Simulazione di infermità e truffa militare (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 11 gennaio 2018, n. 1523).

…, omissis …

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

F.M. nato il (OMISSIS) … a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 13/12/2016 della Corte Militare di Appello di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUIGI BARONE

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale L.M. FLAMINI, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore Avv. (OMISSIS) del foro di VERONA in difesa di F.M., che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 13 dicembre 2016, la Corte militare di appello confermava la pronunzia del Tribunale militare di Verona del 9 dicembre 2015 di condanna di M.F. per i reati di simulazione di infermità e truffa militare (artt. 47 n. 2, 159, 234, commi 1 e 2 1 n. 1, cod. pen. mil . pace), commessi attraverso l’utilizzo, nell’arco temporale in contestazione, di otto certificati medici rilasciati da medici di base attestanti sue patologie (dalla lombalgia alla cervico-artrosi cronica alla sinusite mascellare cronica) che consentivano al predetto di godere di periodi di congedo per malattia, percependo ugualmente in tali frangenti la retribuzione.

2. Avverso la decisione ricorre per cassazione l’imputato tramite il proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:

2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 6, comma 2, CEDU (presunzione di innocenza), all’art. 187 cod. proc. pen. (onere della prova a carico della parte pubblica); all’art. 192, commi 1 e 2, cod. proc. pen. (errata valutazione della prova); agli artt. 159 (simulazione di infermità) e 234, commi 1 e 2 n. 1, cod. pen. mil . pace (truffa militare aggravata).

La Corte ha ritenuto dimostrato il reato contestato per l’intero arco temporale in contestazione, eccettuando quei periodi nei quali si era raggiunta la prova negativa di effettiva sussistenza degli stati dolorosi sofferti dall’imputato.

Ciò, in tesi difensiva, è equivalso ad una indebita inversione dell’onere della prova a carico della difesa «obbligata a dare riscontro anche in ordine alla congruità e proporzionalità dei periodi di malattia sofferti dall’imputato». In altri termini, si sostiene che i giudici del merito nel valutare l’ampia documentazione prodotta dalla difesa (richiamata in ricorso dalle pagine 6 a 12) avrebbero erroneamente da questa tratto occasionali stati di incapacità del Ferri e non, come sarebbe stato logico dedurre, una cronica condizione invalidante da estendere all’intera durata dell’assenza del predetto dal servizio.

2.2. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, derivante dalla omessa considerazione delle prove offerte dalla difesa.

Lamenta, nello specifico, (p. 14 del ricorso) che << …, a fronte di cinque ricoveri documentati in strutture di Pronto Soccorso (le uniche…alle quali …[i giudici del merito] hanno inteso dare fiducia) sono stati ritenuti probanti solo quattro certificati, due dei quali …con erronea indicazione dei periodi».

Più in generale, si duole dell’«irragionevole ed infondata esclusione di tutta la certificazione diversa da quella proveniente da strutture di Pronto Soccorso», benché si trattasse di certificazioni riconducibili a fonti non meno qualificate, vale dire medici specialisti che, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, «con riferimento ai rispettivi periodi di visita del paziente, [avevano riscontrato] lo stato di acutizzazione della patologia del Ferri».

La scelta operata dai giudici di accordare credito solo alle certificazioni provenienti dal Pronto Soccorso, oltre ad essere censurabile per la sua discrezionalità, inficia di contraddittorietà l’iter argomentativo a sostegno della decisione resa risultando del tutto singolare l’andamento a corrente alternata della condotta simulatoria dell’imputato, tale innanzi ai medici di fiducia e non in occasione dei ricoveri al Pronto Soccorso.

Osserva, peraltro, che, a voler dar credito alla tesi accusatoria, non si comprende quale interesse avrebbe spinto il Ferri a sottoporsi alle visite specialistiche private, nei giorni “coperti” dalla prognosi di guarigione indicati nelle certificazioni del pronto Soccorso.

Consegue a tali rilievi il mancato raggiungimento, nella fattispecie in esame, della prova della simulazione da parte dell’imputato e, al riguardo, il ricorrente eccepisce ulteriormente «le suggestioni» valutative in cui sarebbero incorsi i giudici del merito «nello scegliere, tra interpretazioni possibili, in relazione ai fatti – peraltro ben poco attinenti alla malattia del F. e pertanto alla valutazione della congruità dei periodi di malattia – invariabilmente quelle meno favorevoli all’imputato».

