Previdenza Sociale (INPS) – pensione di anzianità e vecchiaia – contributi (Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 6 febbraio 2018, n. 2835).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25297-2009 proposto da: l D.P.V., (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIACOMO LISI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA VALENTE, SERGIO PREDEN, ALESSANDRO RICCIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1979/2008 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 26/11/2008 r.g.n. 3066/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/10/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza depositata il 26 novembre 2008, la Corte d’appello di Lecce ha riformato la statuizione di primo grado e, in applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777, ha rigettato la domanda proposta dall’attuale ricorrente, volta alla riliquidazione della pensione di vecchiaia sulla scorta delle retribuzioni effettivamente percepite durante i periodi di lavoro effettuati in Svizzera, in luogo di quelle virtuali ricalcolate dall’INPS in rapporto alla diversa incidenza degli oneri contributivi.

2. Contro tale statuizione ricorre D.P.V., con unico motivo di censura.

3. L’INPS resiste con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria.

Motivi della decisione

4. Oggetto del contendere è la legittimità o meno delle modalità di liquidazione della pensione spettante ai cittadini italiani che hanno prestato attività lavorativa in Svizzera.

4.1. I pensionati, infatti, si dolgono del fatto che l’INPS abbia liquidato loro la pensione assumendo come base di calcolo non già la retribuzione effettivamente percepita in tale Paese (come a loro avviso avrebbe dovuto fare in virtù del disposto della L. n. 283 del 1973, art. 1 che, nel ratificare la Convenzione stipulata tra l’Italia e la Svizzera in materia di sicurezza sociale del 4 luglio 1969, aveva fissato il principio secondo cui il calcolo della loro pensione sarebbe stato effettuato come se l’assicurato avesse lavorato in Italia), bensì una retribuzione teorica, ottenuta rapportando la retribuzione effettiva al maggior importo dei contributi previdenziali che sarebbero stati dovuti qualora essi avessero effettivamente lavorato in Italia, secondo modalità poi consacrate dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 777, che, nel dettare l’interpretazione autentica del D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 5, comma 2, ha previsto che esso s’interpreti nel senso che “in caso di trasferimento presso l’assicurazione generale obbligatoria italiana dei contributi versati ad enti previdenziali di Paesi esteri in conseguenza di convenzioni ed accordi internazionali di sicurezza sociale, la retribuzione pensionabile relativa ai periodi di lavoro svolto nei Paesi esteri è determinata moltiplicando l’importo dei contributi trasferiti per cento e dividendo il risultato per l’aliquota contributiva per invalidità, vecchiaia e superstiti in vigore nel periodo cui i contributi si riferiscono”, facendo salvi “i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge”.

5. Tanto premesso, con l’unico motivo il ricorrente deduce l’inapplicabilità della L. n. 296 cit., art. 1, comma 777 e la violazione dell’ultimo capoverso della medesima disposizione recante la clausola di salvaguardia dei trattamenti pensionistici già liquidati alla data di entrata in vigore della legge.

8. Il motivo è infondato.

7. Come già affermato da questa Corte in numerosi precedenti, la liquidazione a cui fa riferimento la norma richiamata deve essere intesa come l’atto conclusivo del procedimento amministrativo con il quale l’Istituto previdenziale accerta la sussistenza del diritto alla prestazione e la misura della stessa e non già con riferimento a quegli ulteriori (eventuali) provvedimenti di ricalcolo attuati a seguito di una pronuncia giudiziale, provvisoriamente esecutiva, ma non ancora definitiva, siccome impugnata.

7.1. In altri termini la legge ha ritenuto di non dover incidere soltanto su quei trattamenti pensionistici già riconosciuti all’esito del procedimento amministrativo di liquidazione che fossero risultati, in concreto, più favorevoli all’assicurato rispetto a quelli derivanti dall’applicazione della disposizione interpretativa (cfr., per tutte, Cass. 13 gennaio 2014, n. 485 e successive conformi).

8. La Corte costituzionale, dopo aver affermato che, nel bilanciamento tra la tutela dell’interesse sotteso all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, e la tutela degli altri interessi costituzionalmente protetti complessivamente coinvolti nella disciplina recata dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777, sussistevano quei preminenti interessi generali che giustificano il ricorso alla legislazione retroattiva, trattandosi in specie di assicurare che il sistema previdenziale risponda a criteri di corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni erogate e di impedire alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri, così garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà che occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali, ha dapprima rilevato come l’art. 1, comma 777 Legge cit., sia ispirato ai principi di uguaglianza e di proporzionalità, in quanto, tenendo conto della circostanza che i contributi versati in Svizzera sono notevolmente inferiori a quelli versati in Italia, si limita ad operare una riparametrazione diretta a rendere i contributi proporzionati alle prestazioni, in modo da livellare i trattamenti per evitare sperequazioni e rendere sostenibile l’equilibrio del sistema previdenziale a garanzia di coloro che usufruiscono delle sue prestazioni (sentenza n. 264 del 2012), e da ultimo ha dichiarato inammissibile l’ulteriore questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame, sollevata da questa Corte, con ordinanza n. 4881 del 2015, per contrasto con l’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6, par. 1, e all’art. 1, Protocollo n. 1 allegato alla CEDU, per come interpretato dalla Corte EDU nella sentenza 15.5.2014 (Stefanetti ed altri c/ Italia).

8.1. Ha osservato, infatti, il giudice delle leggi che la citata sentenza della Corte EDU non evidenzia “un profilo di incompatibilità, con l’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, che sia riferito, o comunque riferibile, alla disposizione nazionale in esame, in termini che ne comportino, per interposizione, il contrasto – nella sua interezza – con l’art. 117 Cost., comma 1”, quanto piuttosto “l’esistenza di una più circoscritta area di situazioni in riferimento alle quali la riparametrazione delle retribuzioni percepite in Svizzera, in applicazione della censurata norma nazionale retroattiva, può entrare in collisione con gli evocati parametri convenzionali e, corrispondentemente, con i precetti di cui agli artt. 3 e 38 Cost.”, e – dato atto che tale area non è stata delineata in termini generali nella sentenza della Corte EDU, il cui giudizio tiene invece conto, “quali “elementi pertinenti”, dei lunghi periodi da quei soggetti trascorsi in Svizzera, della entità dei contributi ivi versati, della loro categoria lavorativa di appartenenza e della qualità dei rispettivi stili di vita” – ha concluso nel senso che “l’indicazione di una soglia (fissa o proporzionale) e di un non superabile limite di riducibilità delle “pensioni svizzere” (…) come pure l’individuazione del rimedio, congruo e sostenibile, atto a salvaguardare il nucleo essenziale del diritto leso, (…) presuppongono, evidentemente, la scelta tra una pluralità di soluzioni rimessa, come tale, alla discrezionalità del legislatore” (così Corte cost. n. 166/2017).

9. Il ricorso, conclusivamente, va rigettato.

10. In considerazione della novità e straordinaria complessità della questione trattata, per il cui esito ultimo è stato necessario attendere il citato pronunciamento del giudice delle leggi, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2018.

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