REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MICCOLI Grazia – Presidente
Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Rel. Consigliere
Dott. MOROSINI Maria Elisabetta – Rel. Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. (OMISSIS) Mauro nato a (OMISSIS) il 31/05/19xx;
2. (OMISSIS) Innocenzo nato a (OMISSIS) il 01/10/19xx;
avverso la sentenza del 28/02/2019 della CORTE di APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Elisabetta Maria Morosini;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe Locatelli, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
lette le conclusioni del difensore degli imputati, avv. Franco (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, di (OMISSIS) Mauro e (OMISSIS) Innocenzo per il reato di lesioni personali, aggravato dall’uso di armi e dalla premeditazione, commesso, in concorso tra loro, ai danni di (OMISSIS) Valerio (capo A), nonché per il reato di cui all’art. 4 legge n. 110 del 1975, consistito nel porto ingiustificato del coltello utilizzato per l’aggressione e il ferimento del (OMISSIS) (capo C).
In sintesi, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, gli imputati hanno condotto (OMISSIS) in una zona isolata dove lo hanno aggredito, spruzzandogli in viso lo spray urticante, colpendolo alle spalle con un tubo, e poi sferrando, con un coltello, almeno due fendenti sulla schiena e alla spalla sinistra, così da cagionargli una ferita alla regione dorsale tra D4 e D5 e una ferita in quella deltoidea sinistra, giudicate guaribili in trenta giorni.
Il fatto originariamente contestato come tentato omicidio è stato derubricato in lesioni personali aggravate all’esito del giudizio di primo grado.
2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati, con un unico atto a firma degli avvocati Franco (OMISSIS) e Atena (OMISSIS), articolando sei motivi.
2.1. Con il primo denunciano violazione di legge e vizio dì motivazione in ordine al mancato riconoscimento della esimente della legittima difesa, quantomeno putativa.
La Corte di appello avrebbe omesso di valutare la prova decisiva rappresentata dal testo di alcuni messaggi telefonici dal contenuto minaccioso inviati da (OMISSIS) a (OMISSIS) (produzione documentale della difesa all’udienza preliminare del 15 dicembre 2016).
2.2. Con il secondo motivo deducono analoghi vizi sul medesimo punto della decisione, per essere la decisione fondata soltanto sulle dichiarazioni della persona offesa, non congruamente valutate sotto il profilo della attendibilità intrinseca e dei riscontri estrinseci.
Sottolineano i ricorrenti che la persona offesa, pur se non costituita parte civile, ha tratto dalla vicenda un significativo vantaggio economico, ottenendo dal (omissis) il versamento di 8.000,00 euro a titolo risarcitorio.
Il Pubblico ministero avrebbe dovuto imputare (omissis) quantomeno del reato di tentata estorsione ai danni del (omissis), di talchè le sue dichiarazioni ricadrebbero nella previsione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.
Tale aspetto assumerebbe particolare rilievo per la posizione di (omissis) Innocenzo che si è dichiarato estraneo ai fatti e che è stato condannato solo sulla base delle parole della persona offesa.
Non sarebbe credibile che (omissis), come racconta, sia riuscito a sottrarsi alla presa di due uomini armati, costringendoli alla fuga, nonostante fosse ferito e accecato; né è attendibile la circostanza che la somma di 2.000 euro, trovata in possesso del (omissis), fosse destinata al cognato di questi per l’affitto di una casa in Inghilterra.
2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizio di motivazione circa il riconoscimento della circostanza aggravante della premeditazione.
L’azione criminosa sarebbe frutto di una determinazione estemporanea, senza alcuna preventiva organizzazione.
La Corte di appello trae il proprio convincimento da una ricostruzione illogica della vicenda, senza nulla dire degli elementi costitutivi della predetta aggravante: il trascorrere di un apprezzabile lasso di tempo tra la decisione e azione, la persistenza del proposito criminoso, senza soluzione di continuità, dall’ideazione alla realizzazione del reato.
2.4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge in ordine agli artt. 118 e 59 cod. pen., per difetto di motivazione in punto di estensione a (omissis) Innocenzo della circostanza aggravante della premeditazione.
