In mancanza del risarcimento del danno, va negato il beneficio della sospensione condizionale (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 30 marzo 2020, n. 10867).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Mari – Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI MODENA;

nel procedimento a carico di:

CIROTA LOUIS ANTONIO nato a PAGANI il xx/xx/xxxx;

avverso l’ordinanza del 27/02/2019 del TRIBUNALE di MODENA;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Pietro Molino, che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Modena per un nuovo esame della domanda di revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza indicata nel provvedimento da annullare.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 27 febbraio 2019 il Tribunale di Modena, in composizione monocratica e in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, del pubblico ministero, sollecitatoria della revoca della sospensione condizionale della pena concessa a Giovannina Contaldi e a Louis Antonio Cìrota con sentenza, irrevocabile, emessa dallo stesso Tribunale di Modena il 28 febbraio 2018.

1.1 La motivazione fondante tale decisione è nel senso che:

con la sentenza sopra indicata il beneficio della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena con essa inflitta (cinque mesi di reclusione ed euro 500 di multa per la commissione del delitto di appropriazione indebita) venne condizionato al pagamento della provvisionale di euro 3.000 in favore della parte civile Bianca Bignardi;

al 17 maggio 2018 (giorno di notificazione di atto di precetto per il pagamento della sopra indicata somma di danaro) nulla era stato dai condannati corrisposto per tale titolo a Bignardi;

la sentenza non contiene l’indicazione di termine per l’adempimento di tale obbligazione;

in assenza di tale indicazione, il termine per adempiere è dì cinque anni, decorrenti dal passaggio in cosa giudicata della sentenza, coincidente con quello, previsto dall’art. 163 cod. pen., durante il quale è sospesa l’esecuzione della pena inflitta per la commissione del sopra indicato delitto;

tale termine non era ancora decorso al momento della decisione sull’istanza del pubblico ministero in quanto la sentenza menzionata divenne irrevocabile il 15 aprile 2018;

non si sono dunque ancora verificati i presupposti indicati dalla legge per la revoca del beneficio in discorso.

2. Per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena, denunciando violazione di legge (art.165 cod. pen.), in quanto, nel caso di omessa indicazione di un termine per l’adempimento dell’obbligazione di pagamento della provvisionale, costituente condizione per l’efficacia della concessa sospensione condizionale della pena, da parte della sopra indicata sentenza di condanna, tale obbligo avrebbe dovuto dai condannati essere adempiuto al momento del passaggio in giudicato della sentenza.

3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio, sul rilievo che in caso di omessa indicazione del termine per adempiere alla condizione esso deve ritenersi coincidente con la data di passaggio in giudicato della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’art. 165, primo comma, cod. pen. facoltizza il giudice che pronuncia sentenza di condanna a subordinare la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena inflitta:

a) all’adempimento da parte del condannato:

a1) dell’obbligo delle restituzioni derivante da reato (artt. 185, primo comma, cod. pen.);

a2) dell’obbligo di pagamento della somma di danaro liquidata a titolo dì risarcimento dell’equivalente pecuniario del danno, anche non patrimoniale, derivato da reato ovvero provvisoriamente assegnata sull’ammontare del danno medesimo (art. 185, secondo comma, cod. pen.; artt. 538, comma 2, 539, commi 2 e 2-bis, cod. proc. pen.);

a3) dell’obbligo di pubblicazione della sentenza di condanna quale riparazione del danno non patrimoniale cagionato dal reato (art. 186 cod. pen.; art. 543 cod. proc. civ.);

b) salvo che la legge disponga altrimenti:

b1) all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato;

b2) se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività lavorativa non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le indicazioni contenute nella sentenza di condanna.

Lo stesso articolo prevede, all’ultimo comma, che nella sentenza medesima il giudice stabilisce il termine entro il quale gli obblighi indicati nel primo comma devono essere adempiuti.

La giurisprudenza di legittimità è concorde nell’affermare che la mancata fissazione da parte della sentenza dì condanna del termine entro il quale gli obblighi in discussione (di dare ovvero di fare) debbono essere adempiuti non determina nullità della pronuncia, nella stessa sentenza contenuta, che subordina la sospensione condizionale della pena con essa concessa all’adempimento dell’uno ovvero dell’altra obbligazione dalla sentenza specificamente indicata, essendo tale termine rinvenibile nella legge.

Una parte della stessa giurisprudenza afferma che, nel silenzio sul punto della sentenza di condanna, il termine per gli adempimenti in questione coincide con quello di cinque ovvero di due anni (a seconda che la condanna sia per la commissione di un delitto ovvero di una contravvenzione) previsto dall’art. 163, primo comma, cod. pen. (in questo senso, cfr.: Cass. Sez. 2, n. 10510 del 18 giugno 1982, Vailatti, Rv. 156000; Cass. Sez. 2, n. 10219 del 13 marzo 1991, Sperone, Rv. 188600; Cass. Sez. 3, n. 33933 del 5 luglio 2001, Saglimbeni, Rv. 220197; Cass. Sez. 1, n. 41428 del 7 ottobre 2004, Raffo, Rv. 229939; Cass. Sez. 1, n. 42109 del 19 giugno 2013, Damiano, Rv. 256765; Cass. Sez. 1. n. 24642 del 27 maggio 2015, Hosu, Rv. 263974; Cass. Sez. 4, n. 21583 del 6 maggio 2016, Giancane, Rv. 267280; Cass. Sez. 5 n. 9855 del 8 novembre 2018, dep. 2019, Perticari, Rv. 275502).

