Cassazione: no al sequestro del libretto se sul conto c’è solo la pensione sotto soglia (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 4 marzo 2020, n. 8822).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Rel. Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Iannuzzo Angela, nata il xx/xx/xxxx a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 15/10/2019 del Tribunale di Agrigento;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marco Dall’Olio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata il 15/10/2019 il Tribunale di Agrigento ha confermato il provvedimento del GIP del Tribunale di Agrigento con cui è stata rigettata una richiesta di restituzione presentata da Iannuzzo Angela, soggetto terzo, rispetto a Graci Giuseppina, destinataria di provvedimento di sequestro preventivo funzionale a confisca diretta o per equivalente, caduto fra l’altro su un dossier titoli cointestato, avente un controvalore di euro 19.000,00 circa, e su un libretto di deposito a risparmio, parimenti cointestato, avente un saldo di euro 439,59.

2. Ha presentato ricorso la Iannuzzo tramite il suo difensore.

2.1. Deduce con il primo motivo violazione di legge in relazione agli artt. 321 cod. proc. pen. e 545 cod. proc. civ. e vizio di motivazione.

Sotto un primo profilo il Tribunale aveva disatteso l’orientamento secondo cui alla luce della nuova formulazione dell’art. 545 cod. proc. civ. il sequestro non può riguardare una somma corrispondente al triplo dell’assegno sociale, a fronte dell’impignorabilità degli assegni pensionistici di pertinenza della Iannuzzo, che venivano accreditati sul libretto, risultando il saldo inferiore al limite di impignorabilità.

Sotto un secondo profilo contesta l’interpretazione fornita dal Tribunale di documentazione prodotta, riguardante accrediti da parte di Deutsche Post AG, che parimenti avrebbero dovuto intendersi riferibili a ratei pensionistici di reversibilità di pertinenza della Iannuzzo, anche se per un errore del sistema bancario per un certo periodo era stato fatto riferimento anche a Graci Giuseppina.

2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al dossier titoli.

Il Tribunale aveva disatteso il principio per cui grava sul P.M. l’onere di dimostrare la disponibilità in capo al destinatario, oltre lo schermo dell’intestazione a terzi.

Inoltre non aveva considerato i limiti entro i quali avrebbe potuto procedersi a sequestro funzionale a confisca, correlato al risparmio di spesa derivante da violazione fiscale, non potendosi sottoporre a vincolo somme entrate nella disponibilità per crediti sorti dopo la commissione del reato.

Inoltre era stata prodotta documentazione da cui era dato comprendere l’andamento dal 2009 e il fatto che i titoli venivano a mano a mano svincolati per esigenze familiari, a fronte di reati risalenti al 2014, ferma restando la possibilità di dimostrare l’esclusiva proprietà in capo al terzo.

2.3. Ha depositato ulteriore memoria il difensore della ricorrente insistendo negli argomenti a fondamento dei due motivi di ricorso e fra l’altro osservando che la cointestazione era sopravvenuta alla maggiore età della Graci e che gran parte delle operazioni erano riferibili alla Iannuzzo, la quale era assistita da buona fede e non avrebbe potuto essere attinta da provvedimenti di sequestro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è fondato.

La ricorrente ha idoneamente suffragato l’assunto che sul libretto di deposito confluivano ratei di pensione a lei riferibili e ha invocato l’estensione del principio di impignorabilità anche al sequestro preventivo a fini penali.

1.1. Deve al riguardo richiamarsi in primo luogo il consolidato orientamento in forza del quale anche in materia di sequestro preventivo possono applicarsi i principi dettati da norme speciali in materia di limiti di pignorabilità e sequestrabilità di somme rivenienti da trattamenti retributivi e pensionistici, limiti volti a garantire i diritti inalienabili della persona (sul punto Cass. Sez. 2, n. 15795 del 10/2/2015, Intelisano, rv. 263234; Cass. Sez. 1, n. 41905 del 23/9/2009, Cardilli, rv. 245049; Cass. Sez. 6, n. 25168 del 16/4/2008, Puliga, rv. 240572).

Va altresì rimarcato come si siano susseguiti nel tempo plurimi interventi della Corte costituzionale, riferiti al c.d. minimo vitale, tale da giustificare i limiti all’azione di rivalsa dei creditori (sul punto Corte cost. 183 del 2009, 256 del 2006, 506 del 2002, 55 del 1991), anche se di incerta definizione, tanto da essere rimessi, in assenza di parametri definiti, alla valutazione del giudice dell’esecuzione.

1.2. Sta di fatto tuttavia che, sulla base di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, si riteneva che le somme, pur rivenienti da emolumenti pensionistici, una volta acquisite ed entrate a far parte del patrimonio del beneficiario, si confondessero con quest’ultimo, rendendo inapplicabili i limiti sanciti dall’art. 545 cod. proc. civ. (Cass. civ. Sez. 1, 17732 del 6/8/2014, rv. 632650).

