Può dire addio al mantenimento il figlio che fa lo studente a tempo perso e frequenta l’università con scarso rendimento arenandosi con gli esami.
Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 1858/2016, tornando a dire la sua sul mantenimento dei figli “bamboccioni”.
Nel caso portato all’attenzione della prima sezione civile, una mamma chiedeva la revoca dell’assegno di mantenimento di 400 euro al mese da corrispondere ai figli conviventi con il padre.
La sua richiesta veniva accolta dalla corte d’appello che revocava il contributo, ma l’ex marito adiva la Cassazione per sentir affermare le sue ragioni, cadendo però dalla padella nella brace.
Per gli Ermellini, infatti, il ricorso è infondato e il contributo va revocato a carico della madre.
Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne, spiega infatti piazza Cavour, “cessa ove il genitore onerato dia prova che il figlio abbia raggiunto l’autosufficienza economica pure quando il genitore provi che il figlio, pur posto nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbia tratto profitto, sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata e corrispondente alla professionalità acquisita“.
E nella vicenda è chiaro che i genitori hanno dato ad entrambi i figli l’opportunità di proseguire gli studi e frequentare l’università, ma nessuno dei due ha saputo trarne profitto, non dando prova di brillanti risultati visto che uno era iscritto al terzo anno di scienze biologiche e aveva superato soltanto 4 esami, l’altro era al quarto anno fuori corso in beni culturali e aveva sostenuto meno della metà degli esami complessivi.
Pertanto, il ricorso è respinto e l’assegno revocato.