Con denuncia accusa, falsamente, la moglie di tradirlo. Condannato per diffamazione e calunnia (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 4 maggio 2020, n. 13564).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSTANZO Angelo – Presidente

Dott. RICCIARELLI Massimo – Rel. Consigliere

Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso presentato da:

Semeraro Emilio, nato il xx/xx/xxxx a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 04/10/2019 della Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Massimo Ricciarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Ciro Angelillis, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore, Avv. Anna Rita D’Errico, in sost. dell’Avv. Piero Paesanti, per la parte civile, che ha depositato conclusioni e nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4/10/2019 la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato quella del Tribunale di Taranto in data 4/7/2018, con cui Semeraro Emilio è stato riconosciuto colpevole dei delitti di diffamazione ex art. 595, comma terzo, cod. pen. e di calunnia ex art. 368 cod. pen. in danno della moglie separata Maggi Maria Concetta, commessi attraverso la denuncia presentata in data 4/7/2014.

2. Ha presentato ricorso il Semeraro tramite il suo difensore.

2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la Corte aveva omesso di rispettare il canone normativo di cui all’art. 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. nell’approccio alla valutazione della prova della colpevolezza dell’imputato: l’insufficienza, contraddittorietà e l’incertezza probatoria e il ragionevole dubbio fondato su elementi specifici erano tali da neutralizzare l’ipotesi accusatoria anche in ordine all’attribuibilità del fatto all’agente sotto i profili oggettivo e soggettivo.

2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla configurabilità dei reati e alla sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo degli stessi, in quanto la Corte, nel ripercorrere gli elementi sui quali aveva fondato la sua valutazione, relativi in realtà a reati separatamente giudicati, aveva omesso specificamente di argomentare in ordine ai reati contestati in questa sede in relazione agli elementi costitutivi loro propri, omettendo fra l’altro di soffermarsi sulla configurabilità della lesione della reputazione della persona offesa.

2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alle attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio, avendo la Corte omesso di valutare i presupposti per la concessione delle attenuanti invocate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è inammissibile, perché aspecifico e comunque manifestamente infondato.

1.1. Il ricorrente prospetta che la Corte avrebbe omesso di ricostruire sotto il profilo fattuale e probatorio i reati contestati, seguendo un corretto percorso, conforme alle direttive desumibili dall’art. 546 comma 1, lett. e), cod. proc. pen.

Ma in realtà la deduzione non si confronta con la motivazione, che non ha fatto acriticamente leva sull’esito del separato giudizio per maltrattamenti a carico del Semeraro, ma ha esaminato il dato probatorio acquisito nell’ambito del presente processo, alla luce di tutti gli elementi disponibili, e valorizzato i dati probatori a carico, alla luce degli argomenti difensivi, desunti anche dalle dichiarazioni dell’imputato: in tal modo la Corte ha sviluppato un’analisi conforme al modello indicato dalla norma processuale, sottolineando la piena attendibilità della persona offesa, suffragata peraltro dalle dichiarazioni confermative del figlio e del fratello, ponendo in rilievo l’insussistenza o l’irrilevanza delle addotte criticità e rilevando per contro l’inidoneità delle dichiarazioni dell’imputato a sorreggere la versione difensiva, potendosi semmai desumere da quelle dichiarazioni ulteriori elementi di conferma della tesi accusatoria.

In particolare la Corte ha ampiamente valutato tutti i profili rispetto ai quali erano state prospettate incoerenze o divergenze dichiarative, ricomponendo armonicamente il quadro probatorio, sulla base di un preciso rapporto dialettico tra prove a carico e controargomenti difensivi.

Il motivo di ricorso, a fronte di ciò, si limita ad assertive contestazioni, che non si confrontano in alcun modo con gli argomenti utilizzati dalla Corte, che ha ritenuto di confermare la ricostruzione già fornita dal primo giudice in ordine alla sostanziale falsità delle accuse formulate dal ricorrente nella denuncia a carico della persona offesa.

2. Il secondo motivo è parimenti generico e manifestamente infondato.

La Corte ha ricostruito i fatti, sulla base del canone epistemologico sopra menzionato, e nel contempo ha dato conto della natura calunniosa delle accuse mosse dal ricorrente alla persona offesa, quale mero strumento di reazione alla denuncia di quest’ultima.

Nell’esaminare gli argomenti difensivi, alla luce della ricostruzione già fornita dal primo Giudice, la Corte ha fornito puntuale motivazione in ordine all’infedeltà della versione fornita dall’imputato in merito alla dinamica delle vicende rappresentate nella denuncia del 4/7/2014, a fronte delle smentite rivenienti dalle dichiarazioni della persona offesa e dagli altri testi che avevano accreditato la versione di quest’ultima.

Dalla lettura delle due convergenti sentenze di merito risulta la concreta configurazione del delitto di calunnia, derivante dalla formulazione nei confronti della persona offesa di accuse prospettate in termini volutamente diversi da quanto accaduto realmente e dunque non spiegabili soggettivamente sulla base di diversi apprezzamenti del reale.

D’altro canto i Giudici di merito hanno inteso ravvisare anche il delitto di diffamazione aggravata, in ragione dell’ingiustificato addebito, mosso alla persona offesa sulla base di una sviata rappresentazione della vicenda, di intrattenere una relazione extra-coniugale con un altro uomo, elemento intrinsecamente idoneo a vulnerare non l’opinione che la persona offesa ha di sé, bensì, oggettivamente, l’apprezzamento da parte della storicizzata comunità di riferimento del complesso dei valori e delle qualità che la vittima esprime, quale dinamica sintesi della sua dignità personale, apprezzamento cui si correla la lesione dell’altrui reputazione, che integra il delitto di diffamazione.

3. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto volto a sollecitare, peraltro genericamente, una diversa valutazione di merito, non consentita in questa sede, in ordine alla concessione delle attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio, fermo restando che sul punto la Corte si è espressa, formulando tutt’altro che arbitrariamente un giudizio di immeritevolezza, in assenza di elementi positivamente valutabili, che neppure nel ricorso sono stati concretamente indicati.

4. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Atteso che sia l’imputato sia la parte civile sono ammessi al patrocinio a spese dello Stato, risulta applicabile l’art. 110 d.P.R 115 del 2002, dovendosi porre a carico dello Stato le spese del grado che saranno liquidate in favore della parte civile dalla Corte di appello competente.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Pone le spese di rappresentanza della parte civile liquidate a carico dello Stato dalla Corte di appello competente.

Così deciso il 5/2/2020.

Depositato il Cancelleria il 4 maggio 2020.

Il presente provvedimento, redatto dal Consigliere Massimo Ricciarelli, viene sottoscritto dal solo Consigliere anziano del Collegio, Orlando Villani, per impedimento alla firma del Presidente e dell’estensore, ai sensi dell’art. 1, dpcm 8 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.