Si menzionano, altresì, sul punto, (pp. 22-23 del ricorso) «la scelta di farsi seguire da un medico diverso da quello di base assegnatogli»; «l’assunzione di farmaci specifici per la patologia nella sua fase acuta…[tale da consentirgli comunque di alleggerire e far scomparire il dolore…[e recarsi al lavoro]»; «il recarsi in palestra per seguire attività posturale [interpretata dai giudici come]…sinonimo del fatto che il prevenuto poteva svolgere normale attività sportiva eludendo solo quella lavorativa».

Eccepisce, ancora:

– l’inattendibilità dei testi di accusa che hanno riportato le confidenze dell’imputato di farsi riformare prima della pensione, avendo i giudici trascurato «la spiccata antipatia dei predetti nei confronti dell’imputato, al punto di «stendere nei confronti del predetto un memorandum».

– la valenza probatoria riconosciuta al perito dott. T.i (pp. 24-26 del ricorso) il cui contributo si appalesa neutro ai fini accusatori e difensivi, in quanto il predetto, da un lato aveva attestato la cronicità, la recidiva e la possibilità di fasi di acuzie della patologia del Ferri, dall’altro aveva dichiarato la propria incapacità di identificare la collocazione temporale e la durata della patologia medesima.

Lamenta, infine, l’errato concetto di malattia seguito dai giudici nella valutazione operata, ancorato ad una valenza assoluta, senza considerare che nel caso di patologia invalidante al lavoro ciò che rileva è soltanto l’impossibilità per l’interessato di svolgere le mansioni cui è proposto. Per esemplificare l’assunto si cita l’esempio del pianista con un polso slogato che, pur non essendo in grado di suonare, può certamente fare la spesa, recarsi dal fisioterapista e svolgere le proprie quotidiane e personali attività.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile in quanto si articola in motivi che non superano la soglia della genericità, corredati da valutazioni in fatto non consentite in sede di legittimità.

2. La corte militare territoriale – sulla scorta anche di quanto già affermato dal giudice di primo grado – ha ritenuto raggiunta la prova piena della responsabilità dell’imputato per i reati ascrittigli sulla base dei seguenti elementi: l’anonim consistente estensione temporale di alcuni periodi di convalescenza prescritti al F. dal proprio medico di fiducia;

– l’immotivata ed incomprensibile scelta dell’imputato di rivolgersi per il rilascio di questi certificati ad un medico diverso da quello curante che ben conosceva il suo pregresso stato di salute;

– la condotta tenuta dall’imputato in entrambe le occasioni in cui era stato giudicato idoneo allo svolgimento del servizio da parte delle competenti commissioni mediche militari, consistita nel rivolgersi il giorno successivo a tali giudizi al «solito>> medico di “fiducia” che gli concedeva ulteriori giorni di riposo, pur senza attestare l’insorgenza di manifestazioni acute della patologia;

– il silenzio serbato dall’imputato ai medici privati in merito alle visite mediche suindicate conclusesi con un giudizio di idoneità al servizio;

– l’aver contribuito il F. sia alla formulazione della diagnosi (che veniva dai sanitari di fiducia emessa sulla base della sintomatologia a loro riferita dal paziente),sia alla indicazione della prognosi che veniva concordata riguardo agli estremi temporali in modo da renderla confacente alle esigenze del prevenuto collegate anche ai periodi di festività;

– lo svolgimento nel periodo in contestazione di normali attività di vita quotidiana da parte dell’imputato senza evidenziazioni di particolari sofferenze;

– le confidenze del F.ad alcuni colleghi della sua aspirazione ad ottenere un provvedimento di riforma per motivi di salute;

– i risultati della perizia medico-legale (disposta, in secondo grado, su sollecitazione della difesa) secondo cui «appare verosimile che nell’arco di tempo oggetto di contestazione, il periziando abbia potuto lamentare fasi di acuzie della patologia di riferimento, ma tali fasi si ritiene siano state circostanziali, di durata limitata e tali comunque da non estendersi all’intero periodo di convalescenza fruito, la cui collocazione però non è possibile identificare>>.

3. Si tratta di un percorso argomentativo che consente di apprezzare una compiuta e logica analisi critica degli elementi di prova, sviluppata in un organico quadro interpretativo, in grado di conferire all’affermazione di responsabilità dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio il crisma della plausibilità.

