Cade dalle scale condominiali, ma non riceve il risarcimento perché conosceva lo stato dei luoghi (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 23 marzo 2022, n. 9437).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28651-2019 proposto da:

(OMISSIS) FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA, “VIA (OMISSIS) 82, presso lo studio dell’avvocato LEONIDA (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) 9 – SASSARI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) 14, presso lo studio dell’avvocato CECILIA MARIA VITTORIA (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati CESARE (OMISSIS), NICCOLO’ LUCCHI (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 110/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata l’8/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2013 Francesco (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Sassari il condominio del fabbricato sito a Sassari, via (OMISSIS) n. 9, esponendo che il 14 agosto 2011, nel discendere una rampa delle scale condominiali, cadde a causa del cattivo stato di manutenzione dei gradini, scheggiati, scivolosi e privi di accorgimenti antiscivolo.

Dedusse di avere riportato lesioni personali in conseguenza della caduta, e chiese la condanna del condominio al risarcimento dei conseguenti danni.

2. Con sentenza 15 febbraio 2018 n. 219 Tribunale di Sassari rigettò la domanda.

Il Tribunale, pur ammettendo che le scale condominiali non fossero in buono stato di manutenzione, ritenne che il pericolo era visibile e comunque noto alla vittima, la quale aveva abitato per molti anni in quello stabile, e anche dopo essersi trasferita altrove aveva continuato a frequentarlo per visitare la propria madre ivi residente.

La sentenza venne appellata dal soccombente.

3. Con sentenza 8 marzo 2019 n. 110 la Corte d’appello di Cagliari, sezione di Sassari, rigettò il gravame.

La Corte d’appello ritenne che:

– le scale condominiali erano rovinate, ma non “pericolose”;

– l’evento era, per il custode, “imprevedibile”;

– la reale causa della caduta (le condizioni delle scale od altro) era rimasta ignota;

– la vittima conosceva “perfettamente” lo stato dei luoghi, e la visibilità era ottima.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Francesco (OMISSIS), con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.

5. Il condominio ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente, formalmente prospettando la violazione dell’articolo 2051 c.c., articola tre censure:

a) ha errato la Corte d’appello nel ritenere che la vittima conoscesse i luoghi, dal momento che essa non vi abitava più sin dal 1999, vale a dire da dieci anni prima del fatto;

b) ha errato la Corte d’appello nel ritenere non dimostrato il nesso di causa tra la cosa il danno;

c) in ogni caso in primo grado l’attore aveva chiesto di provare per testimoni (mediante il capitolo numero 5 articolato nella memoria istruttoria) il suddetto nesso di causa, ma quel capitolo di prova non era stato ammesso dal Tribunale.

1.1. Il motivo è inammissibile in tutte le censure in cui si articola:

-) la prima censura è inammissibile perché lo stabilire se una persona conoscesse o non conoscesse lo stato dei luoghi è una valutazione in fatto;

-) lo stesso dicasi per l’accertamento del nesso di causa;

-) quanto alla terza doglianza essa non risulta che sia stata riproposta in appello, ed è quindi in questa sede preclusa; né il ricorrente, in violazione dell’onere prescritto a pena di inammissibilità dall’articolo 366, nn. 3 e 6, c.p.c., indica in quali termini ed in quale atto venne riproposta in appello la richiesta istruttoria della cui mancata ammissione si duole.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame d’un fatto decisivo. Sostiene che la Corte d’appello avrebbe trascurato di considerare “le modalità della caduta del (OMISSIS) e le cause che l’hanno determinata”.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La Corte d’appello ha esaminato la suddetta circostanza, giungendo alla conclusione che la causa della caduta non fosse sufficientemente provata. Si tratta di una valutazione di fatto riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione dell’articolo 1227 c.c. .

Nella illustrazione del motivo si sostiene che nel presente caso “non è dato ravvisare, alla luce dell’istruttoria espletata, né è riscontrabile in sentenza, alcun elemento che porta ad accertare un comportamento abnorme od imprudente ascrivibile all’infortunato”.

3.1. Il motivo è inammissibile per due ragioni.

La prima ragione è che lo stabilire se la vittima di un fatto illecito abbia o non abbia fornito un contributo causale all’avveramento del danno costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito.

La seconda ragione è che nel caso di specie la Corte d’appello, dopo aver accertato in fatto che la vittima conosceva lo stato dei luoghi e che con l’uso dell’ordinaria diligenza avrebbe evitato il danno, ha ritenuto in diritto che la condotta della vittima ebbe efficacia causale assorbente.

La conclusione in diritto è stata pertanto corretta; lo stabilire poi se fosse esatto il presupposto di fatto di essa è una questione insindacabile in questa sede.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.

P.q.m.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna Francesco (OMISSIS) alla rifusione in favore del Condominio di via (OMISSIS) n. 9, Sassari, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 2.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;

(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 2 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il giorno 23 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.