REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MICCOLI Grazia – Presidente
Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Rel. Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) Mara, nata a (OMISSIS) il 01/08/19xx;
avverso la sentenza del 18/11/2019 della Corte di Appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE RICCARDI;
lette le richieste scritte ai sensi dell’art. 23, co. 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa Perla Lori, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
lette le richieste scritte ai sensi dell’art. 23, co. 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, del difensore, Avv. Mara (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 18/11/2019 la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza di condanna nei confronti di (OMISSIS) Mara, emessa in data 06/03/2018 dal Tribunale di L’Aquila, per i reati di cui agli artt. 476 e 482 cod. pen., per avere, in qualità di avvocato difensore di fiducia de “La (OMISSIS) Immobiliare s.r.l.” nell’ambito di un procedimento civile, alterato la data di notifica della sentenza n. 378/2013 del Tribunale di Avezzano, sovrascrivendo con la penna sulla cifra “1” della data “10.7.2013” la cifra “3”, al fine di poter depositare nei termini l’atto di appello, effettivamente depositato il 23.10.2013.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) Mara, con atto dei difensori Avv. Guido (OMISSIS) e Avv. Alfredo (OMISSIS), che ha proposto cinque motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con un primo motivo deduce la violazione di legge in relazione al criterio del ragionevole dubbio, sostenendo che la sentenza impugnata non abbia spiegato quale sia la prova del fatto che la correzione della data sia stata eseguita dall’imputata e non dall’ufficiale giudiziario.
2.2. Con un secondo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, in quanto nessuno ha visto l’imputata falsificare l’atto, né vi è stato un perito che abbia esaminato la correzione e l’abbia attribuita alla ricorrente, mentre vi sono elementi indiziari che fonderebbero l’ipotesi di un errore commesso dall’ufficiale giudiziario, incolpevole perché già disturbato da una grave malattia al cervello.
2.3. Con un terzo motivo denuncia la violazione di legge, sostenendo che nel processo non è stata accertata una falsificazione intesa come azione dolosa alternativa alla correzione incolpevole, né l’autore della stessa, non essendo stata espletata perizia, né tantomeno un esame visivo dell’originale.
2.4. Con un quarto motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla grossolanità e all’inutilità del falso.
2.5. Con un quinto motivo deduce la violazione di legge e del vizio di motivazione apparente, sostenendo che l’avvocato (OMISSIS) non aveva nessun interesse ad alterare la data della notificazione, ben sapendo che l’alterazione era inutile in quanto sarebbe stata svelata alla prima udienza del processo di appello; inoltre la motivazione del Tribunale di L’Aquila concernente la riferibilità della correzione a Villa Andreina sarebbe incompatibile con l’affermazione dell’architetto (OMISSIS), persona offesa e parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, perché, oltre a dedurre doglianze non consentite, dirette ad una rivalutazione del merito, è altresì manifestamente infondato e generico, per l’omesso concreto confronto argomentativo con la sentenza impugnata.
1.1. I cinque motivi, che meritano una valutazione congiunta, per l’evidente sovrapponibilità delle questioni, concernenti essenzialmente la ricostruzione del fatto, propongono doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte la ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito all’autore e alla natura della correzione/alterazione.
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, ed esclusa l’ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicità (tantomeno manifeste) e di contraddittorietà.
1.2. La sentenza impugnata, nel confermare la decisione di primo grado, così dando luogo ad una c.d. doppia conforme, ha infatti evidenziato che:
– la sentenza del Tribunale di Avezzano era stata notificata a mani proprie dell’Avv. Mara Gori (come riportato tanto sul verbale di notifica, quanto sulla copia notificata);
– la data riportata sulla relata estesa in calce alla copia notificata all’Avv. Mara (OMISSIS) è diversa da quella che compare sull’originale di notifica (30 luglio nella prima, 10 luglio 2013 nella seconda);
– la data sulla copia notificata è stata oggetto di una ‘correzione’ mediante sovrascrittura del numero “3” sulla cifra “1” del numero “10” indicante il giorno della notificazione, e che tale correzione non risulta essere stata effettuata secondo la procedura prevista dalla legge.
Sulla base di tali elementi i giudici di merito hanno ritenuto di dovere escludere che l’autore della suddetta modifica fosse l’ufficiale giudiziario, che, oltre a non avere un interesse alla ‘correzione’ – come invece l’odierna ricorrente, che aveva interesse a presentare un’impugnazione tempestiva -, non avrebbe avuto ragione di annotare la formalità sul registro UNEP e restituire l’originale della notifica alla parte istante prima di avere perfezionato il procedimento di notificazione con la consegna dell’atto all’Avv. (OMISSIS).
È stato inoltre adeguatamente motivato, in merito alla analoga doglianza riproposta con il ricorso, che la somiglianza della scrittura non era un indice di per sé dirimente, in quanto, trattandosi di un solo numero, era possibile, senza difficoltà, emulare l’andamento della grafia; l’assunto difensivo secondo cui l’ufficiale giudiziale, nel periodo di riferimento, aveva commesso altri errori non era idoneo ad insinuare il dubbio sull’identità dell’autore della correzione, in quanto gli errori richiamati, oltre ad essere delle mere sviste, non erano stati nemmeno modificati.