(omissis) non avrebbe partecipato alla organizzazione e alla ideazione dell’azione delittuosa, né avrebbe potuto avere il tempo di condividerle, dato che è stato prelevato dal (omissis) dopo che in vettura era già salito (omissis).
La Corte di appello ha esteso la circostanza al (omissis) con argomenti riferibili solo al (omissis), mentre in nessun passaggio la sentenza chiarisce come (omissis) avrebbe potuto conoscere e condividere le intenzioni di (omissis).
2.5. Con il quinto lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta subvalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6 cod. pen. rispetto alle circostanze aggravanti contestate.
La Corte di appello non avrebbe dedicato nemmeno un cenno alla questione sollevata con specifico motivo di gravame.
3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo segue il cd. “rito scritto” ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020.
4. Il Procuratore generale e il difensore degli imputati hanno trasmesso, tramite posta elettronica certificata, le proprie conclusioni scritte formulando le richieste in epigrafe trascritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati limitatamente al giudizio di bilanciamento tra le circostanze aggravanti e l’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen..
2. Va preliminarmente rilevato che i ricorsi devono intendersi validamente proposti dall’avv. Franco (omissis), mentre l’avv. Atena (omissis), che pure li sottoscrive, non risulta iscritta all’albo speciale della Corte di cassazione.
3. Il fatto come ricostruito dai giudici di merito sulla scorta di una attenta valutazione del materiale probatorio è il seguente:
– (omissis) Vincenzo fissa un appuntamento con (omissis) Valerio per incontrarsi nel pomeriggio del 18 agosto 2016, allo scopo di recarsi a Roma, insieme, per incassare del denaro;
– (omissis) si presenta all’appuntamento, sale a bordo della autovettura di (omissis), che raggiunge Salto di Fondi dove preleva (omissis) Innocenzo;
– (omissis) conduce (omissis) in aperta campagna nel Comune di Itri, lo induce a scendere dalla vettura e poi, unitamente al (omissis), lo aggredisce;
– i due imputati spruzzano lo spray urticante negli occhi del (omissis), (omissis) colpisce quest’ultimo, tra il collo e la testa, con un tubo di gomma, poi gli sferra due fendenti con un coltello alla schiena e alla spalla sinistra;
– (omissis) inizia a perdere sangue, ma riesce comunque a strappare il tubo di gomma dalle mani di (omissis) e a mettere in fuga i due aggressori;
– (omissis) si presenta, da solo, presso la Caserma dei Carabinieri di Itri, indossa vestiti impregnati di sangue della vittima, consegna il telefono cellulare della persona offesa e confessa l’accaduto.
Né coltello né spray urticanti vengono mai trovati; – i carabinieri vengono condotti dal (omissis) sul luogo dell’aggressione, (omissis) viene trovato in un’abitazione vicina, dove si era recato per chiedere soccorso; viene condotto all’ospedale di Formia, l’esame obiettivo condotto dai sanitari rivela una ferita alla regione dorsale tra D4 e D5 e una ferita in quella deltoidea sinistra, giudicate guaribili in trenta giorni.
Le modalità dell’azione e il comportamento dei due imputati sono stati ritenuti sintomatici di una preventiva accurata organizzazione dell’azione criminosa che ha rivestito i caratteri di un agguato.
4. I primi due motivi sono inammissibili.
4.1. A fronte di un quadro probatorio così articolato, composto da elementi di prova precisi e concordanti, dei quali i giudici di appello hanno dato dettagliatamente conto, le frammentarie censure difensive su alcuni di tali elementi, non appaiono tali da mettere in discussione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.
Al giudice di legittimità è preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.
4.2. Il tema della legittima difesa non tiene conto della ricostruzione del fatto contenuta nella cd. “doppia conforme” di condanna; né coglie la ratio decidendi che riposa sul rilievo, pacifico, per cui gli imputati hanno orchestrato un’azione punitiva ai danni del (omissis), sicché, su tali presupposti, l’esimente di cui all’art. 52 cod. pen. non è mai ravvisabile, essendosi gli autori del delitto posti volontariamente nella situazione di pericolo (cfr. tra le tante Sez. 1, n. 56330 del 13/09/2017, Rv. 272036).
