in  considerazione delle circostanze  del fatto.

1.2. Il terzo motivo è inammissibile.

E’ principio condiviso da questo Collegio, affermato reiteratamente da questa Corte di legittimità, quello secondo cui la concessione o meno delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di fatto, lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, che può ben essere motivato implicitamente attraverso l’esame esplicito dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 256201 Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, D’Anna, Rv. 227142).

Giova, altresì, rammentare l’insegnamento secondo  il quale, in caso di diniego delle circostanze attenuanti generiche, la motivazione può implicitamente ricavarsi anche mediante il raffronto con le considerazioni poste a fondamento del loro avvenuto riconoscimento, riguardo ad altre posizioni esaminate nella stessa sentenza, quando gli elementi oggetto di apprezzamento siano gli stessi la cui mancanza ha assunto efficacia determinante nell’ambito di una valutazione generalmente negativa (Sez. 6, n. 14556 del 25/03/2011, Belluso, Rv. 249731).

Tanto a conferma dell’ammissibilità, sul punto del diniego delle circostanze attenuanti generiche, della motivazione implicita.

Nel caso al vaglio, invero, in conformità a detto indirizzo, sebbene non vi sia espressa motivazione da parte del giudice di appello sulla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, contenuta espressamente nei motivi di appello depositati il 24 maggio 2018, questa si ricava dal complesso della motivazione, ove si fa riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., tenuto conto che viene valorizzato il comportamento processuale (relativo alla contraddittoria versione resa, peraltro, speculare rispetto alla coimputata, circa le ragioni dell’allontanamento) la non lieve entità dell’offesa, in considerazione del pericolo per la salute e sicurezza della minore, oltre alle circostanze dell’azione, consistita nell’aver lasciato la disabile esposta a pericolo di malore per caldo e mancanza di areazione.

2. Segue alla pronuncia, la condanna del ricorrente alle spese processuali, nonché al pagamento dell’ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del giugno 2000, importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti.

2.1. Si dispone l’oscuramento dei dati sensibili, in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi dell’art. 52, comma 5, d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, considerata la minore età della parte lesa ed i rapporti familiari tra le parti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d. lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso, il 18/01/2021

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021.

SENTENZA – copia conforme -.