REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Maria Stefania – Presidente
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
Dott. LIUNI Teresa – Rel. Consigliere
Dott. BINETTI Roberto – Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SFERRA FRANCESCO nato a ISERNIA il 12/05/1979;
avverso la sentenza del 17/10/2018 della CORTE MILITARE di APPELLO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere TERESA LIUNI;
udito il Procuratore generale militare, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avvocato ALBERTO CUCCURU del foro di TIVOLI che conclude per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
udito l’avvocato SEBASTIANO BRIGANTI del foro di TIVOLI, in difesa di SFERRA FRANCESCO, che insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17/10/2018 la Corte militare di appello ha riformato quoad poenam la sentenza del Tribunale militare di Roma in data 20/7/2016 che aveva condannato Francesco Sferra alla pena di quindici mesi di reclusione militare per i reati, avvinti in continuazione, di inosservanza di istruzioni ricevute e peculato militare, entrambi aggravati dal grado rivestito (artt. 47 n. 2, 125 e 215 cod. pen. m.p.), perchè in qualità di Ufficiale dell’A.M. con il grado di Capitano Pilota effettivo al Reparto Sperimentale Volo di Pratica di Mare (Roma), incaricato di effettuare una missione consistente nel compiere un volo di trasferimento da Pratica di Mare a Istrana (N), con l’aeromobile AMX matr. mil . 7115, non ottemperava – senza giustificato motivo – alle istruzioni ricevute, giacchè, giunto in prossimità di Ceprano (Roma), intenzionalmente dirigeva l’aereo su Carovilli (IS), sua località di origine, e poi durante il sorvolo del suddetto abitato effettuava alcune manovre acrobatiche del tutto estranee al contenuto della missione, nello specifico: due manovre denominate John Derry Roll, a causa delle quali l’aeromobile precipitava, così pregiudicando l’esito della missione.
Quanto al peculato, esso era contestato nella forma dell’appropriazione di carburante e lubrificanti dell’Amministrazione Militare necessari per alimentare l’aeromobile lungo tale percorso e per eseguire tali manovre, per un totale stimato in € 132,04.
Fatti commessi in navigazione aerea sui cieli del Lazio e del Molise, il 1°/8/2014.
L’imputato ha conseguito le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’art. 48, ultima parte, cod. pen. n.p. (essere militare di ottima condotta o di provato valore), prevalenti sulla contestata aggravante, ed ha ottenuto anche i doppi benefici di legge.
Egli è stato altresì condannato al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita, Amministrazione Militare, da liquidarsi in sede civile.
1.2 La sentenza di appello ha confermato in pieno l’accertamento della penale responsabilità dell’imputato, nonchè le statuizioni civili da ritenersi limitate al risarcimento del danno derivante dalla condotta appropriativa contestata nella seconda imputazione; è stata invece rivista in melius l’entità della pena, complessivamente ridotta ad un anno di reclusione militare, così sostituita la reclusione ai sensi dell’art. 27 cod. pen. m.p., limitando ad un solo mese l’aumento a titolo di continuazione per il reato satellite di cui al capo 1).
1.3 La Corte militare ha ritenuto integrato il reato di inosservanza delle istruzioni ricevute, disattendendo la tesi difensiva che aveva invocato la prassi generalizzata di effettuare manovre di addestramento durante i voli di collegamento, al fine di mantenere il livello di qualificazione specialistica del pilota, altrimenti messo in pericolo dal mancato addestramento.
Invero, nella specie si era trattato di manovre acrobatiche (cd. John Derry Roll), non ammesse nei voli di collegamento che al più potevano servire ad affinare l’addestramento al volo strumentale o a vista, come hanno riferito i testimoni escussi (Generale Fabio Molteni, Comandante Alessandro Scaburri).
E’ stata dunque esclusa l’integrazione del giustificato motivo, ed è stata riconosciuta la sussistenza dell’elemento soggettivo del contestato reato, consistente nell’intenzionalità di deviare dalla rotta di volo pianificata dallo stesso Sferra e comunicata alle autorità di controllo per un fine meramente egoistico e sganciato dall’incarico ricevuto, così pregiudicando l’esito della missione.
Quanto al reato di peculato militare, la Corte Militare ne ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica (avallata anche da questa Corte, che in precedenza aveva risolto un conflitto di giurisdizione con l’autorità giudiziaria ordinaria in base all’indicazione di prevalenza del reato in questione), escludendo quindi la fattispecie attenuata del peculato d’uso ex art. 314, comma 2, cod. pen. ventilata dalla difesa.
