REPUBBLICA ITALIANA 472/2015 A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE
Composta dai seguenti magistrati:
Dott.ssa Piera MAGGI Presidente
Dott. Nicola LEONE Consigliere
Dott.ssa Rita LORETO Consigliere relatore
Dott.ssa Emma ROSATI Consigliere
Dott.ssa Giuseppa MANEGGIO Consigliere
Ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico di appello, in materia di pensioni di guerra, iscritto al n. 47634 del registro di Segreteria, proposto dal signor A. D. F., rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Brienza, presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, Via Cola di Rienzo n. 28;
avverso la sentenza n. 277/2013 depositata il 21.03.2013, della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio;
e nei confronti del Ministero dell’Economia e Finanze, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
Visti gli atti di causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 12 maggio 2015, il Consigliere relatore dott.ssa Rita Loreto e la parte appellante a mezzo dell’Avv. Luigi Brienza, non costituito il Ministero dell’Economia e Finanze;
Ritenuto in FATTO
Il giudizio proviene da precedente sentenza di rigetto del giudice di primo grado, parzialmente riformata in appello con rimessione degli atti al primo giudice e rinnovo del giudizio, cui ha fatto seguito la riassunzione, a cura dell’interessato, mediante ricorso ulteriormente respinto con la sentenza qui impugnata.
Risulta dagli atti di causa che il signor A. D. F. il 16 dicembre 1955, all’età di cinque anni, riportava lesione cranica in conseguenza del crollo di un muro sito nel centro abitato di S.Pietro Infine, Località Via Roma, per il quale fu sottoposto ad intervento chirurgico per l’asportazione di segmenti ossei dalla calotta cranica. Nel corso degli anni, poi, il signor A. D. F. ha sofferto di epilessia.
Con provvedimento ministeriale del 13 settembre 1956 veniva respinta una domanda di pensione di guerra presentata nel marzo del 1956 dal padre Modestino per conto del ricorrente, con riferimento alle ferite riportate alla testa da quest’ultimo a causa del crollo del muro, perché non ritenute conseguenza diretta ed immediata di fatto di guerra, e nel 1982 veniva respinta una domanda di riesame per insussistenza di nuovi elementi per la modifica del primo provvedimento.
Con sentenza n. 46/2011 la Sezione seconda giurisdizionale centrale di questa Corte accoglieva parzialmente il ricorso del DI FONZO e rimetteva gli atti al primo giudice, affermando che la domanda di riesame doveva considerarsi intervenuta quando ancora non era maturata la prescrizione decennale.
Riassunto il giudizio innanzi al giudice di primo grado, quest’ultimo disponeva un supplemento istruttorio per acquisire ulteriore documentazione coeva ai fatti in contestazione, volta ad accertare la sussistenza del nesso di causalità tra il fatto bellico e le lesioni causate al ricorrente.
Al termine dell’istruttoria il Giudice di primo grado respingeva il ricorso in base all’assunto che il crollo del muro che aveva causato il ferimento del A. D. F. doveva considerarsi causato non da fatto bellico, bensì dalla particolare natura franosa dei luoghi unitamente alla mancanza di manutenzione protratta nel tempo.
Avverso tale sentenza ha interposto appello il signor A. D. F., lamentando difetto di motivazione della decisione, per non avere considerato le reali condizioni del Comune all’epoca dei fatti, atteso che, ancora nel 1957, è dato rinvenire fra gli atti una denuncia dei cittadini di S. Pietro in cui si fa espresso riferimento alla pericolosità del muro sovrastante la via S.Nicola, che era parzialmente crollato due anni prima causando l’infortunio del ricorrente e che era tuttora in condizioni di pericolosità. Dalla denunzia in atti emergeva altresì che il muro era pericolante a causa degli eventi bellici del 1943; dunque – prosegue l’appellante – nessuna prova specifica vi è in atti che il crollo lesivo avvenne per effetto di eventi meteorici aggravati dalla particolare situazione idrogeologica del paese, come affermato dal primo giudice.
Allo stesso modo, ad avviso dell’appellante, sono state travisate le risultanze della nota del Sindaco al Provveditorato alle OO.PP. del marzo 1955, in cui si dava atto che il Comune era stato in buona parte ricostruito a valle di quello vecchio, distrutto dai bombardamenti, ma si rendeva anche noto che molte famiglie erano rimaste ad abitare nella parte vecchia del paese e che lì occorreva “provvedere alla ricostruzione dei muri distrutti dalla guerra e che compromettono l’incolumità pubblica”.
