Polizia di Stato: bando di concorso. Candidata con un tatuaggio in via di rimozione in zona non coperta dall’uniforme, veniva conseguentemente esclusa dal concorso (Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza 3 ottobre 2019, n. 6640).

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. MARUOTTI Luigi – Presidente

Dott. LAMBERTI Luca – Consigliere

Dott.ssa DI CARLO Daniela – Consigliere

Dott. VERRICO Alessandro – Consigliere, Estensore

Dott. D’ANGELO Nicola – Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Fatto e diritto

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio (R.G. n. -omissis-), l’appellata impugnava il verbale del 23 aprile 2018 con cui, nell’ambito della procedura di cui al concorso pubblico per il reclutamento di 893 posti da allievo agente della Polizia di Stato, la Commissione per l’accertamento dei requisiti psico-fisici del Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha ritenuto la stessa non idonea al servizio di Polizia, nonché la relativa scheda medica contenente la verbalizzazione e gli esiti degli accertamenti psico-fisici (scheda del 20 aprile 2018) e il decreto, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del personale del Ministero dell’Interno – supplemento straordinario n. 1/28 del 29 maggio 2018, di approvazione della graduatoria di merito.

2. Il T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione I-quater, con ordinanza n. – omissis -(di conferma del precedente decreto cautelare presidenziale n. -omissis- in accoglimento dell’istanza cautelare, ammetteva con riserva la candidata. In seguito la stessa, risultata idonea agli accertamenti psico-fisici e attitudinali, è stata convocata per la frequenza del corso di formazione.

2.1. Infine, il T.a.r., con sentenza n.- omissis -, ha accolto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti.

Secondo il Tribunale, in particolare:

a) “la mera presenza di un tatuaggio sulla cute di un aspirante a pubblico impiego acquista una sua specifica valenza, ai fini dell’esclusione dal relativo concorso, soltanto nell’ambito degli ordinamenti militari e/o assimilati e solo quando il tatuaggio, per estensione, gravità o sede, determini una rilevante alterazione fisiognomica, tanto da determinare l’adozione di un giudizio di non idoneità al servizio”;

b) “tuttavia, anche in tale ambito, la presenza di un tatuaggio non può costituire causa automatica di esclusione dal concorso per non idoneità, essendo necessario che tale alterazione acquisita della cute rivesta carattere “rilevante” e che sia idonea a compromettere il decoro della persona e dell’uniforme, con conseguente onere per l’Amministrazione di specificare, con adeguata motivazione, le ragioni in base alle quali la presenza di un tatuaggio possa assurgere a causa di non idoneità all’arruolamento, avuto riguardo ai precisi parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento”;

c) “ciò in quanto, secondo il punto 2, lettera B della tabella 1 (a cui il Decreto ministeriale 30 giugno 2003, n. 198, all’art. 3, comma 2, rinvia per l’individuazione delle imperfezioni come causa di non idoneità) tra queste vanno ricompresi i tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme, quando per la loro sede e natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”;

d) “in conclusione, il gravato giudizio di inidoneità è illegittimo quanto meno sotto il profilo della valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, della carenza di motivazione e della contraddittorietà, con specifico riferimento al riscontro operato in sede di accertamento, atteso che la disamina della documentazione prodotta agli atti coerentemente conduce ad escludere la sussistenza – già in sede di accertamento dei requisiti psicofisici – di un “tatuaggio” definito ma, seppure in virtù degli interventi “laser” a cui la ricorrente si è sottoposta per la rimozione degli stessi prima dell’accertamento, di parte di cute del polso del braccio destro e sinistro con la presenza di incisione sulla cute stessa, con figura di tatuaggio in rimozione”.

3. Il Ministero dell’Interno ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:

i) la motivazione della sentenza sarebbe erronea, poiché i requisiti psico-fisici richiesti dal bando di concorso devono essere posseduti alla data di scadenza del termine della presentazione della domanda o, al più tardi, al momento della visita medica;

ii) non sarebbe corretta l’osservazione in sentenza sulla ritenuta carenza motivazionale in ordine alla rimozione dei tatuaggi in corso;

iii) erroneamente la sentenza si fonda essenzialmente sulla discrepanza tra la “documentazione fotografica allegata agli atti processuali dalla difesa della ricorrente” e l’accertamento concorsuale, senza tener conto che i requisiti psico-fisici devono essere posseduti dai candidati unicamente al momento in cui vengono sottoposti a visita medica collegiale concorsuale.

