Invio dell’atto tramite posta elettronica certificata (c.d. PEC), la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna ad una determinata data e ora dell’allegato notificato, è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, sentenza 4 giugno 2018, n. 24937).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente –

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere –

Dott. COSTANTINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ARCANGELO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G.I., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 24/10/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TAMPIERI Luca, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 24 ottobre 2016 la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione emessa dal Tribunale della stessa città che aveva condannato G.I. alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione per il delitto di maltrattamenti nei confronti del coniuge B.M. a mente dell’art. 572 c.p., (in (OMISSIS)).

Con istanza presentata il 10 marzo 2017, G.I. richiedeva accertarsi la mancanza del titolo esecutivo ex art. 670 c.p.p., dovendo ritenersi nulla la citata sentenza emessa dalla Corte territoriale, ovvero che venisse restituito in termini ex art. 175 c.p.p., assumendosi che l’imputato non era venuto a conoscenza del decreto di fissazione del procedimento d’appello, perchè nessuna notifica era stata eseguita presso la sua residenza, nè alcuna notifica era stata effettuata a mente dell’art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore.

La Corte d’appello di Milano, con ordinanza in data 19 maggio 2017, notificata in data 1 giugno 2017 a mezzo PEC alla difesa dell’imputato, ha rimesso in termini l’odierno ricorrente al fine di impugnare la sentenza della Corte territoriale del 24 ottobre 2016 dinanzi a questa Corte, avendo valutato che il ricorrente non avesse avuto contezza della sentenza della Corte territoriale.

2. Il ricorrente, per mezzo del proprio difensore, impugna la sentenza di cui in epigrafe, deducendo i motivi di cui appresso.

2.1. Con il primo motivo deduce la nullità della notifica avvenuta a mezzo posta certificata dell’ordinanza in data 19 maggio 2017 ed asseritamente notificata presso il suo studio in data 1 giugno 2017 poichè la trasmissione aveva come allegati esclusivamente la prima e la terza pagina del provvedimento con cui era stato rimesso in termini per la proposizione del ricorso, essendo invece stata omessa la trasmissione della seconda pagina che conteneva la parte esplicativa del provvedimento.

Ritiene che tanto imponga la rinnovazione ed il perfezionamento di detta notifica.

2.2. Con il secondo motivo rileva la nullità ex art. 178 c.p.p., lett. c), e art. 185 c.p.p., della sentenza d’appello per omessa citazione dell’imputato che non aveva ricevuto la notifica della citazione in appello ex art. 601 c.p.p..

2.3. Con l’ultimo motivo deduce, anche sulla base della sporadicità degli episodi contestati in uno con l’inattendibilità della parte offesa che presentava seri problemi di natura psichiatrica, l’insussistenza del reato di maltrattamento contestato.

Motivi della decisione

1. Il secondo motivo di ricorso è fondato, imponendosi l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio.

2. Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del primo motivo con il quale si deduce la parziale ricezione del provvedimento con cui, ritenuta fondata l’istanza presentata in data 10 marzo 2017 e qualificata dalla Corte distrettuale come proposta ex artt. 670 e 175 c.p.p., è stato rimesso in termini al fine di proporre il presente ricorso per cassazione.

2.1. Deve in tal senso evidenziarsene la carenza di interesse poichè il risultato utile astrattamente conseguibile dalla dedotta violazione risulta essere proprio quello in concreto esercitato con l’impugnazione della sentenza della Corte d’appello di Milano. Nè in concreto, l’accertata tempestività del ricorso, pone problemi connessi all’eventuale scadenza dei termini ad impugnare.

2.2. In ogni caso si osserva che, secondo quanto da questa Corte in precedenti pronunce statuito, in ipotesi di invio dell’atto tramite posta elettronica certificata (c.d. PEC), la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna ad una determinata data e ora dell’allegato notificato, è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche (in tal senso circa la omessa visualizzazione degli allegati: Sez. 4, n. 2431 del 15/12/2016, dep. 2017, Dionigi, Rv. 268877), costituendo l’eventuale omesso invio del relativo atto allegato una mera irregolarità (Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268816).

3. Il secondo motivo circa la dedotta omessa notifica del decreto di citazione a giudizio a mente dell’art. 601 cod. proc. è fondato, in tal senso assorbendo il terzo motivo che attiene alla dedotta insussistenza del reato.

3.1. Avendo il ricorrente fatto valere un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro e altri, Rv. 220092).

3.2. Dagli atti si rileva che il ricorrente, dopo aver conferito incarico all’avvocato Gaafar, aveva dichiarato domicilio dapprima presso la cognata N.V., lì perfezionandosi la notifica della citazione a giudizio dinanzi al Tribunale e, in data 13 ottobre 2012, aveva dichiarato domicilio presso C.M.S..

Dopo la rinuncia al mandato da parte dell’avvocato Gaafar del 7 giugno 2013, il ricorrente aveva nominato il 16 luglio 2013, ai fini della proposizione dell’atto di appello, l’avv. Brunati, presso il cui studio, in data 6 luglio 2013, aveva eletto il domicilio.

Tra la nomina del legale rinunciante e quella dell’avvocato Brunati, nel giugno del 2013 era stato nominato il difensore d’ufficio avvocato Scialla.

La citazione all’udienza fissata per l’appello è stata notificata a mezzo posta elettronica, sia in proprio che a mente dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., il 9 aprile 2016 all’avvocato Gaafar, avvocato di fiducia rinunciatario nel 2013, rinuncia avvenuta ancora prima della nomina dell’avvocato Brunati, legale quest’ultimo cancellato nel frangente dall’albo per cessata attività e presso il quale era stato eletto domicilio il 6 luglio 2013.

3.3. Da quanto sopra ne consegue che la notifica della citazione dell’imputato ex art. 601 c.p.p., non conforme a quanto disposto dall’art. 161 c.p.p., comma 4, in quanto effettuata a legale ormai rinunciante (avv. Gaafar) e presso il quale non era mai stato eletto o dichiarato domicilio, determina la nullità degli atti successivi che hanno condotto alla conferma della condanna in appello ai sensi dell’art. 179 c.p.p., e art. 185 c.p.p., comma 3.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2018.