Minaccia con l’uso delle armi (Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, Sentenza 26 agosto 2020, n. 24240).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SETTIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CASA Filippo – Presidente

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – Rel. Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

INTILLA ANTONIO ROSARIO nato a SAN CATALDO il 27/12/1956;

avverso la sentenza del 18/06/2019 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;

dato avviso alle parti;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Stefano APRILE.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di CALTANISSETTA, con sentenza in data 18/06/2019, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di CALTANISSETTA, in data 03/05/2016, nei confronti di INTILLA ANTONIO ROSARIO in relazione al reato di cui agli artt. 612 c.p. e 2 e 4 I. n. 895 del 1967.

Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, denunciando il vizio della motivazione con riguardo alla responsabilità in considerazione del discordanze emerse nelle dichiarazioni dei testimoni, la violazione di legge per la mancata assunzione di una prova decisiva e la violazione di legge per essere stata esclusa l’attenuante di cui all’articolo 5 della legge n. 895 del 1967 in considerazione dei precedenti penali e del comportamento dell’imputato.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché generico e non specifico.

Il ricorso è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerarsi non specifici.

La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).

Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.

Nel caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.

Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché generico là dove non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che ha ritenuto non decisive le prove richieste dalla difesa in sede di appello con una motivazione che non viene specificamente criticata.

È inammissibile anche il terzo motivo di ricorso perché de-assiale in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che ha escluso l’applicabilità della circostanza attenuante in considerazione la potenzialità offensiva dell’arma.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 03/07/2020.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.