Paga lo Stato i compensi dell’amministratore giudiziario se salta la confisca (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 15 aprile 2024, n. 15415).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

Composta da:

Dott. SALVATORE DOVERE – Presidente –

Dott. GABRIELLA CAPPELLO – Consigliere –

Dott. LOREDANA MICCICHÉ – Consigliere –

Dott. ATTILIO MARI – Relatore –

Dott. DANIELA DAWAN – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SOCIETÁ AGRICOLA (omissis) S.R.L.

avverso l’ordinanza del 19/12/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ATTILIO MARI;

lette le conclusioni del PG, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il GIP presso il Tribunale di Milano ha approvato – in riferimento all’art. 43, comma 5, del d.lgs. 6 settembre 2011, n.159 – il rendiconto di gestione depositato dall’amministratore giudiziario delle (omissis) s.r.l. il 1°/06/2023, contestualmente rigettando l’opposizione presentata il 17/10/2023 dai difensori della società.

II GIP, in punto di fatto, ha premesso che, in data 28/02/2023, il Tribunale del riesame aveva disposto la restituzione del compendia aziendale della (omissis) s.r.l. e che il relativo sequestro era quindi cessato; che, in data 1°/06/2023, l’amministratore giudiziario aveva depositato il rendiconto della gestione, approvato dal giudice procedente con provvedimento del 22/09/2023; che, con atto del 17/10/2023, il difensore della predetta società aveva proposto ricorso per cassazione e che, con provvedimento del 19/10/2023, questa Corte aveva disposto la trasmissione degli atti al GIP affinché procedesse ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod.proc.pen ..

II Giudice ha quindi integralmente richiamato le ragioni espresse nel provvedimento di approvazione del rendiconto, esponendo che la rappresentazione completa e analitica delle modalità e dei risultati della gestione non concerneva lo scrutinio di ogni singola operazione di ordinaria amministrazione, desumibile dalle scritture contabili tenute dall’amministratore giudiziario; ha evidenziato che la documentazione relativa al periodo compreso tra il 20/08/2020 e il 16/02/2021 era stata depositata nel fascicolo dopo il primo provvedimento di dissequestro, mentre quella del periodo compreso tra ii 2022 e il 2023 era stata riconsegnata il 31/03/2023 e che, in relazione al periodo di controllo giudiziario, l’amministratore non era obbligato a tenere una contabilità separata avendo solo un potere di supervisione sugli amministratori della società; in ordine al terzo motivo di opposizione, ha rilevato che lo stesso confondeva i risultati di merito della gestione con la correttezza dei risultati come rappresentati nel rendiconto; ha rilevato come cogliessero parzialmente nel segno – ma non mutassero l’esito finale di approvazione del rendiconto – le contestazioni contenute nel quarto motive e che comunque il fraintendimento relativo alle date non toglieva che i provvedimenti autorizzativi emessi il 17 e il 28/02/2021 riguardassero lo stretto contesto del controllo giudiziario allora in essere, non ponendo alcuna criticità rispetto alla cessazione del sequestro; ha altresì ritenuto infondato il quinto motivo, relativo al diritto al recupero nei confronti del terzo cui il bene venga restituito delle spese anticipate dallo Stato in ipotesi di incapienza della procedura e non applicabile al caso, come quello di specie, di capienza della stessa.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Società Agricola (omissis) s.p.a., tramite il proprio difensore, articolando cinque motivi di impugnazione.

Con il primo motivo ha dedotto – in riferimento all’art. 606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. – la violazione dell’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 6 della CEDU in relazione alla documentazione afferente al fascicolo dell’amministrazione giudiziaria mancante e al conseguente obbligo di integrazione gravante sull’amministratore.

Ha dedotto che, nel rimandare agli argomenti esposti con l’ordinanza del 22/09/2023, il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che l’incompletezza del fascicolo dell’amministrazione giudiziaria non precludeva la valutazione di regolarità del rendiconto, atteso che le istanze mancanti avrebbero riguardato unicamente atti di ordinaria amministrazione; ha invece dedotto che, ai sensi dell’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, il giudice avrebbe dovuto ordinare all’amministratore di effettuare le opportune integrazioni e modifiche, adempimento in assenza del quale si sarebbe perfezionata una violazione del diritto di difesa del soggetto beneficiario della restituzione dei beni in sequestro.

