Il TAR del Lazio ordina al Ministro della Salute di consegnare il “piano segreto sul Covid” al gruppo politico Fratelli d’Italia (T.A.R. Lazio – Roma, Sezione Terza, Sentenza 21 gennaio 2021, n. 879).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Riccardo Savoia, Presidente

Dott. Dauno Trebastoni, Consigliere, Estensore

Dott. Paolo Marotta, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7682 del 2020, proposto da:

Galeazzo Bignami, Marcello Gemmato, rappresentati e difesi dall’avvocato Silvia Marzot, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

in via principale

per l’accertamento, ex art. 117 cpa, dell’illegittimità del silenzio serbato dal Ministero della Salute sull’istanza di accesso presentata dai ricorrenti, e per la nomina di un Commissario ad Acta con potere di sostituirsi alla P.A. per l’adozione del provvedimento richiesto nel caso la P.A. persista nella sua inerzia oltre tale termine, procedendo con la ostensione del Piano Nazionale emergenza per contrastare il coronavirus;

in via subordinata,

previa conversione, ai sensi dell’art. 32 comma II cpa, nell’azione di cui art. 116 cpa, condannare il Ministero della Salute alla ostensione del Piano Nazionale di emergenza in tema di coronavirus, come da istanza di accesso civico generalizzato del 4 agosto 2020, entro il termine di 30 giorni; nonché per l’annullamento, ove occorra, del provvedimento tacito di diniego maturato, decorsi trenta giorni dalla ricezione dell’istanza di accesso agli atti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020 il Dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con istanza del 04.08.2020 i ricorrenti, membri della Camera dei Deputati, hanno presentato al Ministero della Salute un’istanza con cui hanno chiesto di avere copia del “Piano nazionale emergenza” di cui aveva parlato, in una intervista rilasciata il 21.04.2020 al “Corriere della Sera”, il Direttore Generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute, Dott. Andrea Urbani.

La richiesta è stata presentata dai ricorrenti “come Deputati della Repubblica italiana nell’esercizio delle prerogative ad essi riservate ex art. 67 Cost.”, fondandola “sull’esigenza di conoscere compiutamente la documentazione di corredo alla situazione di emergenza nazionale determinata dalla diffusione del virus COVID-19 a cui il Piano Emergenza Nazionale risulta essere, come evincibile dalla rubrica del documento, strettamente correlato”.

Poiché il Ministero non ha risposto, i ricorrenti hanno adito questo TAR.

All’udienza camerale del 22.12.2020 la causa è stata posta in decisione.

1) Innanzitutto, va rigettata l’eccezione di genericità, e quindi inammissibilità, dell’istanza di accesso presentata dai ricorrenti, perché nell’istanza del 04.08.2020 i ricorrenti sono stati chiari nel chiedere di avere copia del “Piano nazionale emergenza” di cui aveva parlato, in una intervista rilasciata il 21.04.2020 al “Corriere della Sera”, il Direttore Generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute, Dott. Andrea Urbani.

2) Va poi affrontata la questione del tipo di ricorso proposto dai ricorrenti.

I ricorrenti hanno adìto questo TAR ai sensi dell’art. 117 cpa, che disciplina i “ricorsi avverso il silenzio” delle pubbliche Amministrazioni, specificando che si tratta “di impugnativa avverso l’inerzia della amministrazione serbata dal Ministero della Salute sull’istanza di accesso civico generalizzato di cui all’art. 5 del d.lgs 33 del 2013”, e chiedendo “contestualmente, ai sensi dell’art. 31 comma 3 cpa”, che questo TAR “si pronunzi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, con conseguente ostensione del documento richiesto a carico dell’Amministrazione ministeriale”.

Tuttavia, per il caso in cui questo TAR non ritenga proponibile il ricorso ex art. 117 cpa nella materia in esame, i ricorrenti hanno comunque chiesto, in via subordinata, “che venga disposta la conversione ai sensi dell’art. 32 comma 2 cpa nella azione di cui all’art. 116 cpa; con conseguente accesso agli atti tacitamente diniegato dalla Amministrazione Ministeriale intimata e relativa alla ostensione del Piano Nazionale Emergenza in tema di coronavirus, come da istanza di accesso civico generalizzato del 4 agosto 2020”.

A tal fine, i ricorrenti hanno precisato che, a fronte dell’istanza presentata il 04.08.2020, hanno proposto il ricorso tempestivamente, rispetto ai 30 giorni decorrenti dal 3 settembre.

Su tale questione il Collegio osserva quanto segue.

Il D.Lgs. 14/03/2013 n. 33, di “riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, nel disciplinare, all’art. 5, “accesso civico a dati e documenti”, prevede quanto segue:

“1. L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.