3.1. Si è costituita in giudizio l’appellata, la quale, depositando memoria difensiva, si è opposta all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto. Ella ha precisato al riguardo la correttezza della decisione impugnata, nell’aver considerato che già al momento della visita, come rilevato dalla stessa commissione (che appunto definisce il tatuaggio “in via di rimozione”), residuavano solo esiti cicatriziali, frutto del trattamento di rimozione con laser avviato in precedenza.

4. In sede cautelare, con l’ordinanza n. -omissis-, la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, al fine di garantire la piena parità di trattamento tra i candidati e riservando alla fase di merito l’approfondimento della questione centrale della controversia.

4.1. All’udienza del 19 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.

6. Il Collegio intende premettere la ricostruzione dei fatti posti alla base dell’impugnata esclusione della candidata:

a) con domanda ID n. 668727 presentata in data 7 giugno 2017, l’appellata partecipava al concorso pubblico, per esame, a 893 posti, aperto ai cittadini italiani, purché in possesso dei requisiti prescritti per l’assunzione nella Polizia di Stato, indetto con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4^ Serie Speciale “Concorsi ed Esami” del 26 maggio 2017;

a.1) in particolare, il bando di concorso prevedeva il superamento delle seguenti prove: prova scritta (art. 10), prova di efficienza fisica (art. 12), accertamenti psicofisici (art. 14) e accertamenti attitudinali (art. 15);

a.2) con particolare riferimento alla prova per accertamenti psico-fisici di cui all’art. 14, il bando disponeva, al punto 5, «Costituiscono altresì cause di inidoneità, per l’assunzione nella Polizia di Stato, le imperfezioni e le infermità elencate nella tabella 1, allegata al D.M. 30 giugno 2003, n. 198»;

b) superata sia la prova scritta che la prova di efficienza fisica, l’appellata, all’esame per l’accertamento del possesso dei requisiti psico-fisici, in data 23 aprile 2018, veniva giudicata inidonea dalla Commissione con la seguente motivazione a verbale: “Tatuaggio in via di rimozione in zona non coperta dall’uniforme (lato ulnare polso dx 3×1 cm; superficie ulnare polso sin 3×1 cm; superficie radiale polso sin. 1×15 cm) ai sensi dell’articolo 3 comma 2 riferimento tabella 1 punto 2 lettera “b” del DM 30.06.2003 n. 198 e succ. modific. ed integr.” e veniva conseguentemente esclusa dal concorso;

c) il T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione I-quater, adito dalla interessata con ricorso R.G. n. -OMISSIS-, con ordinanza n. -omissis-(di conferma del precedente decreto cautelare presidenziale n. -omissis-), ammetteva con riserva la candidata, la quale, in seguito risultata idonea agli accertamenti psico-fisici e attitudinali, veniva convocata per la frequenza del 204° corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato;

d) a conclusione del corso, l’appellata si è classificata al posto 280 nella graduatoria finale, pubblicata in data 21 giugno 2019, e in data 26 giugno 2019 ha prestato giuramento come agente in prova della Polizia di Stato.

7. Ciò premesso, il Collegio rammenta che il citato punto 2, lettera b) della tabella 1, alla quale l’art. 3, comma 2, del decreto ministeriale 30 giugno 2003, n. 198, rinvia per l’individuazione delle imperfezioni come causa di non idoneità, individua tra le “cause di non idoneità per l’ammissione ai concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli del personale della polizia di stato” i “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”.

7.1. Vengono in tal modo individuate due distinte fattispecie, entrambe rilevanti ai fini della dichiarazione di non idoneità (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2012, n. 3525):

a) quella della presenza di “tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme”, in relazione alla quale nessuna rilevanza assume la “particolare sede o natura” ovvero il “contenuto” del tatuaggio;

b) quella della presenza di tatuaggi che, a prescindere dalla collocazione in parti del corpo non coperte dall’uniforme, “per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme”.

Del resto, con riferimento alla presente controversia, tale distinzione trova conferma nelle “Procedure per lo svolgimento degli accertamenti psico-fisici del concorso pubblico per l’assunzione di 1148 allievi agenti della Polizia di Stato”, dove si dispone che “Per la valutazione dei tatuaggi di cui al punto 2, lettera b della tabella 1 allegata al d.m. 30 giugno 2003, n. 198, la Commissione, ove ritenuto necessario, potrà fare indossare al candidato i capi di vestiario previsti dalle uniformi, inclusa la maglietta a maniche corte tipo “polo”, di taglia adeguata. I tatuaggi non coperti dai capi di vestiario dell’uniforme – compresi quelli degli arti superiori, qualora non coperti dalla maglietta a manica corta – costituiranno causa di non idoneità. I tatuaggi che, seppure coperti dai capi di vestiario previsti dalle uniformi, siano deturpanti o ritenuti indice di personalità abnorme costituiranno anch’essi causa di non idoneità”.