Anche tale reato è stato addebitato al Capitano Sferra, ritenendosi integrato tanto l’elemento oggettivo dell’appropriazione di carburante e lubrificanti, che l’elemento psicologico della fattispecie delittuosa, essendo stata detta appropriazione finalizzata allo scopo di effettuare le manovre non autorizzate ed estranee alla missione di volo.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv. Sebastiano Briganti, deducendo i seguenti motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all’art. 125 cod. pen. m.p. nei suoi elementi costitutivi, oggettivo e soggettivo, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
Il ricorrente ha premesso che le istruzioni impartite per la missione di volo da effettuarsi da parte del Capitano Sferra erano contenute nel programma di volo giornaliero del Reparto Sperimentale di Volo (RSV), ed erano estremamente ridotte, contenendo soltanto l’ordine di effettuare il volo di collegamento (così individuato il tipo di volo nell’apposita casella del programma di volo giornaliero) da Pratica di Mare a Istrana.
La tesi difensiva è che nella prassi comune (per la cui dimostrazione era stata prodotta in giudizio la documentazione di ben 500 missioni di volo), il RSV seguiva una gestione dei voli approssimativa e flessibile, al punto da correggere a posteriori i fogli di viaggio, cioè gli ordini formali ai militari di recarsi in missione, inserendovi una determinata destinazione dopo averla raggiunta.
A maggior ragione tale flessibilità riguarderebbe la scelta della forma di volo (strumentale o a vista) e delle rotte di volo, da intendersi sempre nella piena discrezionalità del pilota, come ha testimoniato il Generale Fabio Molteni (pag. 8 della sentenza di appello).
L’unico limite all’autonomia del pilota consiste nel rispetto delle istruzioni contenute nel programma di volo giornaliero, ossia partenza, destinazione, orario, carburante imbarcato.
Tanto premesso, nella formazione della rotta di volo non potrebbe esserci spazio per il concetto di deviazione, come invece si è ritenuto dai giudici del merito.
Pertanto, il piano di volo è stato emendato in itinere dal capitano Sferra in modo legittimo, come egli avrebbe senz’altro potuto fare fin dall’inizio, inserendo il sorvolo di Carovilli nella rotta del volo di collegamento al quale era stato comandato.
Nel fare ciò non è stata violata alcuna istruzione del programma di volo giornaliero, poichè la scelta della rotta costituisce una libera facoltà del pilota.
E’ dunque contraddittorio ritenere che la deviazione dalla rotta pianificata tra Pratica di Mare e Istrana costituisca un’infrazione delle istruzioni ricevute.
Quanto alle manovre acrobatiche, anch’esse sono normalmente ammesse nella prassi, pur quando inserite nei voli di collegamento, ciò costituendo quasi una necessità onde consentire ai piloti, ai quali nel Reparto non veniva fornito l’addestramento minimo previsto dalle direttive, di mantenere la qualifica di collaudatore e sperimentatore, necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali.
Sostiene il ricorrente che non si rinviene alcuna controindicazione disciplinare a tali modalità di esecuzione delle missioni di collegamento.
2.2 Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla sussistenza del giustificato motivo ex art. 125 cod. pen. m.p., nonchè all’assenza dell’elemento psicologico.
Rileva il ricorrente che la Corte di appello ha erroneamente individuato quale presupposto del reato la sussistenza delle istruzioni, e quale elemento fondante la responsabilità penale dell’imputato l’assenza di un giustificato motivo per la deviazione dalla rotta.
Il cap. Sferra avrebbe dovuto completare il programma di addestramento per raggiungere il numero di prove – cinque – necessarie per la qualifica di pilota “presentatore”, come prevede la direttiva SMA-43, onde mantenere tale qualifica anche nell’anno 2014.
Sicchè, ciò che la Corte di appello ha ritenuto una spiegazione del tutto priva di logicità e verosimiglianza, è invece la giustificazione delle manovre acrobatiche imposte dalla rigorosa applicazione delle direttive in vigore.
La Corte di appello ha negato la valenza scriminante di prassi ritenute illegittime, senza considerare che la maggior parte dell’addestramento del reparto si realizzava proprio nelle missioni di collegamento, di per sé prive di contenuti specifici e non esplicitamente regolate da alcuna direttiva, sicché in pratica per un pilota gli ordini di effettuare Addestramento o Collegamento erano sinonimi.
Pertanto, non sussiste il fine egoistico evocato dalla contestazione di reato o la volontà di violare le istruzioni ricevute, bensì ricorre il giustificato motivo: quello di sfruttare ogni missione da parte del pilota onde tenersi in condizioni di addestramento minimo per lo svolgimento del proprio lavoro e anche per la salvaguardia della propria incolumità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili, in quanto, oltre che manifestamente infondati, sono rivolti alla rivisitazione di profili fattuali e tendenti a risolversi in una mera confutazione delle valutazioni operate nei gradi di merito, senza effettiva considerazione delle argomentazioni adeguate e logicamente espresse nell’impugnata sentenza, nonché in quella di primo grado, trattandosi di due pronunce conformi nell’esito finale ed omogenee nel percorso argomentativo, tanto da dare vita ad un unico complesso motivazionale integrato.
