Precedenti penali e pendenze giudiziarie non bastano per negare al detenuto l’affidamento al servizio sociale (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 9 giugno 2021, n. 22749).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere –

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere –

Dott. TALERICO Palma – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI VENEZIA

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS) GIANLUCA nato a (OMISSIS) il 04/08/19xx;

avverso l’ordinanza del 27/10/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Palma TALERICO;

lette le conclusioni del PG, Dott. Ettore PEDICINI, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27 ottobre 2020 il Tribunale di sorveglianza di Venezia concedeva a (OMISSIS) Gianluca l’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena residua di anni uno, mesi tre, giorni diciotto di reclusione di cui alla sentenza del Tribunale di Vicenza del 23.5.2016 per reati di truffa e ricettazione, commessi tra settembre e dicembre 2010.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica di Venezia, evidenziando che:

– il Tribunale di sorveglianza avrebbe “minimizzato” la valenza dei precedenti penali del condannato, erroneamente definendoli differenti rispetto a quelli del titolo in esecuzione;

– che avrebbe evitato di valorizzare le attuali pendenze in quanto al prevenuto sarebbero state revocate tutte le misure cautelari;

– che, inoltre, l’ordinanza impugnata andava censurata in relazione alla ritenuta esistenza di un domicilio idoneo nel quale eseguire la misura concessa al (OMISSIS).

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, Dott. Ettore Pedicini, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

4. In data 27 marzo 2021, il difensore del (OMISSIS) ha fatto pervenire presso la Cancelleria di questa Corte memoria difensiva, con la quale ha contrastato le argomentazioni sviluppate nel ricorso e ha chiesto che lo stesso venga dichiarato inammissibile e/o infondato; ha, altresì, depositato la memoria prodotta all’udienza del 27 ottobre 2020 dinnanzi al Tribunale di sorveglianza, corredata da documentazione (aggiornamento relazione U.E.P.E. del 21.10.2020 e dichiarazione della madre del condannato del 23.8.2020).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esplicitate.

E in vero, come osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, il ricorso, oltre a non indicare il parametro normativo di riferimento, non si confronta adeguatamente con la motivazione dell’ordinanza impugnata, finendo per richiedere a questa Corte una diversa valutazione dei dati procedimentali, non consentita nel presente scrutinio di legittimità.

2. Il Tribunale di sorveglianza ha, infatti, verificato concretamente, con motivazione non manifestamente illogica, che, nel caso di specie, ricorressero i presupposti per la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.

In particolare, ha messo in evidenza che la sussistenza di altri pregressi, criminosi non ostassero alla formulazione di un giudizio di limitata pericolosità sociale, tenuto conto del fatto che il più recente di essi risaliva a circa tre anni prima, e che tale giudizio non fosse inficiato dalle pendenze giudiziarie per fatti commessi anche in epoca più prossima, in quanto la misura cautelare più attenuata, applicata in relazione a essi, era stata revocata, avendo il giudice procedente accertato l’inesistenza di un pericolo cautelare e di pericolosità sociale del (OMISSIS).

Ha, inoltre, valorizzato ai fine della concessione della misura alternativa in parola le emergenze della relazione redatta dall’U.E.P.E.: nella specie, la circostanza che il condannato aveva reperito un lavoro presso una cooperativa sociale con sede a Castelfranco Veneto, nonché il sostegno di una valida rete di rapporti familiari; e sulla base di detti elementi ha ritenuto che vi fossero i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e le condizioni che rendevano possibile il suo reinserimento sociale.

Ha, altresì, accertato l’idoneità del domicilio sito a San Zenone degli Ezzelliní, presso l’abitazione dei genitori, dove era stata eseguita la misura degli arresti domiciliari cui era stato sottoposto, alla stregua delle informazioni dei Carabinieri di Onè di Fonte, avendo la madre – come risulta dalla lettura dell’ordinanza impugnata – solamente manifestato il desiderio che il figlio andasse a vivere da solo ma non anche l’intenzione di non accoglierlo in casa.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso, il 14 aprile 2021.

Depositata in Cancelleria il 9 giugno 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.