Omicidio stradale, le conseguenze del mancato accertamento della velocità (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 16 marzo 2020, n. 10152).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente –

Dott. TORNESI Daniela Rita – Consigliere –

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SORRENTINO FRANCESCO nato a MIRABELLA ECLANO il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 04/06/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe PAVICH;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Simone PERELLI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore di Sorrentino Francesco, avv. Alois Annarita del foro di Avellino che deposita nomina a difensore di fiducia e chiede l’accoglimento del ricorso.

L’avv. Aloi Annarita con delega orale sostituisce l’avv. Aufiero Gaetano.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Napoli, in data 4 giugno 2019, ha confermato la condanna emessa dal Tribunale di Benevento il 30 giugno 2016 nei confronti di Francesco Sorrentino, imputato del delitto di omicidio colposo, con violazione di norme sulla circolazione stradale, in danno di Umberta Petitto, contestato come commesso in Pietradefusi il 25 settembre 2010.

L’addebito mosso al Sorrentino é riferito a un incidente occorso mentre egli percorreva una strada rettilinea e con forte tendenza in discesa, durante un violento temporale, a una velocità che, sebbene oggetto di valutazioni di tipo diverso, era verosimilmente inferiore al limite dei 50 km/h vigente su quel tratto di strada, interno ad un centro abitato; a un tratto la Petitto, uscita da un’autovettura fermatasi in doppia fila sulla corsia di marcia opposta a quella percorsa dal Sorrentino, sbucava dalla parte posteriore di quella vettura e attraversava velocemente la strada, lontano dal punto d’attraversamento contrassegnato dalle strisce pedonali. Il Sorrentino, accortosi dell’ostacolo, cercava di deviare la traiettoria della sua autovettura in modo da evitare la donna, senza però riuscirvi; la Petitto veniva urtata dall’autovettura condotta dal Sorrentino e sbalzata sul parabrezza del veicolo; ricoverata in ospedale, decedeva successivamente a causa di politrauma con frattura del bacino e shock emorragico.

Secondo i giudici di merito (sia di primo grado, sia d’appello, sia pure con alcune minori diversità di argomentazioni) dev’essere addebitato al Sorrentino, quale comportamento eziologicamente determinante del decesso della donna, l’aver tenuto una velocità che, sebbene rientrante nel limite stabilito per quel tratto di strada, era comunque eccessiva in rapporto allo stato dei luoghi (strada in sensibile discesa, con pendenza del 7/8%; precipitazione in atto; autovetture parcheggiate anche in doppia fila) e alle condizioni del veicolo condotto dall’imputato (il cui sistema frenante é risultato usurato in modo anormale), tanto più che sul luogo dell’incidente non venivano rinvenute tracce di frenata.

E’ stata disattesa la prospettazione difensiva del Sorrentino, tesa a dimostrare che la Petitto effettuò l’attraversamento in modo repentino e tale da non poter essere vista tempestivamente, e che la velocità da lui tenuta era largamente rispettosa non solo del limite previsto, ma anche dei criteri di prudenza che era lecito attendersi nelle condizioni date.

E’ stata infine esclusa la sopravvenienza di decorsi causali autonomi del decesso presso il nosocomio ove fu ricoverata la Petitto: ciò sia perché la morte della donna é stata ricollegata dagli esperti agli esiti traumatici dell’impatto con l’autovettura condotta dall’imputato, sia perché l’operato dei medici che la ebbero in cura é risultato del tutto esente da profili di colpa.

2. Avverso la prefata sentenza d’appello ricorre il Sorrentino, con atto articolato in due ampi motivi.

2.1. Con il primo motivo si denunciano vizio di motivazione e travisamento della prova con riferimento a una serie di aspetti che caratterizzarono la vicenda.

Ripercorrendo il percorso argomentativo sia del Tribunale che della Corte di merito su tali aspetti, il ricorrente evidenzia che la stima della velocità in prossimità del limite dei 50 km/h, che era stata effettuata dal Tribunale in adesione alle conclusioni del CTP dott. Fierro, é stata rivalutata dalla Corte distrettuale, la quale ha dato conto che la deposizione di Tretola Carmine (l’automobilista che nell’occorso seguiva, con la propria vettura, quella del Sorrentino) l’avrebbe quantificata in circa 20/30 km/h, sebbene il Tretola avesse parlato di una velocità di 15/20 km/h, o comunque inferiore ai 20 km/h: dal che, secondo il ricorrente, discende un evidente travisamento della prova.