Tale principio era stato condiviso anche in sede penale con riguardo ai limiti del sequestro preventivo, essendosi invero affermato che per le somme percepite dal lavoratore a titolo di credito di lavoro o di pensione e confluite nella sua disponibilità non fossero applicabili i limiti in materia di pignorabilità sanciti dall’art. 545 cod. proc. civ., riferibili solo ai crediti vantati nei confronti del datore di lavoro (sul punto Cass. Sez. 3, n. 12902 del 20/11/2015, dep. nel 2016, Merli, rv. 266761).

D’altro canto la Corte costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale delle norme che impongono la rimessa in conto corrente di stipendi e pensioni oltre un determinato importo, per contrasto con gli artt. 38 e 3 Cost., l’aveva dichiarata inammissibile, rilevando che era il credito inerente al saldo di conto corrente a non godere dell’impignorabilità, ma aveva formulato un monito al legislatore, sottolineando il pericolo della perdita di un diritto sociale incomprimibile a seguito della mera confluenza delle somme sul conto corrente (Corte cost. n. 85 del 2015)

1.3. E’ in tale quadro che si colloca la riforma dell’art. 545 cod. proc. civ. introdotta dal d.l. 83 del 2015, convertito dalla legge 132 del 2015, secondo cui, con riferimento alle azioni esecutive iniziate successivamente, «Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace».

Ciò significa che è stato dato rilievo alla distinzione tra crediti e risparmi e che è stato introdotto un diverso limite per le due tipologie, correlate al fatto che il pignoramento sia successivo all’accredito ovvero contestuale o precedente rispetto ad esso (per tale complessiva analisi si rinvia a Cass. Sez. L, n. 26042 del 17/10/2018, rv. 651193).

1.4. A tale stregua deve ritenersi che il limite stabilito in materia in impignorabilità dalla nuova formulazione dell’art. 545 cod. proc. civ. possa essere esteso, sulla base dei canoni interpretativi di cui si è già detto, anche alla materia del sequestro preventivo, in funzione della tutela dei diritti inviolabili e della garanzia del minimo vitale (del resto Cass. Sez. 3, n. 12902 del 20/11/2015, dep. nel 2016, Merli, rv. 266761, cit. aveva escluso la possibilità di far riferimento alla nuova disciplina raione temporis, mentre non può condividersi, sulla base della complessiva analisi di tipo sistematico, l’assunto, esposto in motivazione da Cass. Sez. 3, n. 44912 del 7/4/2016, Bernasconi, rv. 268771, secondo cui tale disciplina sarebbe riferibile esclusivamente al processo di esecuzione), risultando dunque rilevante anche ai fini in esame la distinzione tra crediti e risparmi e dovendosi assicurare, in caso di accrediti effettuati prima dell’apposizione del vincolo, il minimo previsto dalla legge, in misura non inferiore al triplo dell’assegno sociale, senza che possa assumere rilievo la confusione con il restante patrimonio nell’ambito del conto corrente, purché sia attestata la causale dei versamenti (sul punto si richiama specificamente Cass. Sez. 6. n. 13422 del 13/3/2019, Feriozzi, non mass.; nonché Cass. Sez. 3, n. 14606 del 14/3/2019, Di Franco, rv. 275386).

1.5. Poiché il saldo del libretto di deposito a risparmio è inferiore alla soglia di insequestrabilità, deve sul punto annullarsi senza rinvio l’ordinanza impugnata, disponendosi la restituzione del libretto all’avente diritto.

2. Il secondo motivo è inammissibile.

Le relative doglianze difensive risultano manifestamente infondate o inerenti a profili non deducibili con ricorso riguardante misure cautelari reali, consentito solo per violazione di legge.

Va invero rimarcato come i rilievi inerenti ai limiti della confisca diretta non sono pertinenti, in quanto il sequestro è stato disposto anche per equivalente, in relazione ai valori concretamente individuati.

D’altro canto le deduzioni relative all’onere probatorio gravante sul P.M. non si confrontano con il dato di fondo della intestazione del dossier titoli anche a Graci Giuseppina, risolvendosi per contro in censure alla motivazione le doglianze inerenti alla valutazione della documentazione prodotta dalla ricorrente, essendosi peraltro osservato da parte del Tribunale che i rendiconti, il controvalore ad un certa data e la composizione del portafoglio non valgono a dimostrare l’inerenza esclusiva del cespite alla Iannuzzo.

Deve aggiungersi che non assume alcun rilievo, tanto meno nella prospettiva di una confisca di valore, la deduzione riguardante l’origine risalente dell’accumulo e la concreta utilizzazione per le esigenze familiari, a fronte della certa disponibilità del bene da parte della Graci. Introducono elementi di merito e non sono dunque consentite in questa sede le osservazioni formulate nella memoria difensiva, comunque inidonee a dar conto della estraneità della Graci alla titolarità e alla disponibilità del cespite.

3. In conclusione il ricorso va accolto in relazione al primo motivo nei termini sopra indicati con declaratoria di inammissibilità nel resto.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al libretto di risparmio n. (OMISSIS) con saldo di euro 439,59, disponendo la restituzione all’avente diritto.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.

Così deciso in Roma, l’8/01/2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.