L’assicuratore paga il risarcimento del danno. La pena va diminuita (per appplicazione dell’attenuante per avere risarcito il danno) se l’imputato dichiara di far proprio tale pagamento.

(Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 aprile – 30 giugno 2015, n. 27165)

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 16 aprile 2013 la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza dei tribunale di Mantova che ha ritenuto P.M. responsabile dei reato di cui all’articolo 589 co.2 codice penale in relazione all’incidente stradale avvenuto il 18/6/2003 a seguito del quale, in data 31/7/2003, decedeva S.C..

La Corte riconosceva il concorso di colpa di S.C. che, con il proprio trattore, ebbe ad iniziare manovra di svolta a sinistra in un momento non prudenziale allorché alle spalle sopraggiungeva, a velocità elevata e accingendosi al sorpasso, il semirimorchio guidato dal P., il quale tamponava violentemente il trattore facendolo ribaltare in mezzo alla carreggiata; lo S., a seguito dell’urto, veniva ricoverato in ospedale con diagnosi di politrauma; dimesso e rientrato al proprio domicilio, il giorno successivo veniva nuovamente ricoverato; sottoposto ad intervento chirurgico di evacuazione dell’ematoma e ricoverato in ospedale, ivi decedeva il 31 luglio.

Ridotta la pena inflitta, la corte respingeva la richiesta di sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria della specie corrispondente, come richiesto dall’imputato, in considerazione dell’intensità della colpa e di un precedente penale dell’imputato; riteneva altresì non concedibile l’attenuante dei risarcimento dei danno in quanto effettuato da parte dell’assicurazione, circostanza che secondo parte della giurisprudenza varrebbe ad escludere la positiva connotazione della personalità dell’imputato.

2.Ha presentato ricorso per cassazione la difesa dell’imputato.

Con il primo motivo eccepisce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 606 lettere c) cod.proc.pen. in relazione agli articoli 360 e 178 lettera c) cpp.

Lamenta che non è stato dato avviso all’imputato e al suo difensore della data fissata per l’espletamento della consulenza tecnica irripetibile consistente nell’ accertamento autoptico sulla persona offesa, nonostante fossero già note le generalità dell’autore dell’investimento e sussistessero gravi elementi di responsabilità nei suoi confronti, così mortificando il diritto a partecipare all’accertamento qualificato ed irripetibile nel corso dei quale avrebbe ben potuto formulare riserva di incidente probatorio.

Eccepisce che tanto la sentenza di primo grado quanto quella di secondo grado, nel ritenere infondata l’eccezione, appaiono lesive del diritto di difesa.

Non coerente con il sistema di diritto penale sarebbe la motivazione dei giudice di secondo grado che ha ritenuto utilizzabile la prova dichiarativa dei consulente e non quella documentale, in relazione alla circostanze che la difesa dei P. aveva potuto contro interrogare il teste. Incongruo anche l’assunto secondo cui detto avviso non andava notificato ai P. in quanto non raggiunto da elementi oggettivi e soggettivi che ne indicassero una responsabilità nella verificazione dei sinistro, in quanto era ben nota la dinamica dell’incidente e il nome dell’investitore; la nullità era stata regolarmente eccepita e riproposta dal difensore nei motivi di gravame.

Con un secondo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell’articolo 606 lett. b) in relazione all’articolo 62 n.6 codice penale. II difensore si duole dell’omessa concessione dell’attenuante dei risarcimento dei danno per essere avvenuto il risarcimento ad opera della compagnia di assicurazione, ritenuto non significativo di resipiscenza dell’imputato e rileva che tale argomento non è aderente ali’ orientamento espresso in epoca non recente dalla Corte costituzionale (sentenza n. 138 dei 1998); fa presente che sussiste in atti la prova dell’avvenuta integrale risarcimento dei danni prima delle formalità di apertura dei dibattimento.

Con un terzo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell’articolo 606 lettere b) ed e) in relazione agli articoli 53 e 58 della legge n.689/81 e 133 codice penale per la mancata sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo ricorso è infondato.

