(Corte di Cassazione civile, sentenza del 9 aprile 2015, n. 7084)
Anche in tema di reato di lesioni personali colpose da circolazione stradale va data continuità al principio secondo cui qualora l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, all’azione risarcitoria si applica l’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato (art. 2947 c.c., comma 3, prima parte) purché il giudice, in sede civile, accerti incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi.
Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 9.4.2015, n. 7084
…omissis…
Motivi della decisione
1. Secondo la Corte di merito, non si applica l’art. 2947 c.c., comma 3, il quale, per le ipotesi di azioni civili di danni derivanti da reato, prevede il termine di prescrizione più lungo stabilito per la prescrizione del reato.
Infatti, sempre secondo il giudice di merito, per il reato ipotizzabile di lesioni colpose perseguibile a querela la giurisprudenza di legittimità prevede che la prescrizione biennale decorra dalla scadenza del termine utile per la presentazione della querela, mentre nella specie non risulta presentata alcuna querela.
E’ applicabile, invece, l’art. 2947 c.c., comma 2, e la conseguente prescrizione biennale.
Atteso che il sinistro si verificò in data 25 ottobre 1991, che l’ultimo atto interattivo dellaprescrizione (diffida ad adempiere alla SAI), venne ricevuto il 2 novembre 1993, che l’azione giudiziale fu promossa con atto del “4 giugno 2001”, la Corte di merito ha ritenuto ampiamente decorso il previsto periodo biennale.
“Per completezza”, la Corte di merito ha aggiunto che nessun rilievo ai fini dell’interruzione della prescrizione hanno “gli avvisi di ricevimento” di atti pervenuti alla Y e alla SAI, rispettivamente l’8 e il 9 maggio 1996, non risultando dimostrato che si riferissero ad atti idonei a interrompere la prescrizione. E, comunque, pur considerando l’ultima delle suddette notifiche, il tempo tra questa e l’inizio dell’azione civile è superiore ai cinque anni e, quindi, più lungo del periodo previsto dall’art. 2947 applicabile.
2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2947 cod. civ., sostenendo che la Corte di merito avrebbe dovuto applicare il comma 3 e, una volta individuato il fatto illecito come integrante il reato di lesioni colpose, indipendentemente dalla mancata presentazione della querela, avrebbe dovuto applicare ai fini civili il più lungo termine diprescrizione previsto per il reato.
Nella memoria, depositata in prossimità dell’udienza, si richiama la decisione delle Sezioni Unite del 2008, successiva alla sentenza, in ordine alla applicabilità dell’art. 2947 cod. civ., comma 3 indipendentemente dalla presentazione della querela. Inoltre, si evidenza, richiamando l’atto di citazione in atti, che lo stesso fu notificato il 4 giugno 1998 e non, come sostenuto dall’assicurazione, il 4 giugno 2001, con conseguente mancata decorrenza della prescrizione quinquennale.
Il motivo di ricorso è fondato e va accolto.
2.1. A partire dalla decisione delle Sez. Un. n. 27337 del 2008, è principio consolidato nella giurisprudenza della Corte, cui si intende dare continuità, quello secondo cui “Qualora l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, all’azione risarcitoria si applica l’eventuale più lungaprescrizione prevista per il reato (art. 2947 c.c., comma 3, prima parte) purchè il giudice, in sede civile, accerti incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto- reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi.
Detto termine decorre dalla data del fatto, da intendersi riferito al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato”.
2.2. Nella specie, è pacifico che si tratti del reato di lesioni personali colpose da circolazione stradale. Per esse, siano esse gravi o gravissime, il termine di prescrizione è di cinque anni (art. 590 c.p., comma 3, in riferimento all’art. 157 c.p., comma 1, n. 4). I termine decorre dal sinistro, avvenuto il 25 ottobre 1991, e a tale momento si fa riferimento per l’individuazione della durata della prescrizione per il reato prevista dalla legge (Cass. n. 13407 del 2012).
Non è controverso tra le parti che vi sia stato un atto interruttivo, consistente nell’atto di diffida ad adempiere e di messa in mora, ricevuto dalla SAI in data 2 novembre 1993. Come ultimo atto interruttivo utile è considerato nella sentenza impugnata ed è riconosciuto come tale dalla assicurazione nel controricorso.
Quanto alla data dell’atto di citazione, è corretto – secondo quanto risulta dall’originale dell’atto di citazione depositato ne fascicolo di parte e richiamato in memoria – che dello stesso fu chiesta la notifica il 30 maggio 1998 e fu ricevuto dall’assicurazione e dalla conducente il 4 giugno del 1998.
Invero, tutte le parti e la Corte di merito erano incorse in errore nell’individuazione della data dell’atto di citazione. Sia nella sentenza della Corte di appello, sia nel ricorso, che nel controricorso, evidentemente per mero lapsus calami, è stato scritto 2001 anzichè 1998 e, quindi, 4 giugno 2001. Peraltro, ai fini che interessano, non può qualificarsi tale errore in sentenza come errore revocatorio atteso che la data dell’atto di citazione diveniva irrilevante una volta assunto che la prescrizione era biennale per mancanza di querela.
In conclusione, il diritto non risulta prescritto non essendo trascorsi cinque anni dalla data del pacifico atto interruttivo (2 novembre 1993) all’atto di citazione (consegnato all’ufficiale giudiziario il 30 maggio 1998 e ricevuto a mezzo posta il 4 giugno 1998). Deve darsi atto che non rileva nella specie la questione rimessa alle Sezioni Unite con ord. n. 1392 del 2015, relativa ai limiti di estensione del principio di scissione degli effetti della notificazione di atti processuali con effetti sostanziali, ricadendo entrambe le date attinenti alla notifica entro il termine quinquennale.
3. Dall’accoglimento del primo motivo, consegue l’assorbimento dei motivi secondo e terzo, strettamente collegati, con i quali si lamenta il mancato rilievo ai fini della prescrizione delle trattative (secondo) e l’omessa motivazione, come omessa decisione, in ordine alla prova per testi con la quale l’appellante intendeva dimostrare l’interruzione della prescrizione,mediante le trattative svolte dai legali (anche durante il giudizio di appello).
Cosi come risulta assorbita la questione di costituzionalità, appena accennata nell’ultima pagina del ricorso, riferita all’art. 2947 cod. civ. come interpretato prima della decisione delle Sez. Un. del 2008 di cui si è discorso.
4. In conclusione, accolto il primo motivo di ricorso, dichiarati assorbiti i restanti, la sentenza è cassata e la causa rimessa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, per l’esame del merito della controversia e la liquidazione delle spese processuali anche del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.
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