1.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all’art. 125 cod. pen. mil. pace, nelle sue componenti strutturali, oggettiva e soggettiva.
In sintesi, le argomentazioni difensive a supporto della doglianza si riducono al richiamo delle prassi generalizzate, previa ricognizione in fatto del livello di diffusione di tali prassi e descrizione delle modalità approssimative e flessibili di gestione dei voli che si assume attuata dal Reparto Sperimentale di Volo, tanto da correggere a posteriori i fogli di viaggio, cioè gli ordini formali ai militari di recarsi in missione, inserendovi una certa destinazione dopo averla raggiunta.
Orbene, tale impostazione non può avallarsi in alcun modo, ed infatti è stata correttamente stigmatizzata nell’impugnata sentenza.
Rilevata in primo luogo la smentita che dall’analisi dei 500 piani di volo prodotti in giudizio potesse trarsi conferma dell’asserita prassi di effettuare manovre acrobatiche durante i voli di collegamento – tale è indubitabilmente quello in esame, come da ordine di volo – la Corte militare ha affermato che in ogni caso ciò non varrebbe ad escludere la rilevanza penale della condotta integrata dal Cap. Sferra, trattandosi di prassi illegittima, in quanto tale mai utile a contrastare disposizioni normative formali.
Del resto, il reato in questione – come delineato dall’art. 125 cod. pen. m.p. – presenta una struttura che non ammette deroghe in forza di consuetudini o prassi di sorta.
La Corte militare ha ben delineato i profili di inosservanza delle istruzioni ricevute, emersi nella vicenda.
In primo luogo, è stata violata la disposizione derivante dalle istruzioni generali impartite dal Colonnello Gianluca Ercolani, Comandante del Reparto Sperimentale di Volo di Pratica di Mare, diretta ad evitare il sorvolo dei centri abitati, e se ciò fosse risultato impossibile, vi era indicazione di salire di quota per non arrecare danno sonoro alla popolazione.
La violazione di tale disposizione è stata plateale, avendo il Cap. Sferra effettivamente sorvolato il suo paese natale di Carovilli, ivi effettuando le due manovre acrobatiche di cui all’imputazione secondo una traiettoria di volo assimilabile al numero otto sul territorio circostante (come era risultato dalla relazione peritale Castriotta).
Benchè qualificata come istruzione generale, tale direttiva è specifica del settore di attività in discorso e costituisce il primo riferimento da considerare nella pianificazione di dettaglio del volo.
In secondo luogo, l’inosservanza ha riguardato il divieto di compiere manovre acrobatiche durante le missioni di collegamento, seppure a fini addestrativi (come ha rivendicato il ricorrente), trattandosi di manovre tipiche della presentazione del velivolo (c.d. “air display”) possibili solo su una pista, come chiarito dal teste Molteni.
Tutt’al più, nelle missioni di collegamento avrebbero potuto effettuarsi attività di volo – strumentale o a vista – a scelta del pilota in base alle proprie esigenze di addestramento, ma erano certamente escluse manovre acrobatiche.
I riflessi che da tale factum principis discendono in tema di elemento psichico sono evidenti: l’imputato, in qualità di Ufficiale altamente qualificato ed esperto, incaricato della missione di volo di collegamento da Pratica di Mare a Istrana (TV), non avrebbe dovuto deviare dal piano di volo da lui stesso ideato, nella piena discrezionalità del pilota, e comunicato in data 31/7/2014 all’ente di controllo del traffico aereo, se non per giustificato motivo (su cui vds. infra).
Invece, risulta ex actis che lo Sferra abbia aggiunto alla rotta originariamente indicata – Frosinone, Ortona, Pescara, Ancona, Chioggia e Caorle – in sede di concreta pianificazione del percorso, comunicata ai controllori di volo in pari data, ulteriori punti nella rotta, con particolare riferimento alla località di Castel di Sangro, ma con indicazione topografica a 9 NM a est-sud-est di tale centro abitato e a 2 NM a est di Carovilli (luogo del disastro): in termini di coordinate geografiche tale punto di rotta risultava discretamente distante dal paese di Castel di Sangro e invece a 4 o 5 miglia a est del paese di Carovilli.
