REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SETTIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VERGA Giovanna – Presidente
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIE Irene – Consigliere
Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
YANG ZHENGAN nato il 14/10/1973;
avverso la sentenza del 11/01/2018 della CORTE APPELLO di TORINO;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MARIA DANIELA BORSELLINO.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
La CORTE di APPELLO di TORINO, con sentenza in data 11/01/2018, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di ALESSANDRIA, in data 14/10/2014, nei confronti di YANG ZHENGAN in relazione al reato di cui all’art. 648 CP (più grave) ed altro.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità, poiché la grossolanità della contraffazione avrebbe dovuto portare all’assoluzione;
la destinazione della merce alla vendita non è stata provata;
le borse sono state bloccate alla Dogana sicché non sono entrate nel territorio nazionale;
la documentazione prodotta dalla difesa dimostrava la liceità dell’acquisto;
il valore contenuto della merce avrebbe consentito il riconoscimento dell’attenuante di cui al capoverso dell’art. 648 cod. pen.
Il ricorso è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerarsi non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
I motivi proposti tendono, inoltre, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento rilevando:
– che le 800 borse, all’evidenza destinate alla vendita, erano già state nazionalizzate e recavano un marchio Burberry contraffatto ma idoneo a confondere l’acquirente;
– che il loro valore pari a 750 dollari non consente di applicare la fattispecie attenuata della ricettazione;
– che l’imputato non ha fornito spiegazioni in merito all’acquisto delle detta merce così palesando la consapevolezza della contraffazione.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso il 11/02/2020.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020.