La Cedu non contempla alcun diritto al divorzio: lecito il rifiuto delle autorità interne.

Nel 2004 conobbe la madre di suo figlio e sua convivente more uxorio dal 2005 (pochi mesi prima della nascita del bimbo).

La legge polacca, però, consente di chiedere il divorzio solo in caso di rottura definitiva ed insanabile dei rapporti coniugali (economici, sessuali, convivenza) e, se non vi sono figli, solo da parte del coniuge cui non può essere addebitato.

In caso contrario questi potrà rifiutarlo e le autorità interne, salvo provare che si tratti di una ritorsione o che esso sia «contrario ai ragionevoli principi della convivenza», devono convalidare il rifiuto, come hanno fatto nella fattispecie, impedendogli, così, le nozze con la nuova compagna.

La CEDU rileva, come anche dai lavori preparatori della Cedu, non emerga alcun diritto al divorzio, perciò ha escluso nella fattispecie ogni deroga agli artt. 8 e/o 12 (diritto alle nozze) Cedu.

Lo Stato è libero d’introdurre o meno questo istituto nel proprio ordinamento, ma, qualora lo preveda, deve consentire le nuove nozze degli ex coniugi, anche se ciò può essere ostacolato dall’eccessiva durata dei procedimenti di divorzio.

Il rifiuto è lecito se volto ad impedire che un coniuge lasci l’altro per avere un figlio da un nuovo partner, tanto più che gli artt. 8 e 12 tutelano la famiglia (Johnston ed altri c. Irlanda del 18/12/86 e Jeunesse c. Olanda [GC] del 2014).

Nella fattispecie la legge è lecita e compatibile con la Cedu: anche senza le nuove nozze ha potuto avere e riconoscere il figlio, mantenere la nuova famiglia etc. e, se cambieranno le condizioni ostative, potrà avanzare una nuova proposta di divorzio.