Il signor A. D. F. ha chiesto pertanto la riforma della sentenza nei termini sopra descritti, con riconoscimento della dipendenza da fatto bellico dell’evento lesivo e del diritto alla pensione di guerra. In via subordinata, rimettere gli atti alla competente Amministrazione affinché, espletati i necessari ed opportuni accertamenti, conceda il trattamento pensionistico con categoria di Tabella A oltre interessi e rivalutazione.
Con successiva nota in data 14 aprile 2015 la difesa dell’appellante ha ulteriormente argomentato in ordine al difetto di motivazione della gravata sentenza.
Alla pubblica udienza del 12 maggio 2015, udito il Consigliere relatore, l’Avv. Brienza ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
DIRITTO
Con unico motivo di gravame l’appellante censura il vizio motivazionale da cui sarebbe affetta la decisione impugnata ed afferma che erroneamente il primo giudice ha dato unico e determinate rilievo alle risultanze relative alle particolari condizioni idrogeologiche del comune interessato, attribuendo le ragioni del crollo proprio a questi fenomeni. Ciò, ad avviso dell’appellante, costituisce una mera illazione immotivata e non obiettivamente riscontrabile agli atti.
Ciò premesso, Il Collegio passa quindi ad esaminare l’ammissibilità del gravame.
E’ noto, al riguardo, che l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 – convertito con la legge 20 dicembre 1996, n. 639 – dispone che “nei giudizi in materia di pensioni, l’appello è consentito per soli motivi di diritto; costituiscono questioni di fatto quelle relative alla dipendenza di infermità, lesioni o morte da causa di servizio o di guerra e quelle relative alla classifica o all’aggravamento di infermità o lesioni”.
Se è vero che la motivazione costituisce elemento imprescindibile della sentenza, in aderenza del resto al principio sancito dall’art. 111 della Costituzione, talché la sua mancanza o palese inadeguatezza rappresentano sicuramente vizi attinenti al “diritto”, non è men vero che ciò si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dalla sentenza in sé.
In tale contesto spetta al giudice – onde evitare che il vizio denunciato possa rappresentare il tramite strumentale per introdurre un non consentito giudizio di merito di seconda istanza – di verificare se l’asserito motivo di diritto abbia in effetti consistenza come tale.
In base all’art. 10 della l. n. 648/1950 (e successive modificazioni) “sono liquidate pensioni, assegni o indennità di guerra ai cittadini italiani divenuti invalidi ed ai congiunti dei cittadini italiani morti per qualsiasi fatto di guerra che sia stato la causa violenta diretta ed immediata dell’invalidità, del suo aggravamento o della morte”, intendendo per fatto di guerra “i fatti, ovunque avvenuti, ad opera di Forze Armate nazionali od estere, alleate o nemiche e coordinati alla preparazione ed alle operazioni di guerra o che, pur non essendo coordinati alla preparazione ed alle operazioni belliche, siano stati occasionati dalle stesse”.
Devono, pertanto, intendersi per fatti bellici agli effetti della citata legge gli eventi ricollegabili ad azioni delle forze armate, di preparazione alle operazioni di guerra, o comunque connessi a tali operazioni belliche.
Nel caso di specie, il Giudice ha motivato in ordine alla esclusione della dipendenza da fatto bellico in base all’assunto secondo cui, sebbene il luogo in cui si verificò l’evento fu sicuramente teatro di operazioni militari durante il secondo conflitto mondiale, tuttavia dagli atti di causa non risulta che il crollo del muro sia ad essi direttamente ricollegabile, dal momento che i lavori di abbattimento dei muri pericolanti nell’abitato di S.Pietro erano stati ultimati già nel dicembre 1947. Permaneva, tuttavia, una forte instabilità poiché il comune sorgeva lungo le falde del monte Sambucaro in zone di slavine, e dunque il crollo del muro poteva essere stato senz’altro conseguenza dell’instabilità dei terreni, unita all’incuria degli amministratori protratta per lungo tempo.
L’appellante contesta tale motivazione sostenendo che ci sarebbe stata, da parte del giudice di prime cure, una errata valutazione delle risultanze documentali, in quanto non corrisponde a verità quanto affermato in ordine alla completa sistemazione dei muri pericolanti nel comune suddetto già nel 1955, dal momento che all’epoca molte famiglie erano rimaste ad abitare nel vecchio centro del paese, bombardato e con molti edifici pericolanti. Argomenta ancora l’appellante che la circostanza che venivano richiesti dal Comune finanziamenti per realizzare adeguate opere di consolidamento e messa in sicurezza del suo territorio risale al 1957, e nulla dimostra che la situazione lamentata fosse preesistente al 1955 o che il crollo del muro in questione sia stato causato da fenomeni climatici/atmosferici particolarmente violenti.