Con il secondo motivo, ha dedotto – in riferimento all’art. 606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. – la violazione dell’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 6 della CEDU in relazione alla erronea applicazione di legge afferente all’omessa attività di rendicontazione da parte dell’amministratore giudiziario per periodi relativi a precedenti misure disposte e revocate nel medesimo procedimento.

Ha dedotto che – in relazione al periodo durante ii quale era state disposto un primo sequestro (10/08/2020 – 16/02/2021) e poi il controllo giudiziario (16/02/2021-31/07/2021) – il giudice procedente aveva argomentato che l’esame di tale documentazione non potesse ritenersi oggetto del rendiconto; statuizione che avrebbe finito per tradursi nel principio in base al quale, ove nell’ambito del procedimento fossero state disposte più misure, per i relativi periodi di vigenza non vi sarebbe alcuna attività di rendicontazione da espletare, vertendo la stessa sull’ultima misura reale disposta.

Con il terzo motivo ha dedotto – in riferimento all’art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione dell’art. 43, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 6 della CEDU in relazione alle irregolarità denunciate al rendiconto, anche in ordine ai risultati della gestione.

Ha dedotto che la statuizione adottata dal giudice procedente sul punto doveva ritenersi in contrasto con il citato art. 43, comma 2, d.lgs. n.159/2011, il quale prevede che tra i contenuti che devono caratterizzare il rendiconto di gestione vi siano anche i relativi risultati, anche prescindendo dal giudizio sul merito delle operazioni gestorie e su eventuali profili di responsabilità dell’amministratore giudiziario; ha dedotto che – in sede di memoria depositata il 04/07/2023 – erano state sollevate specifiche argomentazioni in ordine alla correttezza di puntuali voci contabili sotto ii punto di vista della loro rappresentazione nel rendiconto.

Con il quarto motivo ha dedotto la violazione dell’art. 125, comma 3, cod.proc.pen. – in relazione all’art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – in riferimento alle date delle operazioni contestate e ai poteri dell’amministratore giudiziario.

Ha dedotto che la contestazione mossa al rendiconto di gestione riguardava l’assenza di legittimazione dell’amministratore giudiziario a compiere qualsivoglia atto dispositivo una volta intervenuta la revoca del sequestro, avendo l’amministratore medesimo compiuto atti dispositivi non rientranti nelle funzioni ad esso spettanti in ragione della diversa misura del controllo giudiziario.

Con il quinto motivo ha dedotto la violazione dell’art. 42, comma 3, d.lgs. n.159/2011 – in relazione all’art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – in riferimento alla mancata previsione del rimborso delle spese della procedura nel caso di revoca del sequestro.

Ha dedotto che il Tribunale sarebbe incorso in violazione di legge in ordine all’istanza avanzata dalla società, avente a oggetto l’identificazione delle spese e dei prelievi effettuati dall’amministratore per il pagamento delle spese dell’ufficio, quali uscite che – in caso di revoca del sequestro – dovevano restare a carico dello Stato con diritto al recupero, il tutto in contraddizione con il disposto dell’art. 42, comma 3, ultima parte, d.lgs. n.159/2011; ha quindi dedotto che in ordine alle spese afferenti – nella specie – agli incarichi professionali conferiti dall’amministratore doveva ritenersi sussistente il diritto al recupero; ritenendo che il giudice procedente non avesse comunque effettuato una puntuale valutazione in ordine alla contenuto e alla natura degli incarichi conferiti dall’amministratore giudiziario e relativi ad attività funzionale esclusivamente alle esigenze dell’ufficio e non della società sottoposta a sequestro.

3. II Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso é fondato in ordine al primo, al secondo, al terzo e al quinto motivo.

