(Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 marzo – 10 luglio 2015, n. 29904)
Ritenuto in fatto
1. Con l’impugnata sentenza resa in data 10 luglio 2014 la Corte d’Appello di Venezia, in riforma della sentenza dei Tribunale di Belluno, sezione di Pieve di Cadore, in data 18 aprile 2013, appellata da D’A.S., sostituiva la pena dell’arresto a questi inflitta con la pena di € 5.000,00 di ammenda.
Il D’A. era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di guida in stato di ebbrezza.
2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo dei difensore il D’A. lamentando la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen.
Considerato in diritto
3. II ricorso va dichiarato inammissibile consistendo nella mera reiterazione delle deduzioni difensive già avanzate in sede di appello e cui la Corte territoriale ha dato ampia ed esauriente risposta.
Aveva infatti in tale sede sostenuto l’imputato che gli era preclusa per motivi di salute l’assunzione di alcolici e che quindi era probabile che, nel corso del cenone di capodanno, gli fossero stati offerti analcolici che tali in realtà non si erano rilevati.
Sul punto la gravata sentenza ha rilevato come “trattasi di fattispecie punibile anche a titolo di colpa che risulta integrata anche dalla stessa deduzione difesa che evidenzia come vi sia scarsa consapevolezza circa il fatto che anche i cd. analcolici, in realtà, sono alcolici anche se a bassa gradazione”.
4. Conformemente questa Corte (cfr. Sezione 4, n. 47279 del 2014) ha avuto modo di rilevare che nella fattispecie contravvenzionale de qua la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell’agente, il quale deve comunque evitare di assumere bevande contenenti alcool.
Nel caso di specie, peraltro, non è contestato il fatto che l’esito dell’alcoltest sia risultato positivo e neppure è contestato il buon funzionamento dell’apparecchiatura.
Pertanto ininfluente risulta il fatto che l’imputato abbia assunto sostanze alcoliche in quanto contenute in un analcolico da lui assunto dato che, considerata la prevedibilità dell’assorbimento, regole di diligenza gli avrebbero dovuto consigliare di non porsi alla guida del veicolo onde evitare comunque di incorrere nella commissione del reato.
5. Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna dei ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio del 13 marzo 2015