Tale orientamento evidenzia in particolare che «l’omessa specificazione del termine per realizzare l’avveramento della condizione cui è subordinata la fruizione del beneficio crea oggettivamente una situazione di incertezza che non può pregiudicare la posizione dell’obbligato, il quale, in difetto di puntuali indicazioni contenute nel titolo esecutivo, che conserva immutata la sua validità senza essere viziato di nullità, può sentirsi autorizzato ad attendere per provvedere sino a che non sia spirato il termine di efficacia della sospensione condizionale» (così, in motivazione, Cass. Sez. 1. n. 24642 del 27 maggio 2015, Hosu, cit., relativa all’obbligo di eseguire lavori di pubblica utilità).

Tale orientamento – cui si conforma l’ordinanza impugnata – non tiene però in considerazione che:

il termine giudiziale di cui all’art. 165, quarto comma, cod. pen. rende effettiva, ed esigibile, la clausola che condiziona l’operatività di un beneficio dal giudice della cognizione concesso ed è ispirato alla finalità di favorire le condotte restitutorie o risarcitorie, anche in senso lato, del condannato nella prospettiva di una effettiva risocializzazione unita al ristoro dei soggetti danneggiati dal reato;

il termine legale di cui all’art. 163 cod. pen. indica la durata del periodo di osservazione della condotta del condannato che, non commettendo reati entro il lasso temporale dalla legge fissato, determina la definitiva non esecutività della pena a lui inflitta.

La trasposizione del termine fissato dall’art. 163 cod. pen. nella disciplina recata dal successivo art. 165 è affatto incongrua rispetto alla finalità di indirizzare il condannato a condotte risarcitorie ovvero restitutorie; risultando eccessivamente dilatato un termine quinquennale, o anche solo biennale, a fronte di una situazione di lesione di diritti soggettivi da ripristinare, e, nella sua fissità, non è nemmeno adeguata rispetto alla esigenza di rendere concretamente esigibile la prestazione oggetto di clausola (per tali considerazioni, cfr.: Cass. Sez. 3, n. 23840 del 13 maggio 2009, Neri, Rv. 244078; Cass. Sez. 1, n. 17629 del 14 febbraio 2019, Luczak, n.m.; Cass. Sez. 1, n. 17630 del 14 febbraio 2019, Nínou, n.m.).

Sul rilievo, però, della natura affatto eterogenea delle obbligazioni di:

pagare somme di danaro a titolo di risarcimento, anche solo parziale, del danno; di restituire danaro o altri beni alla persona offesa dal reato;

di curare la pubblicazione della sentenza di condanna; di eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato mediante un fare;

di prestare, previo consenso, attività lavorativa non retribuita in favore di terzi il cui adempimento determina l’inizio di efficacia della concessa sospensione condizionale della pena secondo la citata disposizione del codice penale, è stato, in contrario, affermato che il termine, di fonte legale, di adempimento dell’una ovvero dell’altra obbligazione, da rinvenire nel caso di omissione della fissazione dello stesso da parte della sentenza irrevocabile di condanna, non può che collegarsi a natura e contenuti specifici di tali obbligazioni (per tali considerazioni cfr. Cass. Sez. 1, n. 5217 del 22 settembre 2000, Bertoncello, Rv. 217351).

E’ in tale specifica ottica che nel caso di condanna per la commissione di reati previsti dalla legislazione regolante la materia urbanistica è stato, con giurisprudenza ormai costante, affermato che il termine per adempiere all’obbligo di demolizione del manufatto abusivo (funzionale all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato) cui sia stato subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il giudice abbia omesso di provvedere alla sua indicazione, è quello di giorni novanta dal passaggio in giudicato della sentenza, desumibile dai parametri della disciplina urbanistica prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 (in questo senso, cfr.: Cass. Sez. 3, n. 23840 del 13 maggio 2009, Neri, Rv. 244078; Cass. Sez. 3, n. 10581 del 6 febbraio 2013, Lombardo, Rv. 254757; Cass. Sez. 3, n. 7046 del 4 dicembre 2014, dep. 2015, Baccari, Rv. 262419; nello stesso senso, cfr., in motivazione, Cass. Sez. 3, n. 13745 del 8 marzo 2016, Annunziata, Rv. 266783; Cass. Sez. 3, n. 15134 del 24 novembre 2017, dep. 2018, Volpe, Rv. 272691).

Quando invece l’obbligo da adempiere da parte del condannato, indicato nella sentenza di condanna quale condizione per la concessione della sospensione condizionale della pena con essa inflitta, consiste nel pagare danaro alla persona offesa dal reato, a titolo di restituzione da illecito oggettivo ovvero di risarcimento, anche solo parziale, dell’equivalente pecuniario del danno, anche non patrimoniale, determinato dai commesso reato, il termine non può che identificarsi con quello dì adempimento delle obbligazioni pecuniarie previsto dal codice civile; derivando tali obbligazioni direttamente dalla legge civile, con la conseguenza che la sentenza penale di condanna non può che ad essa conformarsi.