Nella fattispecie, la paternità della sovrascrittura non poteva attribuirsi all’ufficiale giudiziario, in primo luogo, perché sarebbe mancato, nel caso di specie, un interesse dello stesso al mancato rispetto della procedura legale, e, in secondo luogo, perché non si potrebbe comprendere la ragione per la quale la correzione sarebbe stata apposta solo sulla copia consegnata all’Avv. (OMISSIS) e non anche nel registro cronologico presso l’UNEP di Avezzano e nell’originale di notifica.
1.3. La Corte territoriale ha inoltre motivato sulla decisione di non acquisire il documento in originale e di non disporre perizia, ritenendo tale attività non necessaria, trattandosi di un unico tratto grafico, peraltro limitato ad una cifra numerica e vergato in modo da sovrapporlo ad altra già scritta; sicché la perizia richiesta sarebbe stata irrilevante, in quanto priva di affidabilità.
1.4. Ciò posto, va altresì rammentato che, in caso di c.d. doppia conforme, il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità è soltanto quello che – a presidio del devolutum – discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, Petrocelli e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, Dall’Agnola, Rv. 257967), o anche manifestamente travisati da entrambi i giudici del merito (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
Nella specie, non risulta pretermesso alcuno dei motivi di impugnazione, meramente reiterati con il ricorso per cassazione, né risulta dedotto un travisamento della prova, al di là del generico (e scarsamente perspicuo) richiamo alla dichiarazione dell’Arch. (OMISSIS), del tutto avulso da qualsivoglia contesto argomentativo idoneo a fondare un effettivo sindacato di legittimità sul punto.
1.5. La doglianza con cui si lamenta la violazione del principio del ragionevole dubbio è del tutto generica, e meramente assertiva, sostanziandosi, in realtà, in una contestazione del quadro indiziario.
Al riguardo, è sufficiente rammentare che, in tema di valutazione della prova indiziaria, il giudice di merito non può limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, né procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e, successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio e, cioè, con un alto grado di credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605-02);
– in sede di legittimità, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall’imputato che intenda far valere l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresentativa soltanto di una ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili (Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237).
Nel caso in esame, non sussiste alcun dubbio ragionevole sulla corretta ricostruzione del fatto-reato, essendo l’ipotesi alternativa – della ‘correzione’ della data per un errore dell’ufficiale giudiziario – del tutto congetturale e priva di fondamento indiziario, a fronte di un quadro probatorio assolutamente convergente nel fondare l’ipotesi accusatoria della consapevole ‘alterazione’ della data, al fine di presentare una impugnazione tempestiva.
1.6. Manifestamente infondata è, altresì, la doglianza relativa al carattere evidente della correzione, con cui si deduce la grossolanità e l’inutilità del falso.
Invero, in tema di falso, la valutazione dell’inidoneità assoluta dell’azione, che dà luogo al reato impossibile, dev’essere fatta “ex ante”, vale a dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l’azione viene posta in essere, indipendentemente dai risultati, e non “ex post“; tale principio riguarda, peraltro, i casi in cui il falso sia stato scoperto e si discuta se lo stesso fosse così grossolano da dover essere riconoscibile “ictu oculi” per la generalità delle persone, ovvero sia stato scoperto per effetto di particolari cognizioni o per la diligenza di determinati soggetti, non anche quelli in cui il falso non sia stato scoperto ed abbia prodotto l’effetto di trarre in inganno, nei quali, quindi, la realizzazione dell’evento giuridico esclude in radice l’impossibilità dell’evento dannoso o pericoloso di cui all’art. 49 cod. pen. (Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Procopio, Rv. 257063).
Ciò posto, la grossolanità della contraffazione che dà luogo al reato impossibile si verifica solo quando il falso sia riconoscibile “ictu oculi” da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza, tenendo conto non solo delle caratteristiche oggettive della banconota, ma altresì del suo normale uso e delle modalità e circostanze del suo scambio (Sez. 5, n. 15122 del 18/02/2020, Angius, Rv. 279153).
Nel caso in esame, correttamente è stata esclusa la grossolanità del falso, in quanto l’indicazione della data di perfezionamento della notifica non evidenzia particolari elementi che possano risaltare all’osservatore per indurlo a rilevare in via immediata e diretta l’artificiosità del dato.
Del resto, va sottolineato che, lungi dal costituire indice di grossolanità, in tema di falso documentale, ai fini dell’esclusione della punibilità per inidoneità dell’azione ai sensi dell’art. 49, comma 2, cod. pen., la modificazione grafica dell’atto con abrasioni o con scritturazioni sovrapposte a precedenti annotazioni non è indice univoco di una falsità talmente evidente da escludere la stessa eventualità di un inganno alla pubblica fede, potendo apparire una correzione irrituale ma non delittuosa di un errore materiale compiuto durante la formazione di un documento veridico (Sez. 5, n. 32414 del 08/04/2019, Ciaccio, Rv. 276998).
Quanto alla pretesa innocuità del falso, nel rammentare che è innocuo, e quindi non punibile per inidoneità dell’azione, il falso, sia ideologico che materiale, che determina un’alterazione irrilevante ai fini dell’interpretazione dell’atto, non modificandone il senso (Sez. 5, n. 38720 del 19/06/2008, Rocca, Rv. 241936), l’alterazione della data della relata di notifica non è in alcun modo predicabile di irrilevanza, o innocuità, per l’assorbente ragione che da essa dipendeva la tempestività o la tardività di una impugnazione.
Naturalmente la circostanza che, ex post, l’alterazione sia stata apprezzata dai giudici di appello, e l’impugnazione sia stata dichiarata tardiva, non esclude l’idoneità offensiva della condotta di falsificazione.
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7/06/2021.
Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2021.