7.2. La distinzione rileva sul piano della natura dell’accertamento richiesto all’Amministrazione:

a) nel primo caso, è la mera presenza, al momento dell’esame da parte della Commissione per l’accertamento dei requisiti psico-fisici, di un tatuaggio, su una parte del corpo non coperta dall’uniforme, a giustificare il giudizio di non idoneità. Invero, la presenza del tatuaggio è sempre causa di esclusione, qualora esso, quale che ne sia l’entità o il soggetto rappresentato, sia collocato “nelle parti del corpo non coperte dall’uniforme”, dovendosi, a tal fine, fare riferimento a tutti i tipi di uniforme utilizzate e/o utilizzabili nell’ambito del servizio.

In particolare, in giurisprudenza si afferma costantemente che l’amministrazione non è titolare di alcuna discrezionalità, non dovendo procedere ad alcuna valutazione, dovendo bensì solo prendere atto degli esiti di un mero accertamento tecnico (copertura o meno del tatuaggio da parte delle divise) (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 luglio 2018, n. 4305); trattandosi di un mero accertamento tecnico, esula da ciò ogni valutazione del nocumento all’immagine dell’amministrazione o al decoro della divisa;

b) nel secondo caso, invece, l’Amministrazione è tenuta, ai fini dell’esclusione per la presenza di un tatuaggio, a valutare, e conseguentemente a motivare in tal senso, la “rilevanza” dell’alterazione acquisita della cute e l’idoneità di essa a compromettere il decoro della persona e dell’uniforme. In particolare, il tatuaggio può diventare causa di esclusione – ancorché non collocato in “parti visibili” come innanzi precisate – allorché esso venga considerato “deturpante” per sede e natura, ovvero “indice di personalità abnorme” in virtù del suo “contenuto” (id est, di quanto da esso rappresentato). In questa ipotesi, l’esclusione dunque non è vincolata quale conseguenza dell’esito di un accertamento tecnico, ma essa rappresenta l’eventuale misura adottata all’esito di una valutazione che costituisce esercizio di discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione e che – salvo i limiti rappresentati dalla sussistenza dei vizi di difetto di motivazione ovvero di eccesso di potere per illogicità e/o irragionevolezza – non è sindacabile dal giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità.

7.3. Ciò considerato, non è condivisibile la statuizione del primo giudice secondo cui, in presenza di tatuaggio “sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme”, la mera presenza di esso sulla cute non sarebbe di per sé sufficiente ai fini dell’esclusione dal concorso, essendo invece necessario che il tatuaggio, per estensione, gravità o sede, determini una rilevante alterazione fisiognomica, idonea a compromettere il decoro della persona e dell’uniforme.

Del resto, la chiarezza del dato normativo di cui alla citata fonte regolamentare – attualmente ancora vigente ed efficace – non lascia adito a diverse interpretazioni, volte a dare risalto all’espressione di un ulteriore giudizio di valore.

7.4. Ad ogni modo, ai fini della valutazione della correttezza dell’accertamento tecnico effettuato dall’amministrazione, deve altresì tenersi conto che:

a) l’accertamento dei requisiti fisici deve avvenire avuto riguardo al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda di una procedura selettiva, onde garantire doverosamente la par condicio tra i candidati (sul punto cfr. ancora Cons. Stato, n. 4305/2018, cit.); tuttavia, al riguardo, va anche considerato che il primo momento utile per l’accertamento di tali requisiti è quello della visita per l’idoneità psico-fisica; invero, sebbene i requisiti di idoneità debbano essere posseduti entro la data di scadenza del termine per la partecipazione, essi devono essere verificabili nei tempi della selezione concorsuale;

b) la visibilità del tatuaggio, proprio in quanto rilevante ex se, deve presentare una certa evidenza, ovvero determinare l’impossibilità del tatuaggio di essere coperto indossando la divisa (cfr. Cons. Stato, sez.VI, 13 maggio 2010, n. 2950);

c) il giudizio di esclusione deve essere congruamente motivato in ordine alla “visibilità” del tatuaggio: la motivazione deve riguardare non solo l’ubicazione del tatuaggio, in termini pertanto di potenziale individuabilità, ma anche la sua effettiva consistenza (Cons. Stato Sez. II, Sent., 26 agosto 2019, n. 5875; Sez. III, 3 giugno 2019, n. 3729).