2. Con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente ha censurato la parte del provvedimento impugnato nel quale il giudice procedente ha ritenuto infondato il motivo di opposizione inerente alla dedotta incompletezza della documentazione depositata dall’amministratore; sulla base dell’argomentazione in base alla quale l’incompletezza medesima avrebbe riguardato atti di ordinaria amministrazione, quindi non soggetti ad autorizzazione da parte del giudice delegato; in tale modo richiamando integralmente il contenuto del provvedimento emesso il 22/09/2023, nel quale era stato rilevato che l’incompletezza avrebbe riguardato “in gran parte” atti di ordinaria amministrazione e rilevando che alcune delle autorizzazioni evocate dalla difesa, ovvero quelle contrassegnate dai nn. 3, 4, 5, 6, 11 e 29, sarebbero state reperite nel sistema TIAP.

II motivo è fondato.

Va dunque premesso che l’art.104bis, comma 1-bis, disp.att., cod.proc.pen., richiama integralmente – in riferimento alle modalità di gestione dei beni sottoposti a sequestro e confisca – le disposizioni contenute nel libro I, titolo III, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e successive modificazioni; disposizioni nell’ambito delle quali, ai sensi dell’art.41, comma 2, d.lgs. n.159/2011, è previsto che l’amministratore giudiziario possa provvedere agli atti di ordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice delegato (autorizzazione invece prevista come necessaria per gli atti di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 40, comma 3).

Va quindi rilevato che lo stesso provvedimento impugnato da espressamente atto, sia pure senza indicazioni ulteriori, che la constatata incompletezza del fascicolo dell’amministrazione giudiziaria concerneva solo “in gran parte” atti di ordinaria amministrazione; dando pure espressamente atto che solo una parte delle autorizzazioni richieste – da riferire evidentemente ad atti di straordinaria amministrazione, unici in relazione ai quali si rendeva necessario il relative adempimento – era stata rinvenuta nel sistema TIAP.

Ne consegue che lo stesso provvedimento del giudice procedente ha quindi implicitamente dato atto dell’incompletezza della documentazione depositata dall’amministratore giudiziario in relazione ad alcuni atti di straordinaria amministrazione e della susseguente impossibilita – da parte del soggetto cui i beni sequestrati sono stati restituiti – di interloquire compiutamente sul complesso della già intervenuta gestione.

Conseguendone che, constatata tale incompletezza e in accoglimento delle osservazioni avanzate nella memoria difensiva del 04/07/2023, il giudice procedente avrebbe dovuto – in relazione all’art. 43, comma 2, d.lgs. n.159/2011- invitare l’amministratore giudiziario ad effettuare, entro il termine indicato, le opportune integrazioni o modifiche.

3. Con il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente ha dedotto che il giudice avrebbe immotivatamente omesso di invitare l’amministratore giudiziario a consegnare anche la documentazione relativa ai precedenti periodi di sequestro e di controllo giudiziario (disposto ai sensi dell’art. 34-bis del d.lgs. n. 159/2011), ritenendoli estranei al rendiconto in oggetto.

II motivo è fondato.

Sul punto,  sulla  base  della  lettera  dell’art. 43,  comma  1,  d.lgs. n.159/2011, è previsto che «All’esito della procedura, e comunque dopo i provvedimenti di confisca di primo e di secondo grado, entro sessanta giorni dal deposito di ciascuno dei medesimi provvedimenti, l’amministratore giudiziario presenta al giudice delegato il conto della gestione».

Deve quindi ritenersi carente sul punto la motivazione del Tribunale, che si è limitato a dare atto del dato inerente alla consegna – avvenuta da parte dell’amministratore giudiziario e nei confronti della società – della contabilità aziendale, senza in alcun modo argomentare sulla censura difensiva inerente all’obbligo di rendicontazione per tutto il periodo di precedente sottoposizione a misura cautelare reale.

4. Con il terzo motivo di impugnazione, la ricorrente ha censurato la motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Milano nella parte in cui ha ritenuto che le censure inerenti alla gestione operata dall’amministratore fossero attinenti al merito dei risultati della gestione medesima anziché alla correttezza degli elementi ivi rappresentati.

Il motivo è fondato.

Va quindi premesso che l’art. 43, comma 4, del d.lgs. n.159/2011 prevede che il giudice approva il rendiconto «se non sorgono o non permangono contestazioni, che debbono a pena di inammissibilità essere specifiche e riferite a singole voci contabili e non possono in ogni caso avere ad oggetto i criteri e i risultati di gestione», il tutto in relazione a quanto stabilito dal precedente comma 2, in forza del quale «II conto della gestione espone in modo completo e analitico le modalità e i risultati della gestione e contiene, tra l’altro, l’indicazione delle somme pagate e riscosse, la descrizione analitica dei cespiti e il saldo finale».

