E’ furto con destrezza rubare un portafoglio all’interno di un Ospedale (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 5 luglio 2021, n. 25485).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Rel. Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ADRIANO nato a (OMISSIS) il 14/07/19xx;

avverso la sentenza del 04/04/2019 della CORTE APPELLO di POTENZA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa Paola BORRELLI;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Dott. Luigi GIORDANO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza impugnata è stata emessa il 4 aprile 2019 dalla Corte di appello di Potenza, che ha confermato la condanna pronunziata dal Tribunale della stessa città nei confronti di Adriano (OMISSIS) per il reato di furto del portafogli di una visitatrice di una paziente ricoverata in ospedale, furto aggravato dalla destrezza e dall’avere commesso il fatto su cose esistenti in edifici pubblici.

2. Contro l’anzidetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, affidandosi a due motivi.

2.1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della circostanza aggravante della destrezza.

Sarebbe frutto di un travisamento l’avere ritenuto che l’imputato avesse eluso la sorveglianza della persona offesa — che, quando egli era entrato nella stanza di degenza della suocera, dove si trovava il portafogli, era intenta a parlare a telefono fuori la stanza — approfittando dell’equivoco di ritenere che il prevenuto fosse un visitatore oppure un dipendente dell’ospedale; tale approfittamento non vi era stato né era stato lamentato dalla persona offesa.

Prosegue il ricorso affermando che la persona offesa (OMISSIS) non stava effettuando alcuna vigilanza sulla sua borsa e la paziente (OMISSIS) si era subito accorta del fatto, tanto che aveva urlato a gran voce per richiamare la nuora.

In conclusione, il ricorrente ritiene che non vi siano i presupposti dell’aggravante in discorso come delineati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 34090 del 2017 e dalla giurisprudenza delle Sezioni semplici.

2.2. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. e vizio di motivazione perché l’unico elemento a carico del prevenuto era costituito dal ritrovamento, in suo possesso, di parte della refurtiva, mentre egli non era stato riconosciuto dalla persona offesa né era stato fermato mentre si dava alla fuga, ma, al contrario, mentre percorreva la strada esterna al nosocomio in direzione di quest’ultimo, come riferito dal teste (OMISSIS).

3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, evidenziando come sussistessero i presupposti, individuati dalla giurisprudenza di questa Corte, della circostanza aggravante della destrezza e come vi fossero plurimi elementi dai quali trarre la prova della riconducibilità del fatto all’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.

1. Il primo motivo di ricorso — che concerne il riconoscimento della circostanza aggravante della destrezza — è infondato.

Il Collegio intende dare seguito alla giurisprudenza della Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “La circostanza aggravante della destrezza di cui all’art. 625, primo comma, n. 4, cod. pen., richiede un comportamento dell’agente, posto in essere prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, astuzia o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul bene stesso; sicché non sussiste detta aggravante nell’ipotesi di furto commesso da chi si limiti ad approfittare di situazioni, dallo stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore dalla cosa” (Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088).

Nel caso di specie, il ricorrente ha tenuto una condotta particolarmente abile, che merita l’aggravamento sanzionatorio, in quanto egli non si è limitato ad approfittare del momentaneo allontanamento della persona offesa dalla stanza, ma ha attuato un comportamento eloquente di una particolare abilità esecutiva che ha bypassato ogni forma di vigilanza.

L’imputato, infatti, ha eluso la sorveglianza sul bene, che non era stato lasciato alla mercè di chiunque, ma che era riposto all’interno della borsa della persona offesa, a sua volta collocata all’interno della stanza di degenza della suocera, ove quest’ultima si trovava in quel momento, stanza dinanzi alla quale sostava altresì la (OMISSIS), intenta a parlare al telefono.

(OMISSIS), quindi, si è mosso con grande velocità, volgendo a proprio favore l’allettamento della suocera della persona offesa, che ha potuto solo reagire gridando, ma non opponendosi alla sottrazione e non riuscendo, comunque, data la velocità esecutiva, ad attirare l’attenzione di qualcuno che potesse impedire l’apprensione del portafogli.

Non può essere poi trascurato che il prevenuto è riuscito anche ad eludere la sorveglianza che la vittima comunque esercitava sui suoi beni, ancorché non si trovasse, in quel momento, all’interno della camera.

Ciò rende ininfluente — rispetto alla tenuta della sentenza impugnata — l’effettivo travisamento della prova che si è registrato, laddove la (OMISSIS) non ha mai riferito di avere pensato che il soggetto visto entrare nella stanza fosse il visitatore dell’altra degente ovvero che egli appartenesse al personale di servizio dell’ospedale; né ha rilievo, di fronte alla ratio decidendi sopra illustrata, che la Corte di appello abbia valorizzato, ai fini della destrezza, anche un posterius non funzionale all’impossessamento del portafogli, vale a dire la condotta del prevenuto allorché, dopo il fatto, se n’era liberato.

2. Il secondo motivo di ricorso — quanto al giudizio di colpevolezza dell’imputato — è aspecifico, versato in fatto e manifestamente infondato, in quanto agita alcune circostanze fattuali, trascurandone peraltro altre.

In particolare, la Corte territoriale ha valorizzato le circostanze emerse dalle deposizioni di (OMISSIS) e della persona offesa, nonché dal verbale di arresto dei Carabinieri, da cui si evince che, poco dopo il trafugamento, il prevenuto era stato rintracciato nei pressi dell’ospedale e trovato in possesso dell’assegno contenuto nel portafogli, testimonianza inequivocabile della riconducibilità del fatto avvenuto poco prima proprio a lui.

Quella del ricorrente — secondo cui quest’ultimo poteva avere ritrovato a terra l’assegno smarrito dalla vittima — è una tesi del tutto congetturale e vorrebbe il verificarsi di una singolare coincidenza, secondo la quale la vittima avrebbe perso l’assegno dal portafogli e qualcuno le avrebbe poco dopo rubato proprio quel portafogli dove esso era originariamente custodito. Peraltro, una spia dell’inammissibilità del ricorso si evince anche dalla deduzione della violazione dell’art. 192 cod. proc. pen.

Come più volte osservato da questa Corte — e di recente ribadito dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027) — non è consentito il motivo di ricorso con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. ed in difetto di una espressa sanzione di inutilizzabilità, nullità, inammissibilità, decadenza.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 27/4/2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.