4.3. Contrariamente all’assunto difensivo la Corte di appello si preoccupa di vagliare attentamente le dichiarazioni della persona offesa e ne individua anche i riscontri esterni, pur non necessari.
5. Il terzo motivo è infondato.
5.1. A mente dell’art. 187 cod. pen. sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono alla determinazione della pena, e, dunque, tra questi, le circostanze aggravanti, nel cui novero è ricompresa la premeditazione.
Discende che la prova delle circostanze aggravanti soggiace alle regole valutative dettate dall’art. 192 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 41332 del 24/10/2006, Lupo, Rv. 235299).
In forza di tale previsione ciascuna circostanza di fatto assumibile come indizio deve essere connotata, in primo luogo, dal requisito, non espressamente richiamato ma fondante, della “certezza”; in secondo luogo da quelli di gravità (intesa come consistenza, resistenza alle obiezioni, pertinenza del dato rispetto al thema probandum), precisione (nel senso di specificità, univocità, insuscettibilità di diversa interpretazione) e concordanza (intesa come convergenza dei plurimi indizi nella medesima direzione).
È bene rammentare che la prova di natura indiziaria o critica non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta o storica, quando la sua attitudine rappresentativa sia conseguita con rigorosità metodologica, che giustifica e sostanzia il principio del c.d. libero convincimento del giudice (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci).
Essa, tuttavia, proprio in rapporto alle sue caratteristiche ontologiche, non può, per definizione, offrire una rappresentazione del fatto sovrapponibile a quella di una prova diretta, posto che la dimostrazione promana non già da una conclamata affidabilità di una voce narrante (o di un documento) in grado di riprodurre l’azione criminosa (in quanto tale), ma da un «raccordo logico» tra un fatto “secondario” e il “fatto da provare”.
5.2. Ergo, ricorrendo alla cd. prova logica di cui all’art. 192, comma 2 cod. proc. pen., può essere dimostrata la sussistenza degli elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione, consistenti in un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l’opportunità del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell’animo dell’agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica), dovendosi escludere la suddetta aggravante solo quando l’occasionalità del momento di consumazione del reato appaia preponderante, tale cioè da neutralizzare la sintomaticità della causale e della scelta del tempo, del luogo e dei mezzi di esecuzione del reato (tra le altre Sez. 5, n. 42576 del 03/06/2015, Procacci, Rv. 265149).
In tema di prova logica e premeditazione si è affermato che «l’agguato costituisce, in astratto, indice rivelatore della premeditazione, siccome sinonimo di imboscata od insidia preordinata che postula un appostamento, protratto per un tempo più o meno lungo, in attesa della vittima designata ed in presenza di mezzi e modalità tali da non consentire dubbi sul reale intendimento dell’insidia, sicché già il pur breve arco di tempo dell’attesa, può valere a soddisfare gli elementi costitutivi della premeditazione: il requisito ideologico – consistente nel perdurare nell’animo del soggetto, senza soluzione di continuità fino alla commissione del reato, di una risoluzione criminosa ferma ed irrevocabile – e quello cronologico – rappresentato dal trascorrere di un intervallo di tempo apprezzabile, fra l’insorgenza e l’attuazione di tale proposito, in concreto sufficiente a far riflettere l’agente sulla decisione presa ed a consentire il prevalere dei motivi inibitori su quelli a delinquere.
5.3. Spetta al giudice di merito, ai fini della configurabilità dell’aggravante in questione, cogliere e apprezzare tutte le peculiarità della concreta fattispecie, accertando se i predetti requisiti sussistano o siano, invece, l’uno o l’altro da escludere, come nel caso di avvistamento casuale della vittima o, comunque, di un agguato frutto di iniziativa estemporanea, sicché la risoluzione omicida non sia maturata attraverso lunga riflessione, con possibilità di recesso prima dell’attentato» (Sez. 5, n. 26406 del 11/03/2014, Morrei, Rv. 260219).