Ma, a parte ciò, la Corte di merito perviene arbitrariamente a determinare la velocità dell’auto dell’imputato in un range compreso tra 30 e 50 km/h, concludendo per l’eccessività della stessa in rapporto alle circostanze di tempo e di luogo e alle condizioni del veicolo. Quanto al sistema frenante, che il primo giudice aveva ritenuto compromesso sebbene fosse emerso che una regolare presa tra le pasticche e i dischi non avrebbe diminuito lo slittamento dell’auto del Sorrentino, la Corte di merito ha aderito alle valutazioni del Tribunale senza considerare che, un mese prima dell’incidente, l’autovettura era stata sottoposta a revisione, anche nel suo impianto frenante.

Sotto altro profilo, il ricorrente evidenzia come i giudici di merito, nel ritenere eccessiva la velocità, omettono di individuare quale sarebbe stata quella adeguata e, così facendo, non si confrontano con l’accertamento della causalità della colpa, ossia del comportamento alternativo diligente e rispettoso della regola cautelare la cui violazione avrebbe determinato la concretizzazione del rischio che essa mirava a prevenire.

Inoltre la Corte di merito, pur riconoscendo che – sulla base delle valutazioni peritali – il malfunzionamento del sistema frenante non incise sullo slittamento dell’autovettura, conclude affermando che il Sorrentino avrebbe dovuto comunque tenere una condotta diversa, ovvero diligente e prudente, senza specificare in che cosa essa doveva consistere.

Infine il deducente censura la mancata valutazione dell’eccezionalità e imprevedibilità della condotta della vittima, sbucata all’improvviso da dietro un’altra autovettura, coperta da un cappuccio nero, che attraversava la carreggiata senza guardare e rimanendo lontana dalle strisce pedonali.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’inosservanza, da parte della Corte di merito, dei principi riguardanti la violazione delle regole cautelari, l’efficacia causale di tale violazione e la prevedibilità ed evitabilità dell’evento.

Ciò a fronte di una condizione in cui il Sorrentino conduceva la sua autovettura mentre era in atto un forte temporale, ad una velocità inferiore al limite previsto, e la vittima, discesa da un’auto ferma in seconda fila al centro della carreggiata, sbucava dalla parte posteriore di detta vettura, indossava un cappuccio nero e attraversava velocemente la strada al di fuori delle strisce pedonali.

Nel prosieguo il deducente riprende gli argomenti relativi alla mancata individuazione di un comportamento alternativo lecito e della configurabilità della causalità della colpa; e, ravvisate le condizioni per ritenere che la vittima fosse responsabile esclusiva dell’accaduto, conclude affermando che nella specie doveva operare il principio di affidamento, stante l’imprevedibilità della condotta della Petitto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente.

Si premette che é ben vero che il rispetto del limite di velocità stabilito per un determinato tratto di strada non implica, di per sé, che il conducente sfugga sempre e comunque al rimprovero di eccessiva velocità: insegna la pacifica giurisprudenza di legittimità che l’osservanza della regola cautelare imposta dalla legge non vale sempre ad esonerare dalla responsabilità per il reato colposo quando esistano concrete circostanze che la rendano inidonea, nel caso concreto, a garantire la tutela del bene cui la regola cautelare é preordinata (Sez. 4, Sentenza n. 24823 del 02/03/2007, Mazzoleni, Rv. 236988): altro é, infatti, la violazione della regola cautelare di cui all’art. 142 Cod. Strada (che indica le regole generali sui limiti di velocità nelle diverse tipologie di strade), altro é la violazione dei principi di cui all’art. 141 dello stesso codice, che individuano le linee di condotta cui il conducente deve attenersi nel regolare la velocità del suo veicolo avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato e al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, imponendogli tra l’altro di conservare il controllo del proprio automezzo, di ridurre la velocità e, occorrendo, anche di fermarsi in presenza di ostacoli, ecc..

Il punto é che, mentre sembra da ritenersi pacifico (sia per il Tribunale che per la Corte di merito) che nell’occorso l’autovettura condotta dal Sorrentino rispettò il limite di velocità dei 50 km/h, non emergono a ben vedere dati certi in ordine alla violazione dei principi di cui all’art. 141 Cod.Strada, che – benché non espressamente menzionato nell’imputazione – costituisce univocamente la regola cautelare cui si ritiene che il Sorrentino non si sia uniformato.

Ed invero, né la Corte distrettuale, né il Tribunale sono stati in grado di fornire un’indicazione chiara e univoca della velocità di marcia dell’auto dell’imputato, essendo pervero assai ampio il range intercorrente fra i diversi contributi probatori sul punto: tant’è che il perito nominato d’ufficio non ha quantificato detta velocità, il consulente di parte l’ha stimata in modo alquanto generico e comunque in misura inferiore ai 50 km/h, mentre il teste Tretola, che al momento del sinistro procedeva con la sua auto dietro quella del Sorrentino, a circa 10 – 15 metri di distanza, ha riferito che le due vetture procedevano entrambe a una velocità non superiore ai 20 km/h.