Ciò è stata definita (pag. 27) una discrepanza tra le indicazioni contenute nel piano di volo comunicato agli enti di controllo e il luogo ove era caduto il velivolo, nonché un’incoerenza “tra le intenzioni comunicate dal pilota agli enti di controllo del traffico aereo e quello che invece era riportato sulla pianificazione di rotta”: in tal senso, rispondendo ad un rilievo difensivo avanzato nella pubblica discussione, è dunque corretto parlare di deviazione di rotta anziché di mutamento di rotta, essendo la prima opzione giustificata dall’accorgimento al quale era ricorso lo Sferra, di inserire un riferimento geografico apparente – Castel di Sangro – in realtà corrispondente ad un luogo diverso.
Dal rilievo della diretta intenzionalità della deviazione di rotta, la Corte militare ha desunto che, verosimilmente, l’imputato aveva programmato sin dall’inizio di dirigersi su Carovilli; né potrebbero invocarsi fattori esterni contingenti, necessitanti all’indirizzamento del volo in tale direzione, quali eventi meteorologici o concomitanti traffici aerei tali da impedire il proseguimento della navigazione secondo la rotta indicata: inesistenti e neppure in concreto specificamente allegati.
Le istruzioni – generali e specifiche – passate in rassegna come violate dall’imputato, e la condotta sintomatica di intenzionale variazione della rotta, rendono ragione della ritenuta sussistenza del reato di inosservanza di istruzioni ricevute, nelle sue componenti oggettive e soggettive, sicché le doglianze in tal senso avanzate sono destituite di ogni fondamento.
1.2. Giungendo quindi alla verifica della sussistenza o meno della causa scriminante del giustificato motivo, deve rilevarsi che le doglianze all’uopo espresse sono manifestamente infondate.
Il giustificato motivo invocato dal ricorrente sarebbe consistito nella intenzione di sfruttare la missione di volo onde tenersi in condizioni di addestramento minimo per lo svolgimento del proprio lavoro nonché per la salvaguardia della propria incolumità.
Il cap. Sferra avrebbe dovuto completare il programma di addestramento per raggiungere il numero di prove – cinque – necessarie per la qualifica di pilota “presentatore”, come prevede la direttiva SMA-43, onde mantenere tale qualifica anche nell’anno 2014.
Sicché, secondo il ricorrente, ciò che la Corte di appello ha ritenuto una spiegazione del tutto priva di logicità e verosimiglianza, sarebbe stata invece la giustificazione delle manovre acrobatiche imposte dalla rigorosa applicazione delle direttive in vigore.
Anche in questo caso, deve affermarsi che l’impostazione del ricorrente è priva di qualsivoglia fondamento e plausibilità.
Il concetto di giustificato motivo, nel contesto dell’art. 125 cod. pen. m.p., attiene all’insorgenza di particolari situazioni di fatto modificatesi nel corso dell’espletamento dell’incarico, per fronteggiare le quali si riveli necessaria una responsabile iniziativa dell’ufficiale incaricato.
Tale definizione non può essere disgiunta dalla finalità pubblica che permea l’azione del corpo militare – nella specie l’Aeronautica Militare – nell’espletamento dei suoi compiti istituzionali, ovvero dalla necessità di sottrarsi a situazioni improvvise e contingenti tali da porre in pericolo la propria e l’altrui incolumità, non volontariamente cagionate.
Pertanto, è fuor d’opera invocare la necessità del Cap. Sferra di mantenere il proprio livello di addestramento al volo nei termini minimi essenziali alla qualifica di pilota presentatore, poiché ciò esula dal concetto di giustificato motivo in funzione dell’interesse pubblico, potendo al più, e a prescindere dall’assoluta autoreferenzialità dell’assunto, indicare un’esigenza prettamente privata sulla cui base non è lecito mutare la corretta rotta della missione di volo, chiaramente definita come volo di collegamento tra precise località geografiche.
D’altro canto, come già anticipato, nemmeno risulta che si siano presentate, durante il volo, imprevedibili criticità meteorologiche o interferenze di traffico aereo tali da richiedere un mutamento di rotta addirittura necessitante del sorvolo di centri abitati, sicché anche questo profilo di giustificazione risulta escluso nella vicenda in esame.
L’operato del cap. Sferra non è dunque riconducibile all’invocata causa di giustificazione, come ha congruamente rilevato la Corte militare anche sotto altro profilo di mero fatto, e cioè che l’imputato risultava adeguatamente addestrato, così da non aver affatto davvero bisogno di provare le rischiose manovre acrobatiche in un luogo improprio come la zona montuosa del circondario di Carovilli.
2. In conclusione, il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della congrua somma indicata in dispositivo alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando l’assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 8 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2020.
Si dà atto che il presente provvedimento, redatto dal relatore Consigliere Teresa Liuni, e’ sottoscritto dal solo Presidente del collegio per impedimento alla firma dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020.