Dal tenore testuale della suddetta disposizione ne consegue, quindi, che non è contestabile l’operato dell’amministrazione giudiziario in ordine al complesso dei criteri seguiti per la gestione del compendia aziendale ma che – di contro – sono invece contestabili specificamente sotto il profilo della loro correttezza cantabile le singole voci inserite nel rendiconto; tanto in coerenza con il principio in base al quale il giudizio sul rendiconto della gestione non ha ad oggetto la responsabilità dell’amministratore giudiziario, bensì assolve a funzione di verifica, anche sulla base delle contestazioni delle parti, delle voci inserite nel conto, indicanti gli importi pagati e riscossi, la descrizione dei cespiti e il saldo (Sez. 1, n. 19669 del 12/02/2021, Santangelo, Rv. 281364); da cui deriva che il giudizio sul rendiconto in alternativa all’immediata approvazione, deve pervenire all’individuazione delle eventuali irregolarità, con invito rivolto all’amministratore di provvedere a sanarle (Sez. 6, n. 29907 del 14/05/2019, Cappellano Seminara, Rv. 276464; in termini conformi sez. 6, n. 2976 del 24/10/2020, dep. 2021, Rete Gas impianti, n.m.; Sez. 1, n. 6340 del 4/11/2020, dep. 2021, Sanicola, RV. 280525; Sez. 6, n. 51710 del 4/7/2017, La Camera, Rv. 271489).

Nel caso di specie, va quindi rilevato che l’odierna ricorrente – in sede di memoria difensiva depositata il 04/07/2023 – aveva spiegato specifiche contestazioni, con particolare riguardo alla dedotta incongruità ovvero insussistenza di alcune voci in uscita nonché all’inesistenza di poste contabili indicate nel rendiconto, in alcun modo qualificabili – alla luce dei predetti principi – come inerenti lo stretto merito dei criteri e dei risultati di gestione; con la conseguenza che, in ordine alle osservazioni medesime, sussisteva in capo al giudice – previa eventuale richiesta di integrazione documentale rivolta nei confronti dell’amministratore giudiziario – un onere di specifica motivazione che è invece del tutto stato eluso nel caso di specie.

5. Con il quarto motivo di impugnazione, la ricorrente ha contestato il passaggio della motivazione nel quale il Tribunale – nel rigettare la contestazione contenuta nella memoria difensiva del 04/07/2023 e nel correggere le argomentazioni contenute nell’ordinanza del 22/09/2023 – ha affermato che le operazioni compiute tra il 17 e il 28/02/2021 erano state comunque regolarmente autorizzate e che la relativa contestazione riguardava conseguentemente lo stretto merito della ·gestione.

II motivo è infondato.

Sul punto, in sede di ordinanza depositata ii 22/09/2023 aveva espressamente data atto – con argomentazione con la quale il motivo di ricorso ha omesso di confrontarsi – che le operazioni eseguite nel predetto lasso temporale non potevano ritenersi compiute in assenza di legittimazione, atteso che la revoca del provvedimento di sequestro non risultava essere stata comunicata all’amministratore medesimo prima della data del 09/03/2023.

6. Con il quinto motivo, la ricorrente ha contestato la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui aveva omesso di identificare l’entità delle somme prelevate dall’amministratore giudiziario per il funzionamento del proprio ufficio, quali spese da porre a carico dell’erario.

II motive è fondato.