Il mancato accertamento della velocità non ha impedito alla Corte di merito di pervenire alla conclusione che il Sorrentino procedeva necessariamente a una velocità eccessiva, in rapporto alle peculiarità della strada (caratterizzata da forte pendenza in discesa), alle condizioni meteorologiche (temporale in atto), alla non imprevedibilità dell’attraversamento della strada da parte di pedoni in quel tratto stradale e al fatto che egli non aveva curato la manutenzione dell’impianto frenante della sua auto, risultato deteriorato.

Epperò ciò, da un lato, non consente di individuare il comportamento alternativo lecito cui si sarebbe dovuto attenere l’odierno ricorrente, non bastando a tal fine affermare che il Sorrentino, in relazione a quanto precede, “avrebbe dovuto tenere una condotta di guida diversa, ovvero diligente e prudente come richiesto dal codice della strada e dalle normali regole di prudenza” (pag. 5 sentenza impugnata).

Il mancato – o comunque impreciso – accertamento della velocità tenuta dall’auto dell’imputato non consente, ad esempio, di stabilire se egli potesse o meno arrestare il suo veicolo in tempo per poter evitare l’impatto con la Petitto: la quale, come univocamente emerso (e come sostanzialmente riconosciuto dalla stessa Corte distrettuale), eseguì una manovra di attraversamento imprudente, repentina e al di fuori del punto di attraversamento consentito (le strisce pedonali), sbucando da dietro un veicolo fermatosi in mezzo alla corsia di marcia opposta a quella di pertinenza del Sorrentino, in una strada che – secondo quanto si ricava in atti – era particolarmente stretta e occupata in parte da altre auto in sosta. In aggiunta a ciò, é la stessa Corte territoriale a rilevare che il malfunzionamento dell’impianto frenante dell’auto dell’odierno ricorrente “non avesse contribuito al superamento del limite di aderenza tra gomme e strada, causa dello slittamento” (ibidem, pag. 5 sentenza impugnata).

Tanto più che, come opportunamente eccepito dal ricorrente (mediante documentazione allegata al ricorso), l’auto da lui condotta era stata sottoposta a revisione da circa un mese e controllata, in quella sede, anche nell’impianto frenante; di tal che era ragionevole che egli facesse affidamento sull’efficienza e il buon funzionamento della sua vettura. Se così è, allora risulta evidente che la regola cautelare che si assume violata doveva essere determinata sulla base dell’acquisizione di elementi più precisi e affidabili, e non esclusivamente sulla base di generiche’asserzioni circa regole di prudenza ipoteticamente violate.

In particolare, oltre a una più approfondita valutazione della velocità concretamente tenuta dall’autovettura dell’imputato, ciò che avrebbe dovuto formare oggetto di un più puntuale accertamento – onde stabilire, fra l’altro, quale fosse l’eventuale comportamento alternativo diligente cui il Sorrentino si sarebbe potuto/dovuto attenere – era la possibilità del Sorrentino, in relazione a un’adeguata stima dei tempi di reazione ipotizzabili, di accorgersi tempestivamente dell’attraversamento della strada da parte della Petitto e di arrestare la marcia della sua vettura o di deviarne la traiettoria in modo da poterla schivare.

In casi simili, é univoco, benché risalente, l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale l’investimento di un pedone, che attraversi la sede stradale repentinamente e di corsa, fuori delle apposite zone zebrate, a breve distanza da sopraggiungente autoveicolo, non può essere addebitato al conducente di questo ultimo, con il quale venga ad urto, sotto il profilo della responsabilità penale, per carenza del rapporto di causalità psicologica, sempreché alcun rimprovero, per condotta imprudente, imperita, negligente, violatrice di specifiche norme riguardanti la circolazione veicolare, possa essere mosso al conducente medesimo (Sez. 4, Sentenza n. 7161 del 20/04/1989, Mazzetti, Rv. 181338; conformi mass. NN. 155363, 146879, 143568, 130939)

Più recentemente, in linea con detto orientamento, si é affermato che il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile (Sez. 4, Sentenza n. 33207 del 02/07/2013, Corigliano, Rv. 255995).

E’ chiaro che, per tornare all’episodio de quo, non può univocamente concludersi per la violazione della regola cautelare della velocità adeguata allo stato dei luoghi se prima non si stabilisce quale essa fosse e a quale velocità il Sorrentino dovesse procedere per potersi tempestivamente fermare, o controllare la traiettoria del proprio veicolo in modo da evitare di investire la Petitto.

2. La sentenza impugnata va dunque annullata, con rinvio per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio, nel quale si terrà conto dei suddetti principi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.