2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis”.

Al contrario di quanto previsto dall’art. 22 della L. 241/90, il comma 3 del citato art. 5 del D.Lgs. 14/03/2013 n. 33 prevede che “l’esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. (…)”.

Come previsto per il diritto di accesso “classico”, disciplinato dalla L. 241/90, il comma 6 dell’art. 5 chiarisce che “il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza…”, e che “il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’articolo 5-bis”.

E secondo il comma 11, “restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Disposizione, questa, che conduce la giurisprudenza consolidata e uniforme del Consiglio di Stato alla conclusione di ammettere il concorso degli accessi, perché “nulla infatti, nell’ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso” (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 2 agosto 2019 n. 5503).

Ma la disposizione maggiormente di rilievo, ai fini in esame, è contenuta nel comma 7 del citato art. 5, ove è previsto che “avverso la decisione dell’amministrazione competente … il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

E infatti, il citato art. 116, ai commi 1 e 4, disciplina il ricorso non solo “contro le determinazioni e contro il silenzio” mantenuto sulle (vere e proprie) “istanze di accesso ai documenti amministrativi”, ma anche “per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza”, prevedendo che (per entrambe le fattispecie) “il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione e, ove previsto, la pubblicazione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità”.

Quindi, dal punto di vista della tutela ottenibile, che si tratti di diritto di accesso c.d. “civico”, disciplinato dal D.Lgs. n. 33/2013, o invece del classico diritto di accesso, disciplinato dalla L. n. 241/90, non cambia nulla, ponendosi solo il problema, nel caso in cui si tratti di questo secondo tipo di diritto di accesso, della legittimazione a richiedere, e della motivazione della relativa richiesta.

D’altra parte, la pubblica Amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimenti a una specifica disciplina, anche alla stregua della normativa dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. 7 agosto 1990 n. 241, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 cod. proc. amm., possa mutare il titolo dell’accesso definito dall’originaria istanza (cfr. Cons. St., ad. pl., 02/04/2020 n. 10).

Ora, nel caso di specie, i ricorrenti hanno presentato una istanza assolutamente generica, senza fare riferimento alla disciplina di cui alla L. 241/90, ma facendo valere solo la propria posizione di parlamentari, e all’esigenza “di conoscere compiutamente la documentazione di corredo alla situazione di emergenza nazionale determinata dalla diffusione del virus COVID-19 a cui il Piano Emergenza Nazionale” (citato dal Direttore Generale del Ministero) “risulta essere, come evincibile dalla rubrica del documento, strettamente correlato”.

E poiché l’art. 32, comma 2, cpa, nel positivizzare il principio iura novit curia, ha previsto che “il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali”, e “sussistendone i presupposti…può sempre disporre la conversione delle azioni”, va rilevato che, sebbene i ricorrenti abbiano invocato in via principale (erroneamente) l’art. 117, hanno comunque chiesto a questo Tribunale la tutela che, anche per il c.d. “diritto di accesso civico”, l’art. 116 appronta.

E poiché l’istanza proposta dai ricorrenti va senz’altro considerata come correlata a un accesso civico, che, come si è visto, prevede una più ampia legittimazione e l’assenza di qualsiasi obbligo di motivazione, in relazione a quanto finora esposto quello della conversione dell’azione proposta è in realtà un falso problema.

3) Nel costituirsi, con memoria depositata il 10.12.2020 il Ministero ha (di fatto) eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, perché “il documento di cui i ricorrenti hanno chiesto l’ostensione e per cui hanno proposto il ricorso, è un testo elaborato e proposto dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento recante un piano nazionale di emergenza per contrastare il coronavirus, così definito dagli stessi proponenti e dagli organi di stampa, anche a seguito di erronee interpretazioni delle dichiarazioni rese da dirigenti ministeriali”, per cui “detto documento … non è un Piano pandemico approvato con atto formale dal Ministero della salute, né un atto elaborato da una P.A., né … è detenuto dal Ministero”.

In sostanza, precisa il Ministero, “tale documento altro non è che uno studio contenente elaborazioni matematiche e dati statistici sui possibili scenari in caso di epidemia, elaborato appunto dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento e illustrato per la prima volta il 12 febbraio 2020 dal dott. Stefano Merler ai membri del Comitato tecnico scientifico (CTS), istituito presso il Dipartimento della Protezione civile; in tale occasione esso era venuto a conoscenza del Ministero della salute, ma non ad esso diretto né è stato acquisito, essendo in possesso di altro organo della P.A.”.

