La rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio è una facoltà discrezionale del giudice di merito (Corte di Cassazione, Sezione VI civile, ordinanza 11 dicembre 2017, n. 29620).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9435-2016 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1659/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, emessa il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta. nella camera di consiglio non partecipata del 25/10/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

Nel fatto, considerato in diritto

Premesso;

– La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza 30.12.2015 n. 1659, ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), confermando la decisione di prime cure che aveva ritenuto provata, mediante testi, l’aggressione fisica perpetrata dai predetti in danno di (OMISSIS) che, in conseguenza delle lesioni personali subite, aveva riportato postumi invalidanti quantificati all’esito delle espletate CC.TT.UU. medico legali nella misura del 6% ed in giorni 7 di inabilita’ temporanea assoluta e gg. 120 di inabilita’ temporanea parziale;

– Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) ed i (OMISSIS) deducendo due motivi.

– Resiste con controricorso e memoria illustrativa (OMISSIS).

Ritenuto in fatto

Il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’articolo 196 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e’ inammissibile.

Premesso che in primo grado il Tribunale aveva disposto il rinnovo della c.t.u. (dott. (OMISSIS)) che veniva quindi espletata dal CTU dott. (OMISSIS), e considerato che il secondo CTU perveniva alle medesime conclusioni raggiunte nel precedente elaborato peritale, la censura di violazione dell’articolo 196 c.p.c. mossa alla sentenza della Corte d’appello e’ manifestamente inammissibile, in quanto della norma processuale ha fatto applicazione esclusivamente il Giudice di primo grado, con la conseguenza che il sindacato di legittimita’ viene richiesto in relazione ad un parametro normativo inconferente.

Quanto al richiamo operato nella sentenza di appello alla consulenza tecnica del dott. (OMISSIS), e’ appena il caso di rilevare come:

1 – la rinnovazione della consulenza e’ facolta’ discrezionale attribuita al Giudice di merito (articolo 196 c.p.c., prima parte), ed eventuali vizi di nullita’ della ordinanza con la quale viene disposto il rinnovo, debbono essere fatti valere dalla parte interessata alla udienza immediatamente successiva (articolo 157 c.p.c., comma 2), ben potendo entrambe le consulenze, in relazione alle parti non incompatibili, essere utilizzate ai fini della formazione del convincimento del Giudice;

2 – la sostituzione “per gravi motivi” del CTU già nominato (articolo 196 c.p.c., seconda parte), richiede che il provvedimento del Giudice indichi le ragioni che hanno indotto alla sostituzione: tuttavia la mancata esplicitazione dei gravi motivi previsti dall’articolo 196 c.p.c. per disporre la sostituzione del consulente tecnico d’ufficio gia’ nominato, integra una nullità a rilevanza variabile, ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., comma 2, la quale, avendo natura relativa, deve essere fatta valere dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso; pertanto, in difetto di tempestiva eccezione, tale nullità non può essere denunciata, “secundum eventum litis”, come motivo di impugnazione della sentenza dovendo peraltro, considerarsi che il provvedimento con cui il giudice dispone la rinnovazione delle indagini non priva di efficacia l’attivita’ espletata dal consulente sostituito (Corte cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21149 del 17/09/2013).

In entrambi i casi rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla relazione gia’ depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice, e l’esercizio di tale potere, con ordinanza emanata su istanza di parte o su iniziativa officiosa e revocabile “ex” articolo 177 c.p.c., comma 2, non e’ sindaca bile in sede di legittimita’, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 27247 del 14/11/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 7622 del 30/03/2010).

Orbene l’assunto difensivo secondo cui il primo Giudice avrebbe disposto il rinnovo della consulenza tecnica, affidandola ad un medico specializzato in psichiatria, non soltanto perche’ dai convenuti (OMISSIS)- (OMISSIS) era stata contestata la inadeguatezza della specializzazione in malattie respiratorie del primo CTU, dovendo procedersi all’accertamento dei danni psichici lamentati da (OMISSIS), ma in quanto avrebbe integralmente condiviso i rilievi critici di merito formulati dai medesimi convenuti alle conclusioni cui era giunta la prima c.t.u. (argomento dal quale gli attuali ricorrenti intenderebbero desumere la contraddittorieta’ logica della motivazione della sentenza impugnata che, a quelle conclusioni di merito, aderisce), costituisce una mera anapodittica allegazione, priva di qualsiasi indispensabile riscontro, avendo peraltro omesso gli stessi ricorrenti di trascrivere il contenuto delle osservazioni critiche formulate dal CTP.

Inoltre la tesi della contraddittorieta’ della motivazione e’ smentita dalla chiara indicazione fornita dal Giudice di appello delle ragioni per le quali le consulenze potevano essere valutate congiuntamente, essendo pervenuti i consulenti alle medesime conclusioni in ordine ai postumi accertati e persino nella determinazione del grado di invalidita’ biologica.

Quanto alla censura formulata ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la stessa e’ del tutto inammissibile in quanto difetta dei requisiti prescritti dalla norma indicata – modificata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv. in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis – secondo la interpretazione che della stessa e’ stata fornita da questa Corte (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; id. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 22/09/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016): la omessa trascrizione delle osservazioni critiche mosse al primo ed al secondo elaborato tecnico, e le mere allegazioni – nella esposizione della censura – di insufficienza degli esami diagnostici, prima ancora che impingere nel merito, insindacabile da questa Corte, non assolvono ai requisiti di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, venendo del tutto omessa la individuazione del “fatto storico decisivo” che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare.

Il secondo motivo (omesso esame di un fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e’ inammissibile in quanto difetta degli stessi elementi strutturali richiesti dall’articolo 366 c.p.c., atteso che si risolve nella esposizione della mera conclusione logica, secondo la impostazione difensiva dei ricorrenti, rispetto alle premesse svolte nel precedente motivo, sostenendo i ricorrenti che la Corte d’appello, avendo aderito “illogicamente” alle conclusioni peritali, avrebbe omesso di considerare che il danno non esisteva, ed in ciò consisterebbe il “fatto decisivo” omesso: e’ appena il caso di rilevare il paralogismo argomentativo ove si confonde il “fatto storico” accertato ma trascurato nella considerazione probatoria del Giudice, con lo stesso risultato della “attività di selezione e valutazione delle risultanze probatorie”, venendo quindi a risolversi la censura nella mera prospettazione di una soluzione della controversia diversa da quella cui e’ pervenuta la Corte d’appello, richiedendosi a questa Corte una inammissibile rivalutazione del fatto.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le parti ricorrenti vanno condannate alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.