Qualora il P.M. abbia proceduto ad accertamento tecnico irripetibile ex art. 360 c.p.p., senza dare avviso alla persona sottoposta alle indagini, sussiste un’ipotesi di nullità di cui all’art. 178 c.p.p., lett. c) da qualificarsi generale a regime intermedio, e che pertanto va dedotta non oltre la conclusione del giudizio di primo grado (sez. III n. 46715 del 11/10/2012 Rv. 253992).Già sotto questo profilo la censura è infondata atteso che, a quanto risulta, l’eccezione è stata proposta per la prima volta con l’appello.

Sussiste inoltre un ulteriore motivo per il quale l’eccezione non può essere accolta.

Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che la inutilizzabilità degli accertamenti tecnici disposti dal pubblico ministero è sancita per il solo caso della violazione dell’art. 360 c.p.p., comma 4 relativo alla espressa riserva dell’indagato di richiedere l’incidente probatorio e all’assenza dei presupposto della indifferibilità.

Negli altri casi la relazione del consulente è legittimamente inserita nel fascicolo come atto irripetibile ex art. 431 c.p.p., ed è onere della parte eccepire che non si tratta di un atto di tale natura, formulando la relativa eccezione nel termine di cui all’art. 491 c.p.p.; in mancanza, resta fermo l’inserimento nel fascicolo e l’atto è valutabile ed utilizzabile ex artt. 511 e 526 c.p.p.. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 5863 del 12.4.2000 dep. 19.5.2000 rv 216474,cfr. 14859/2003, 14912/2004).

2. Anche il terzo motivo è infondato.

Come si è detto, la corte di appello ha respinto la richiesta di sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria della specie corrispondente, ritenendo che non ne non sussistessero i presupposti legittimanti il potere discrezionale del giudice in considerazione dell’intensità della colpa e di un precedente penale dell’imputato.

E’ stata dunque fornita una motivazione giuridicamente corretta e non illogica della decisione adottata, con ciò escludendosi la sindacabilità dello stesso in sede di legittimità (di recente, sez. 2 n.13929 del 20/02/2015 Rv. 263300).

3. E’ invece fondato il secondo motivo.

Giova al riguardo ricordare che è ormai costante la giurisprudenza di questa Corte che, richiamandosi alla sentenza della Corte costituzionale n. 138 dei 1998 e a quella delle Sezioni Unite della Cassazione n. 5941/2009, afferma che il risarcimento, anche quello eseguito dalla società assicurativa, deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato tutte le volte in cui questi ne abbia coscienza e mostri la volontà di farlo proprio (da ultimo, sez.4 n.23663 del 24/01/2013 Rv. 256194).

In tema, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 138/1998 – c.d. manipolativa di rigetto – ha accolto la tesi dei carattere oggettivo della circostanza in questione, per argomentare la riferibilità all’assicurato contro la responsabilità civile verso terzi derivante dalla circolazione dei veicoli del risarcimento operato dall’ente assicuratore. In particolare, la Corte Costituzionale ha osservato che l’interpretazione dell’attenuante in chiave meramente soggettiva, che ravvisasse in essa una finalità rieducativa, contrasterebbe con l’art. 3 Cost., giacché da tale assunto seguirebbe un’arbitraria svalutazione dell’istituto dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile ex L. n. 1990 del 1969, istituto che svolge nel nostro ordinamento una insostituibile funzione riequilibratrice, in attuazione di quanto previsto appunto dall’art. 3 Cost.. Le S.U. della Corte di Cassazione – sent. 22-1-2009 n. 5941/2009 -, pur mettendo in rilievo la ricorrenza comunque di un profilo “volontaristico” nell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 2 nel senso che l’intervento risarcitorio deve essere riferibile all’imputato, hanno concordato con la Corte Costituzionale nel ravvisare la volontà di riparazione anche nell’avere stipulato un’assicurazione o nell’avere rispettato gli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivanti dall’attività pericolosa.

Ne discende che il risarcimento, anche quello eseguito dalla società assicurativa, deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato tutte le volte in cui questi ne abbia coscienza e mostri la volontà di farlo proprio.

4. La sentenza impugnata deve dunque essere annullata per effettuare la detta valutazione, oltre che, ovviamente, controllare che il risarcimento sia stato tempestivo ed integrale.

Nel resto il ricorso deve essere rigettato con conseguente irrevocabilità dei capo della sentenza relativo alla affermazione di responsabilità, peraltro neppure impugnato.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Brescia.