Ciò esclude in radice qualsiasi fondamento alle eccepite (peraltro, come si dirà, genericamente) violazioni di legge [art. 6, comma 2, CEDU (presunzione di innocenza); art. 187 cod. proc. pen. (onere della prova a carico della parte pubblica); art. 192, commi 1 e 2, cod. proc. pen. (errata valutazione della prova); artt. 159 (simulazione di infermità) e 234, commi 1 e 2,n. 1, cod. pen. mil . pace (truffa militare aggravata)].

4. Il ricorso, sostanzialmente articolato in fatto, non incide affatto sulla solidità della motivazione.

Il fondamento della decisione impugnata è da individuare nell’assunto per cui il F. era affetto da una patologia che, pur acutizzandosi in certi momenti in crisi effettivamente invalidanti, gli consentiva di norma l’espletamento delle funzioni di servizio.

La difesa ha tentato in sede di merito di smontare la tesi accusatoria, confutandone il presupposto per cui la cronicità della patologia era, da sola, sufficiente a produrre gli effetti invalidanti.

5. Il ricorso presenta, innanzi tutto, il limite di una lettura atomistica dei singoli elementi che, come tale, sfugge alla logica complessiva della decisione impugnata (Sez. 2, Sentenza n. 9269 del 05/12/2012 – dep. 27/02/2013 – Rv. 254871).

Al di là di questo primo rilievo, le censure oggi riproposte non sono rivolte, come avrebbero dovuto, alla tenuta logica della motivazione della decisione di merito, ma si concretizzano in valutazioni:

– meramente assertive (come nel caso delle dedotte violazioni di legge, indicate nel paragrafo precedente, o ancora della eccepita errata nozione di malattia che si assume essere alla base della decisione impugnata);

– congetturali (come la dedotta mancanza di interesse dell’imputato, nei giorni “coperti” dalla prognosi di guarigione espressa nelle certificazioni del pronto Soccorso, di sottoporsi alle visite specialistiche da medici compiacenti);

– non conferenti, come nel caso delle dedotte discrasie in sentenza sul numero e le date dei ricoveri del F.in strutture di Pronto Soccorso; in questo caso il ricorrente omette di considerare che uno dei certificati (quello del 21 febbraio 2012) esula dall’arco temporale dell’imputazione (dal 13 giugno 2012 al 31.1.2014); mentre, in merito alle inesatte indicazioni delle date di due dei restanti quattro ricoveri, non spiega in che termini le stesse avrebbero potuto incidere sulla valutazione complessiva operata dalla corte territoriale e quindi sul tenore della decisione impugnata;

– meramente confutative (come nel caso delle censurate valutazioni contenute nella decisione impugnata relative alle conclusioni peritali; alle dichiarazioni dei testi di accusa che avevano riferito le confidenze dell’imputato di voler farsi riformare prima della pensione; alla documentazione sanitaria proveniente dai medici di fiducia dell’imputato; o come nel caso delle eccepite <> valutative in cui sarebbero incorsi i giudici <interpretazioni possibili. ..quelle meno favorevoli all’imputato»; nell’attribuire valenza probatoria assegnatogli …[e di] recarsi in palestra per seguire attività posturale [interpretata dai giudici come]…sinonimo del fatto che il prevenuto poteva svolgere normale attività sportiva eludendo solo quella lavorativa»).

6. Con riferimento alla gran parte delle doglianze suindicate la difesa ha prospettato anche alternative letture in fatto che, come è noto, non sono consentite in sede di legittimità e che, pertanto, non valgono a conferire ai correlati motivi di impugnazione la necessaria specificità (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 5, n. 28011 del 5/02/2013, Sammarco, Rv. 255568).

7. Al riguardo, è appena il caso di ricordare che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, il vizio di manifesta illogicità della motivazione che, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e, cod. proc. pen., legittima il ricorso per cassazione, deve risultare dal testo stesso del provvedimento impugnato, il che vuoi dire, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare, in tale sede, che l'”iter” argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro “iter”, in tesi egualmente corretti sul piano logico.

7.1. Ne consegue che, una volta che il giudice (come accaduto nel caso di specie) abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903 e, tra le più recenti, Sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, Rv. 253099).

8. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro duemila.

P.Q.M. 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle ammende. 

Così deciso il 9 novembre 2017

Depositata in Cancelleria l’11 gennaio 2018.