E pertanto, il Ministero, pur affermando l’infondatezza del ricorso, ha in realtà eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, perché, “secondo le regole dell’esercizio del diritto d’accesso, tenuto all’ostensione è il soggetto che ha prodotto o che detiene l’atto, ovvero, nel caso in esame, il Comitato Tecnico Scientifico presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile”.

Con successiva memoria depositata il 12.12.2020 il Ministero ha rappresentato che, “facendosi parte diligente, ha acquisito il documento a cui era stato chiesto l’accesso (cioè lo studio elaborato dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento dal titolo “Scenari di diffusione di 2019-NCOV in Italia e impatto sul Servizio sanitario, nel caso in cui il virus non possa essere contenuto localmente”)”, e ha provveduto quindi, “al deposito in giudizio”.

Con memoria del 16.12.2020 i ricorrenti hanno contestato la posizione del Ministero, e in particolare che sia quello depositato il documento da essi richiesto, perché, “come dice la stessa difesa ministeriale, “non è che uno studio contenente elaborazioni matematiche e dati statistici”, mentre “ciò di cui i ricorrenti oggi chiedono l’ostensione è invece, riprendendo le parole del Dott. Andrea Urbani (Direttore non a caso della Direzione generale Programmazione sanitaria del Ministero della Salute), un “PIANO NAZIONALE DI EMERGENZA” uscito dal Ministero della Salute che, come dice sempre Urbani, è stato “seguito””.

Inoltre, precisano i ricorrenti, “il primo postula, come dice il titolo stesso, che il virus non sia contenuto localmente, il secondo postula proprio l’azione necessaria per contenere il virus”.

A questo i ricorrenti aggiungono che “il Direttore Urbani parla di un Piano già pronto a gennaio, come riferito nel titolo dell’articolo e poi anche nel testo quali dichiarazioni del Direttore Urbani. A quel piano seguì la creazione di una task force, come sempre viene riferito nell’articolo, che vide la luce il 22 gennaio, come evincibile dal comunicato stampa del Ministero ancora oggi visibile sul sito ufficiale del Ministero della Salute”.

E poi ancora, lo Studio Merler, come riferito dal Ministero, è stato “illustrato per la prima volta il 12 febbraio dal dott. Stefano Merler ai membri del Comitato tecnico scientifico (CTS)”, per cui il Ministero non può oggi sostenere “che il documento di cui i ricorrenti chiedono l’ostensione sia lo Studio Merler acquisito dal CTS il 12 febbraio (…), quando il Piano di Emergenza Sanitario di cui parla il Direttore della Programmazione Sanitaria è, per sua espressa ammissione, della metà di gennaio, tanto che da quel piano originò la task force inaugurata il 22 gennaio”.

Poiché la su esposta ricostruzione va senz’altro condivisa, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato, e vada pertanto accolto.

Contrariamente a quanto affermato dal Ministero, le cui precisazioni sono contraddette dai tempi sopra rilevati, nella citata intervista – mai smentita né dall’interessato né, tanto meno, dal Ministero – rilasciata al Corriere della Sera il 21.04.2020, il Direttore Generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute, Dott. Andrea Urbani, ha dichiarato in modo inequivocabile, riferendosi proprio al “Piano nazionale emergenza”, che “già dal 20 gennaio avevamo pronto un piano secretato e quel piano abbiamo seguito. La linea è stata non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio”.

In aggiunta, i ricorrenti hanno dimostrato che precedenti piani per la gestione di pandemie sono stati predisposti dal Ministero intimato.

Pertanto, la circostanza che si tratti di un piano che non è provato sia poi sfociato in un vero e proprio provvedimento applicativo, nell’ottica del diritto di acquisirne copia è del tutto irrilevante.

Come pure irrilevante è il fatto che i ricorrenti avrebbero potuto avvalersi dei poteri che il loro status di parlamentari attribuisce loro, come per esempio quello di presentare interrogazioni o interpellanze alla Camera di appartenenza. Perché l’essere deputati non può certo privarli degli strumenti che la legge mette a disposizione di qualsiasi cittadino per acquisire, ormai anche nella disciplina generalizzata introdotta col citato D.Lgs., qualsiasi documento in possesso di pubbliche Amministrazioni. Il fatto che l’istanza sia stata presentata in tale qualità, è nell’ottica esposta irrilevante.

Per tutte le esposte considerazioni, il ricorso va quindi accolto, con l’obbligo per il Ministero di trasmettere ai ricorrenti, entro 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, copia del richiesto “Piano nazionale emergenza”.

Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Terza Quater, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, nei termini di cui in motivazione, e per l’effetto ordina al Ministero intimato di consegnare ai ricorrenti, entro 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, il documento da essi chiesto.

Condanna il Ministero al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in € 2.500,00, oltre accessori, e al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021.

SENTENZA – copia conforme -.