Va quindi rilevato che, nell’ambito dell’art. 42 del d.lgs. n.159/2011, viene stabilito che le «Le spese necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni sono sostenute dall’amministratore giudiziario mediante prelevamento dalle somme riscosse a qualunque titolo ovvero sequestrate, confiscate o comunque nella disponibilità del procedimento» e che «Se dalla gestione dei beni sequestrati o confiscati non è ricavabile denaro sufficiente per il pagamento delle spese di cui al comma 1, le stesse sono anticipate dallo Stato, con diritto al recupero nei confronti del titolare del bene in caso di revoca del sequestro o della confisca»; mentre, in riferimento specifico al compenso dovuto nei confronti dell’amministratore giudiziario, il comma 3 prevede che «Nel caso sia disposta la confisca dei beni, le somme per il pagamento dei compensi spettanti all’amministratore giudiziario, per il rimborso delle spese sostenute per i coadiutori e quelle di cui all’articolo 35, comma 9, sono inserite nel conto della gestione; qualora la confisca non venga disposta, ovvero le disponibilità del predetto conto non siano sufficienti per provvedere al pagamento delle anzidette spese, le somme occorrenti sono anticipate, in tutto o in parte, dallo Stato, senza diritto al recupero. Se il sequestro o la confisca sono revocati, le somme suddette sono poste a carico dello Stato».

Va quindi rilevato che il giudice procedente ha negato il diritto alla ripetizione nei confronti dello Stato relativamente alle spese attinenti al funzionamento dell’ufficio dell’amministratore giudiziario, sulla base di una sovrapposizione di due situazioni di fatto – in realtà – tenute ben distinte dalle disposizioni richiamate.

In particolare,  i commi  1 e 2 dell’art. 42  del d.lgs.  n.159/2011, stabiliscono che – specificamente per le spese relative all’amministrazione dei beni soggetti alla misura reale – le stesse vengano finanziate con l’attività dell’ente e, qualora non sufficienti, anticipate dallo Stato con successive diritto al recupero nei confronti dell’ente medesimo.

Mentre, in riferimento alle spese di funzionamento dell’ufficio di amministrazione giudiziaria, il comma 3 prevede che le relative spese siano inserite nel conto della gestione e anticipate dallo Stato in caso di carenza di fondi, ma che – nell’ipotesi in cui sussista la capienza e le somme siano state prelevate nei confronti dell’ente – si perfeziona il diritto di recupero nei confronti dell’erario nell’ipotesi in cui la misura reale (sequestro o confisca) venga revocata.

Esiste quindi una differenziazione normativa tra il regime delle spese di gestione del compendio aziendale – per le quali sussiste comunque un diritto al recupero nei confronti dell’ente anche in caso di anticipi da parte dello Stato – e quelle invece specificamente relative al funzionamento del munus di amministratore giudiziario e che – nella particolare ipotesi della revoca della misura reale – rimangono in ogni caso a carico dell’erario con conseguente diritto al recupero da parte dell’ente.

Sul punto, in parte motiva, Sez. 5, n. 24663 del 06/04/2018, Sapienza, Rv. 273472 ha difatti rilevato come nessun dubbio sussista sulla attribuzione all’Erario del compenso dell’amministrazione giudiziario in caso di revoca della misura di prevenzione patrimoniale, trattandosi della remunerazione delle competenze dovute per la custodia dell’organo dell’amministrazione giudiziaria che, sotto la vigilanza del giudice delegate, svolge funzioni, sostanzialmente di curatela, del bene vincolato.

Ne consegue che il giudice procedente ha fondato la propria valutazione, relativa alla mancanza del diritto al recupero nei confronti dello Stato delle spese di funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, su un presupposto – ovvero la capienza della procedura instaurata nel caso di specie – da ritenersi erroneo alla luce del richiamato quadro normativo.

Per l’effetto, il giudice avrebbe dovuto analiticamente valutare quali spese sostenute dall’amministratore giudiziario dovevano considerarsi pertinenti al funzionamento dell’ufficio medesimo e dei propri ausiliari, in modo da dichiarare successivamente che le stesse dovevano intendersi gravanti sull’erario anziché sulla società già sottoposta alla misura reale.

7. In ragione delle riscontrate omissioni o carenze motivazionali, l’ordinanza impugnata va quindi annullata con rinvio degli atti al Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Milano.

Così deciso il 7 marzo 2024.

Il Consigliere estensore                                                                              Il Presidente

Attilio Mari                                                                                                Salvatore Dovere

Depositato in Cancelleria, oggi 15 aprile 2024.

Il Funzionario Giudiziario

Dott.ssa Irene Caliendo

SENTENZA