REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOGINI Stefano – Presidente –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. AMOROSO Riccardo – Rel. Consigliere –
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –
Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale presso la Corte di appello di L’Aquila;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) Carmine, nato a (omissis) il 10/05/19xx;
avverso la sentenza pronunciata il 04/06/2018 dal Tribunale di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Riccardo Amoroso;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Pietro Molino, depositata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di L’Aquila ricorre “per saltum” avverso la sentenza in epigrafe, con la quale il Tribunale di L’Aquila in composizione monocratica ha assolto (omissis) Carmine dal reato di cui all’art. 341-bis cod. pen. perché il fatto non sussiste.
2. Il Procuratore Generale ricorrente deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 341-bis cod. pen. perché è stato escluso il reato di oltraggio in quanto commesso all’interno di una struttura penitenziaria riservata ai detenuti in regime di 41 bis O.P., e quindi in un luogo che non può essere ritenuto pubblico o aperto al pubblico.
Si tratta, secondo il procuratore ricorrente, di una interpretazione erronea contraddetta dalla giurisprudenza di legittimità che ammette che anche l’istituto penitenziario, pur non essendo un luogo di libero all’accesso a tutti, è comunque un luogo aperto ad una moltitudine di soggetti, oltre ai detenuti anche al personale penitenziario, e quindi aperto ad un numero di persone indeterminato che convivono nella struttura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Nella sentenza impugnata, senza ulteriori valutazioni in merito alla integrazione degli altri elementi richiesti per l’integrazione della fattispecie di reato prevista dall’art. 341-bis cod. pen., è stata esclusa a priori la configurabilità del predetto reato sulla base dell’errato convincimento che l’ambiente penitenziario non possa essere ritenuto luogo aperto al pubblico.
Secondo il costante orientamento, formatosi nella giurisprudenza di legittimità con riguardo a diverse figure di reato (atti osceni, porto e detenzione illegali d’arma), e più specificamente anche con riguardo al delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, nella nozione di luogo aperto al pubblico rientrano, invece, anche la cella e gli ambienti penitenziari.
È stato, infatti, osservato che assume rilievo centrale ai fini della qualificazione dell’ambiente penitenziario come luogo aperto al pubblico la destinazione alla fruizione di un numero indeterminato di soggetti che, in presenza di determinate condizioni, hanno la possibilità pratica e giuridica di accedervi, essendo, invece, irrilevante che l’accesso dei detenuti sia coattivo e volto a soddisfare un interesse pubblico (Sez.6, n. 26028 del 15/05/2018, Rv. 273417).
3. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio che va disposto alla Corte di appello di L’Aquila ai sensi dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., trattandosi di ricorso immediato per cassazione (cd. ricorso “per saltum”).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di L’Aquila.
Così deciso il 3 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021.