Appropriazione indebita (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 7 novembre 2017, n. 50672).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente –

Dott. RAGO Geppino – Consigliere –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –

Dott. PARDO Ignazio – Rel. Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorso proposto dal Procuratore Generale presso Corte d’Appello di Taranto e dalla parte civile B.A.M., nato il (OMISSIS) nel procedimento a carico di:

C.G., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 12/01/2017 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Pardo Ignazio; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa Zacco Franca che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;

udito il difensore avv.to Giusti Egidio per la parte civile che chiede l’accoglimento del ricorso e deposita conclusioni e nota spese.

Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza in data 12 gennaio 2017 la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava l’assoluzione di C.G. imputata del delitto di appropriazione indebita, ritenendo che la stessa, quale contitolare di un immobile, avendo incassato l’intero corrispettivo della locazione senza versarne alcuna parte alla comproprietaria B.A.M. non avesse posto in essere una condotta punibile ex art. 646 c.p..

1.2 Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Taranto e la parte civile; il primo deduceva violazione di legge e vizio della motivazione perché l’imputata aveva acquisito il possesso esclusivo dell’immobile e percepito indebitamente l’intero canone di locazione così consumando il contestato delitto agendo all’insaputa della comproprietaria parte civile.

Quest’ultima lamentava la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), posto che l’imputata aveva agito quale unica proprietaria e possessore dell’immobile compiendo un atto di spoglio, accertato anche in sede civile come verificato nel relativo procedimento, travalicando i limiti del compossesso tramutato in possesso esclusivo così commettendo il contestato delitto di appropriazione indebita, peraltro protratto anche a seguito della condotta di mancato versamento delle somme dovute alla parte civile.

Motivo della decisione

2.1 I ricorsi sono manifestamente infondati e devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

Ed infatti in tema di possesso di somme di denaro questa Corte, con affermazione risalente nel tempo ma ancora valida stante l’immutabilità del quadro normativo di riferimento, ha affermato che la specifica indicazione del ‘denaro’, contenuta nell’art. 646 c.p., rende evidente che il legislatore ha inteso espressamente precisare, allo scopo di evitare incertezze e di reprimere gli abusi e le violazioni del possesso del danaro, che anche questo può costituire oggetto del reato di appropriazione indebita, in conseguenza del fatto che anche il danaro, nonostante la sua ontologica fungibilità, può trasferirsi nel semplice possesso, senza che al trasferimento del possesso si accompagni anche quello della proprietà.

Ciò di norma si verifica, oltre che nei casi in cui sussista o si instauri un rapporto di deposito o un obbligo di custodia, nei casi di consegna del danaro con espressa limitazione del suo uso o con un preciso incarico di dare allo stesso una specifica destinazione o di impiegarlo per un determinato uso: in tutti questi casi il possesso del danaro non conferisce il potere di compiere atti di disposizione non autorizzati o, comunque, incompatibili con il diritto poziore del proprietario e, ove ciò avvenga si commette il delitto di appropriazione indebita (Sez. 2, n. 4584 del 25/10/1972, Rv. 124301).

Ne deriva affermare che il denaro può essere oggetto di interversione nel possesso, e conseguente appropriazione indebita solo quando sia consegnato dal legittimo proprietario, ad altri con specifica destinazione di scopo che venga poi violata attraverso l’utilizzo personale da parte dell’agente; solo ove il mandatario violi quindi il vincolo fiduciario che lo lega al mandante e destini le somme a scopi differenti da quelli predeterminati può integrarsi una condotta di appropriazione indebita.

Viceversa, ove si sia in presenza del mancato versamento al contitolare di quote di somme incassate personalmente, l’inadempimento dell’obbligo non determina l’integrazione della fattispecie delittuosa di cui all’art. 646 c.p., poiché non vi è alcuna violazione del vincolo fiduciario.

Analogo principio risulta già affermato da questa Corte in tema di mutuo essendosi stabilito che ai fini della configurabilità del delitto di appropriazione indebita, qualora oggetto della condotta sia il denaro, è necessario che l’agente violi, attraverso l’utilizzo personale, la specifica destinazione di scopo ad esso impressa dal proprietario al momento della consegna, non essendo sufficiente il semplice inadempimento all’obbligo di restituire somme in qualunque forma ricevute in prestito (Sez. 2, Sentenza n. 24857 del 21/04/2017 Ud. (dep. 18/05/2017) Rv. 270092).

Correttamente pertanto nel caso in esame la Corte di appello con le specifiche osservazioni contenute alle pagine 4-5 dell’impugnata pronuncia ha affermato che pur a fronte della sicura illegittimità della condotta della C., la quale incamerava l’intero importo della locazione senza versare la quota dovuta alla comproprietaria dello stesso immobile, non avendo quest’ultima mai sottoscritto il contratto nè incaricato l’imputata di ritirare la propria quota di denaro con obbligo di successivo versamento ad essa parte civile, il  delitto di appropriazione indebita non può configurarsi.

Difatti, va ancora aggiunto e precisato, che l’importo della locazione non costituisce un “frutto” dell’immobile, sicché per il suo solo sorgere ne deriva l’obbligo del comproprietario di versarne parte al contitolare, quanto il profitto della cessione in locazione effettuata, abusivamente ma del tutto autonomamente, dall’imputata all’insaputa della parte civile odierna ricorrente.

Pertanto, pur essendo indiscutibile ed incontestato in questa sede l’inadempimento all’obbligo di versamento delle somme dovute alla comproprietaria commesso dall’imputata, la stessa non può essere chiamata a rispondere del reato contestatole.

Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna della ricorrente parte civile al pagamento delle spese processuali.

Non sussistono invece i presupposti ai sensi dell’art. 616 c.p.p., per la condanna della ricorrente parte civile al versamento della somma a favore della cassa delle ammende in ragione della condotta illecita subita dalla stessa ad opera dell’imputata che induceva la prima anche a sporgere querela penale.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la parte civile B.A.M. al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2017.