7.5. L’apprezzamento richiesto dall’Amministrazione potrebbe tuttavia divenire più complesso nell’ipotesi in cui, come nel caso in esame, in occasione della visita venga rilevato che è già in corso un processo di rimozione del tatuaggio, al punto che esso non presenta più tratti definiti e non è più chiaramente identificabile.

Al riguardo si rinvengono casi in cui è lo stesso Ministero ad aver attribuito rilevanza al processo di rimozione, provvedendo a sospendere l’accertamento e fissando poi la verifica in un termine generalmente utile alla procedura concorsuale, onde offrire al candidato la possibilità di ripresentarsi con il tatuaggio rimosso. Tale riferita opzione procedurale si è sostanziata in una precisa opzione ermeneutica della richiamata inidoneità, dequotata a non definitiva, e in quanto tale non ostativa, laddove se ne sia dimostrata l’azione chirurgica ablativa in atto (in passato soluzioni di questo tipo sono state anche stimolate dalla giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 dicembre 2013, n. 5779).

7.6. Con riferimento all’ipotesi opposta, in cui l’Amministrazione abbia provveduto all’immediata esclusione del candidato, la giurisprudenza maggioritaria, dalla quale questo Collegio non intende discostarsi, ha solitamente negato rilevanza al processo di rimozione in atto del tatuaggio, facendo applicazione del sopra citato indirizzo secondo cui l’accertamento dei requisiti fisici deve avvenire avuto riguardo al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda di una procedura selettiva, in tal modo garantendo la par condicio tra i candidati (Cons. Stato, n. 4305/2018; da ultimo, Sez. IV, ord. 3849/2019; Sez. IV, ord. 2386/2019; Sez. II, n. 2109/2019; Sez. IV, ord. nn. 4342 e 4346 del 14 settembre 2018, ove, in particolare, si è affermato che è “irrilevante l’inizio della rimozione del tatuaggio”). In particolare, è stato ritenuto che spetti all’interessato dimostrare che, al momento dell’accertamento svolto dall’Amministrazione, fosse già ultimata la procedura di rimozione e, conseguentemente, fosse in toto eliminata la percepibilità visiva del tatuaggio, difettando altrimenti i requisiti psico-fisici per l’assunzione (Sez. IV, ord. 2386/2019).

7.7. Sulla base di tali considerazioni, il Collegio, con specifico riferimento alla fattispecie in esame, rileva che, al momento dell’accertamento concorsuale, la commissione medica, come risulta dal verbale della visita e dalla scheda allegata, ha descritto dettagliatamente le figure tatuate sugli arti superiori (note musicali, stelle e luna), ne ha misurato la lunghezza e ne ha valutato la visibilità ovvero l’impossibilità degli stessi ad essere coperti con l’uniforme estiva (polo manica corta);

7.7.1. Per converso, la candidata (ricorrente in primo grado), al fine di dimostrare che già al momento della visita per accertamenti psico-fisici tenuta in data 23 aprile 2018 il tatuaggio risultava già rimosso residuando solo esiti cicatriziali sulla cute, si limitava a produrre:

a) documentazione fotografica priva di data, dalla quale si evince che la terapia medica di rimozione con laser, quanto meno alla data della prima produzione in giudizio unitamente al ricorso introduttivo (notificato in data 15 giugno 2018), aveva esiti positivi, divenuti poi, quanto meno alla data della seconda produzione documentale (23 gennaio 2019), ottimali;

b) certificato medico privato, con cui si attesta che il trattamento laser per rimozione dei tatuaggi ai polsi destro e sinistro aveva avuto inizio nell’anno 2017 e che alla data del 6 giugno 2018 poteva ritenersi “in via di conclusione”.

7.6. In definitiva, alla luce della documentazione in atti, ferma la sussistenza di adeguata motivazione nel verbale impugnato, non può dirsi che sia stata raggiunta idonea e sufficiente dimostrazione del fatto che, come prospettato dalla candidata, al momento della visita il tatuaggio fosse già rimosso residuando meri esiti cicatriziali, atteso che, da un lato, le allegazioni fotografiche sono prive di data e sono state prodotte successivamente all’accertamento concorsuale, dall’altro, che la certificazione medica versata in atti non è stata rilasciata da una struttura sanitaria pubblica.

8. In ragione di quanto esposto, l’appello deve quindi essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

9. La peculiarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 4156/2019, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 3 ottobre 2019.