5.4. Nella specie la Corte di appello ricostruisce la premeditazione facendo leva sulle caratteristiche specifiche del fatto: una spedizione punitiva, orchestrata dai due correi, adescando la vittima con una prospettiva allettante (recuperare denaro a Roma), condurla in un luogo isolato, noto al (omissis), sì da creare le condizioni per colpire con certezza l’obiettivo ed agire indisturbati grazie all’aiuto concretamente fornito anche dalla “spalla” (omissis) Vincenzo, prima, durante e dopo l’aggressione.
Il tutto ulteriormente avvalorato dal “movente”: indurre la vittima a desistere dal continuare a chiedere denaro e favori vari al (omissis).
Dall’insieme degli elementi sopra enucleati la Corte di appello, sulla scorta di una motivazione immune da salti logici, ricava la certezza processuale che l’aggressione è stata organizzata secondo un piano dettagliato, messo a punto alcuni giorni prima dell’esecuzione.
È questa la ratio che sorregge la decisione che, in punto di premeditazione, si fonda sulla prova logica, dotata di piena dignità dimostrativa ex art. 192, comma 2 cod. proc. pen..
Proprio in ragione dei sopra ricordati limiti della prova logica, non è dato conoscere con certezza il momento preciso in cui il proposito criminoso sia sorto, poiché ciò possono riferirlo soltanto gli autori del reato.
Quel che rimane saldo, nelle considerazioni del giudice di merito, è che tutte le possibilità ragionevolmente ipotizzabili presuppongono che la progettazione del reato abbia preceduto, per un lasso di tempo significativo, l’esecuzione del delitto avvenuta in data 18 agosto 2016 e che la ferma risoluzione criminosa sia rimasta perdurante senza soluzione di continuità nell’animo degli agenti fino alla commissione del crimine.
5.5. In sintesi, a mente dell’art. 187 e 192 comma 2 cod. proc. pen., l’aggravante della premeditazione può essere dimostrata anche ricorrendo alla prova logica sulla scorta degli indizi ricavabili dalle modalità del fatto, dalle circostanze di tempo e luogo, dal concorso di più persone con una ripartizione di ruoli, dalla natura del movente.
Non è necessario stabilire con assoluta precisione il momento in cui il proposito criminoso è sorto o l’accordo è stato raggiunto, essendo sufficiente che i ricordati elementi indiziari, rispondendo ai caratteri di gravità, precisione, concordanza e globalmente valutati, consentano di risalire, in termini di certezza processuale, al requisito di natura cronologica e a quello di natura ideologica, in cui si sostanzia la premeditazione (così Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 275415).
6. Il quarto motivo è generico e manifestamente infondato.
Non viene in rilievo la disciplina della “estensione” al correo delle circostanze aggravanti, invocata dal coimputato (omissis), posto che, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’insieme degli elementi indiziari sopra ripercorsi conduce a ritenere che (omissis) ha partecipato alla ideazione della spedizione punitiva, assolvendo un ruolo prestabilito: (omissis) è salito a bordo della autovettura del (omissis) dopo (omissis), ha partecipato alla aggressione, se n’è andato con (omissis) lasciando (omissis) solo, ferito e senza cellulare, a riprova del fatto che condivideva sin dall’inizio il disegno di Polito e sin dall’inizio sapeva cosa fare.
7. Il quinto motivo è fondato.
Il giudice di primo grado ha riconosciuto la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen..
Tuttavia, nello svolgere il giudizio di comparazione, si limita ad affermare che detta attenuante debba ritenersi subvalente rispetto alle contestate aggravanti, senza esporre le ragioni di tale decisione.
La Corte di appello, investita di gravame sul punto, afferma di condividere il giudizio di subvalenza, ma non adduce argomenti. Risulta, dunque, una carenza assoluta di motivazione sul punto.
8. Consegue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al giudizio di comparazione tra aggravanti e attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6 cod. pen..
9. I ricorsi vanno rigettati nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al giudizio di comparazione tra aggravanti e attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6 cod. pen., con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria l’8 marzo 2021.