L’assunto del ricorrente non appare condivisibile.
In realtà, il Giudice di primo grado ha ampiamente motivato, ed ha dimostrato di avere valutato tutta la documentazione acquisita a seguito dell’istruttoria e quella depositata dal A. D. F.. Tra l’altro, ha preso in considerazione la nota in data 19 marzo 1955, in cui il Sindaco stesso affermava che “…il Comune di S. Pietro sorge lungo le falde del monte Sambucaro (quota 1200) in una zona eminentemente di slavine”, per cui venne ammesso a beneficiare, quale paese da consolidare a totale carico dello Stato, delle provvidenze di cui al R.D.L. 23.02.1944, n. 374. Sempre nella citata nota il Sindaco dava atto della particolare “natura del terreno, svolgentesi a larghe pieghe con notevoli terrazzamenti a forte pendio”. Da tali circostanze il Giudice ha dedotto che i pericoli all’incolumità pubblica, in una zona che aveva subito danni in conseguenza di eventi bellici, erano strettamente connessi alla natura dei terreni non consolidati, per la situazione di forte instabilità dei terreni dovuta alla particolare posizione del Comune, posto peraltro alle falde del Monte Sambucaro e in una zona di slavine.
Tali circostanze lo hanno portato a dubitare che la caduta del muro fosse ricollegabile ad eventi bellici, “essendo ben possibile che così non fu, posto che la caduta del muro può essere conseguita ad altre eventualità”.
In secondo luogo il giudicante, al fine di dimostrare ulteriormente le ragioni del proprio convincimento, ha addotto un’altra decisiva circostanza: la mancanza di manutenzione dei luoghi che erano stati interessati da eventi bellici, consistita nella omessa realizzazione, protratta per lungo tempo, delle opere di risanamento e consolidamento dei luoghi, resasi invece necessaria per tutelare l’incolumità pubblica.
Tale omissione è dimostrata anche dalla nota in data 23.02.1959, del Ministero dei Lavori Pubblici, pure menzionata dal Giudicante, con la quale si riteneva “non opportuno” procedere alla ricostruzione delle opere di consolidamento del vecchio abitato andato distrutto dagli eventi bellici poiché ciò avrebbe comportato una “spesa ingentissima a carico dello Stato ed a vantaggio di un esiguo numero di abitanti”.
Da quanto precede il Collegio desume che, anche a volere ritenere corrispondenti a verità le argomentazioni del A. D. F. in ordine alla circostanza che nel 1955 le operazioni di abbattimento dei muri pericolanti non erano state completate e che nel vecchio centro permanevano condizioni di pericolo alla pubblica incolumità per il mancato abbattimento di muri in parte distrutti dai bombardamenti, resta impregiudicato l’ulteriore fattore della omessa manutenzione degli stessi protratta dal 1944 al 1955 (ed oltre), da parte di coloro che invece vi avrebbero dovuto provvedere.
E’ proprio tale ultima circostanza, in ordine alla quale l’appellante non ha fornito argomentazioni esaustive ed idonee a contestarne l’attendibilità, che assume rilievo determinante in ordine alla affermazione di carenza di nesso causale, che ha ingenerato nel Giudicante il convincimento che proprio la omessa realizzazione di opere di consolidamento dei luoghi, in presenza di terreni fortemente instabili, abbia causato l’ulteriore crollo del muro ed il conseguente infortunio di cui il ricorrente è stato vittima.
Tali decisive argomentazioni inducono il Collegio ad escludere la sussistenza dei lamentati vizi motivazionali della sentenza gravata e a confermare la mancanza, nella fattispecie all’esame, del rapporto di causalità diretta ed immediata fra il fatto bellico ed il crollo del muro.
L’appello pertanto è inammissibile, avendo il primo Giudice esaustivamente e diffusamente motivato in ordine alle ragioni del proprio convincimento.
Nulla a deliberare in ordine alle spese legali, per la mancata costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e Finanze.
Nulla per le spese di giudizio, stante il principio di sostanziale gratuità dei giudizi in materia pensionistica.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello, definitivamente pronunciando,
– DICHIARA INAMMISSIBILE l’appello in epigrafe, proposto dal A. D. F. avverso la sentenza n. 277/2013, resa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio;
Nulla per le spese legali e di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 12.05.2014.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Rita LORETO f.to Piera MAGGI
Depositata in Segreteria il 10 SET.2015
IL DIRIGENTE
f.to Massimo Biagi
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196
DISPONE
Che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi della parte privata e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Il Presidente
f.to Piera MAGGI
IL DIRIGENTE
10 SET.2015 f.to Massimo Biagi