Il Tribunale condanna l’imputato anche se questi è detenuto all’estero. La Cassazione conferma (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 20 ottobre 2020, n. 29014).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERROTTI Massimo – Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GRASSI SAMUELE nato il 16/10/1980 a FORMIGINE;

avverso l’ordinanza del 12/09/2019 della CORTE DI APPELLO DI TRIESTE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Piero MESSINI D’AGOSTINI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Alfredo Pompeo VIOLA, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12/9/2019 la Corte di appello di Trieste respingeva la richiesta di rescissione del giudicato presentata ex art. 629 bis cod. proc. pen. nell’interesse di Samuele Grassi, in relazione alla sentenza emessa in data 12/5/2017 dal Tribunale di Udine, divenuta irrevocabile il 17/10/2017.

2. Ha proposto ricorso Samuele Grassi, a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento del provvedimento per violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, avuto riguardo alle notifiche eseguite presso l’iniziale domicilio eletto dall’imputato, successive alla data del 21 gennaio 2017, viziate da nullità assoluta in quanto da tale data il ricorrente era detenuto all’estero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza del motivo proposto.

2. Va premesso che la Corte di legittimità è giudice anche del fatto riguardo alle questioni di natura processuale, essendole in tal caso consentito l’accesso all’esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304; Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, Mauro, Rv. 230568; da ultimo v. Sez. F, n. 44878 del 06/08/2019, Aldovisi, Rv. 279036, in motivazione).

E’ noto che, a seguito delle modifiche operate dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 (art. 11, comma 6), il processo in absentia, sia nel caso di legittima dichiarazione di assenza dell’imputato ex art. 420-bis cod. proc. pen. sia nel caso della rescissione del giudicato (art. 625-ter cod. proc. pen.), ruota attorno alla “incolpevole” mancata conoscenza da parte dell’imputato dell’esistenza del procedimento o del processo.

La seconda norma è stata abrogata dall’art. 1, comma 70, della legge 23 giugno 2017, n. 203, che con il comma successivo ha introdotto nel codice di rito l’art. 629 bis; la nuova disposizione, quanto ai presupposti per l’accoglimento della richiesta di rescissione del giudicato, ha riproposto la medesima condizione: il condannato deve provare «che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza del processo».

3. Nel caso di specie, nella richiesta presentata alla Corte di appello si era dedotta proprio la incolpevole conoscenza del processo, esclusa nell’ordinanza impugnata con corrette argomentazioni, con le quali si sono evidenziati il rapporto fiduciario intercorso fra imputato e difensore, anche domiciliatario, venuto meno solo dopo l’udienza preliminare, nonché l’onere di diligenza richiesto al primo, generato dalla conoscenza dell’esistenza del processo, sia pure in una fase iniziale, secondo i principi affermati da questa Corte (per tutte v. Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017, Xhani, Rv. 269554).

Nel ricorso la difesa non si è affatto confrontata con le motivazioni del provvedimento impugnato, avendo dedotto, invece, la nullità assoluta – delle notifiche eseguite dopo il 21/1/2017 (che corrisponde all’asserito inizio dello stato di detenzione di Grassi), con una impugnazione solo per questa ragione inammissibile per genericità.

Va anche rilevato che la deduzione circa la nullità delle notifiche con la conseguente mancata formazione di un valido titolo esecutivo – profilo affatto diverso da quello della incolpevole conoscenza del processo (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259990, in motivazione; Sez. 1, n. 39321 del 18/07/2017, Hercules, Rv. 270840) – era già stata oggetto di una specifica richiesta presentata al Tribunale della Spezia quale giudice dell’esecuzione (relativa anche ad altri 16 provvedimenti, oltre che alla sentenza di cui si tratta, indicata al n. 13), dallo stesso disattesa con ordinanza del 15/4/2019.

Peraltro, dalla stessa ordinanza, non impugnata, risulta che l’imputato, sulla base dei documenti prodotti, si trovava in stato di detenzione all’estero non già dal 21/01/2017 (come asserito dal ricorrente), bensì solo dal 21/7/2018, vale a dire da epoca successiva non solo alla pronuncia della sentenza (del 12/5/2017), ma anche alla irrevocabilità della stessa (risalente al 17/10/2017).

4. Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro duemila, così equitativamente fissata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 9 ottobre 2020.

Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.