E ciò a fronte del chiaro precetto contenuto nell’art. 1183, primo comma, cod. civ., secondo cui “se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita il creditore può esigerla immediatamente”, salvi i casi in cui “in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine”, che “in mancanza di accordo delle parti è stabilito dal giudice”.

Invero, quando, come nel caso di specie, la sospensione condizionale della pena è subordinata al pagamento da parte del condannato di una somma di danaro liquidata a titolo di risarcimento, anche solo parziale, del danno (dall’ordinanza impugnata risulta che l’obbligazione riguardava il pagamento in favore della parte civile di 3.000 euro, nella sentenza di condanna liquidati a titolo di provvisionale sul danno a tale parte risarcibile) e quindi all’adempimento di un’obbligazione pecuniaria immediatamente esigibile dal suo creditore, non si giustificherebbe una scadenza ai fini dell’adempimento posticipata rispetto al passaggio in giudicato della sentenza, coincidente col decorso del periodo di sospensione dell’esecuzione della pena.

E ciò, in considerazione del fatto che l’obbligo imposto dal giudice penale non ha contenuto nuovo e autonomo rispetto a quello civilistico, per il quale il legislatore sancisce il principio per cui il creditore può esigere immediatamente l’adempimento dell’obbligazione se non deve essere stabilito uno specifico termine; sì che non è possibile una sua rimodulazione o dilazione da parte del giudice penale, sia pure al limitato fine dell’operatività della sospensione condizionale della pena (in questo senso, cfr.: Sez. 1, n. 47649 del 18 aprile 2019, Pucci, Rv. 277458; Cass. Sez. 1, n. 17629 del 14 febbraio 2019, Luczak, cit.; Cass. Sez. 1, n. 17630 del 14 febbraio 2019, Nínou, cit.; Cass. Sez. Sez. 1, n. 47862 del 28 giugno 2017, Gentiluomo, Rv. 271418; Cass. Sez. 1, n. 5217 del 22 settembre 2000, Bertoncello, Rv. 217351).

Il termine di adempimento in questione, non fissato dalla sentenza di condanna, non può che coincidere con quello del passaggio in giudicato della sentenza medesima, dal momento che subordinare la concessione del beneficio previsto dall’art. 163 cod. pen. a un comportamento che l’imputato debba porre in essere prima della definitività della condanna equivarrebbe a conferire efficacia esecutiva immediata a un capo penale della sentenza di condanna prima della formazione del giudicato sul capo medesimo (in questo senso, oltre le sentenze da ultimo citate, cfr., fra le altre: Cass. Sez. 4, n. 44400 del 17 aprile 2019, Saltalamacchia, Rv. 277694; Cass. Sez. 4, n. 29924 del 26 marzo 2019, Wade, Rv. 276597; Cass. Sez. 6, n. 54647 del 25 ottobre 2018, L., Rv. 274646; Cass. Sez. 5, n. 35154 del 23 maggio 2018, Guarino, Rv.273600; Cass. Sez. 6, n. 11998 del 16 gennaio 2018, Rudoni, Rv. 272759; Cass. Sez. 5, n. 26811 del 10 febbraio 2016, S., Rv, 267887; Cass. Sez. 3, n. 19316 del 15 gennaio 2015, Cavalieri, Rv. 263512; Cass. Sez. 4, n. 29889 del 5 aprile 2013, De Florentis, Rv. 257074; Cass. Sez. 6, n. 42179 del 16 ottobre 2012, S., Rv. 254002; Cass. Sez. 6, n. 5914 del 31 gennaio 2012, Frinoi, Rv. 251789).

In conclusione, nel caso in cui la clausola apposta al beneficio previsto dall’art. 163 cod. pen. riguardi il pagamento di somma dì danaro liquidata a titolo di parziale risarcimento del danno da reato subito dalla persona offesa costituitasi parte civile e la sentenza non abbia indicato alcun termine specifico per l’adempimento la statuizione penale deve intendersi integrata, trattandosi di statuizione civile immediatamente eseguibile, nel senso che il termine di adempimento coincide con la data di irrevocabilità della sentenza.

L’ordinanza impugnata non ha compiuto corretta applicazione della norma di cui all’art. 165 cod. pen. per come sopra interpretata e va annullata con rinvio al Tribunale di Modena per nuovo esame della richiesta del pubblico ministero.

Nel giudizio di rinvio dovrà essere fatta applicazione dei seguente principio di diritto: “Qualora il giudice della cognizione non abbia stabilito il termine di adempimento dell’obbligo di pagamento di una somma di danaro, nel suo ammontare determinata, all’adempimento del quale abbia subordinato il concesso beneficio della sospensione condizionale della pena inflitta, tale termine coincide con quello della irrevocabilità della sentenza di condanna, conformemente a quanto previsto dall’art. 1183, primo comma, primo periodo, cod. civ.”.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Modena per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.