Confermato il sequestro del fucile cal. 12 al cacciatore che sparava a meno di 150mt. dai fabbricati (Consiglio di Giustizia Amm.va per la Regione Sicilia, Sezione giurisdizionale, Sentenza 19 luglio 2021, n. 717).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

con la presenza dei magistrati:

Dott. Fabio Taormina, Presidente

Dott. Roberto Caponigro, Consigliere

Dott. Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Dott. Maria Immordino, Consigliere, Estensore

Dott. Giovanni Ardizzone, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 187 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Russo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell’Interno, Stazione Carabinieri di -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale sono domiciliati ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (sez. I) n. -OMISSIS-;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli artt. 4, D.L. n. 84 del 2020 e 25, D.L. n. 137 del 2020;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell’Interno e della Stazione Carabinieri di -OMISSIS-;

Vista l’ordinanza cautelare di questo Consiglio, n. 212/2021;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2021 tenutasi da remoto ed in modalità telematica ex D.L. n. 137 del 2020 il Cons. Maria Immordino e considerato presente, ex art. 4 comma 1 penultimo periodo D.L. n. 28 del 2020 e art. 25 D.L. n. 137 del 2020, l’avvocato Angelo Russo e vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall’Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con l’appello in epigrafe è stata gravata, con contestuale istanza cautelare, la sentenza n. -OMISSIS-, emessa in forma semplificata, con la quale il TAR Sicilia, Sezione staccata di Catania, ha respinto il ricorso per l’annullamento, previa sospensione, del verbale di ritiro cautelare ex art. 39 co. 2, T.U.L.P.S., con cui i Carabinieri della Stazione di -OMISSIS- hanno ritirato le armi e la licenza di porto fucile del ricorrente.

1.1. Il provvedimento si basava sul fatto che il ricorrente era stato sorpreso dai Carabinieri della Stazione di -OMISSIS- ad una battuta di caccia, durante la quale si accertava il mancato rispetto da parte dello stesso della distanza minima prevista per l’esplosione dei colpi (metri 150) dai fabbricati, siti in quella località.

Il ricorrente, infatti, sparava, con un fucile semiautomatico, calibro 12, marca Beretta, a 86 metri dalle case della predetta località. Circostanza che era stata accertata da una misurazione effettuata con rullina metrica.

Una volta constatato che il ricorrente sparava all’interno di un casolare privo di tetto, i carabinieri, procedevano al sequestro amministrativo delle sopra menzionate armi, munizionamento e porto d’armi, nonché alla segnalazione alla Procura della Repubblica per il reato di detenzione abusiva di armi non denunciate ai sensi degli artt. 2 e 7, L. n. 895 del 1967, il cui procedimento è ancora pendente.

2. Il suddetto provvedimento è stato impugnato innanzi al TAR Catania, per violazione di legge (art. artt. art. 39 co. 2, T.U.L.P.S. e art. 51 R.D. n. 1169 del 1934; art. 21 co. 1, lett e), L. n. 157 del 1992), per incompetenza e per eccesso di potere sotto svariati profili.

3. Con la sentenza gravata il TAR ha respinto: le censure di incompetenza; quelle relative all’erronea misurazione della distanza riportate (e, quindi, il superamento del limite di cento metri), poichè la loro correttezza emergerebbe da un raffronto delle foto depositate e non smentite dal ricorrente; la censura di violazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, poiché le esigenze di celerità giustificano l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento; ha affermato la legittimità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 39, co. 2, del R.D. n. 773 del 1931 (comma aggiunto dall’articolo 1, co. 1, lettera c), del D.Lgs. n. 121 del 29 settembre 2013) e dell’art. 38, dell’immediato ritiro cautelare delle armi in possesso di persone ritenute capaci di abusarne, ritenuto indispensabile per la tutela dell’ordine pubblico.

4. La sentenza è stata gravata con l’appello in epigrafe, con contestuale istanza cautelare.

4.1. Con ordinanza n. 212/2021 è stata respinta la domanda cautelare.

5. All’udienza pubblica del 7 luglio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L’appello, affidato a 4 motivi, che riprendono in linea di massima le censure dedotte in primo grado, è infondato.

6.1. Con il primo motivo si denuncia il “travisamento dei fatti” in cui sarebbe incorso il Giudice di prime cure, non risultando né dal verbale, né da prove certe e inconfutabili, la circostanza che l’attività del ricorrente abbia determinato la caduta di piombini in prossimità delle vicine abitazioni.

La censura è infondata.

La circostanza che l’attività del ricorrente abbia determinato la caduta di piombini in prossimità di vicine abitazioni, è stata avvalorata, oltre che dalle segnalazioni provenienti all’Arma da parte degli abitanti della zona, dalla flagranza descritta nel verbale impugnato.

Si tratta di un comportamento, quello puntualmente descritto nel verbale, che, come correttamente evidenziato dall’adito TAR costituisce, per un verso, un fatto in sé pericoloso tale da motivare un urgente intervento, per un altro, giustifica l’affermazione da parte dell’Amministrazione circa l’inaffidabilità del ricorrente per uso improprio dell’arma.

Al riguardo giova ricordare come, secondo un consolidato orientamento, non sia configurabile nel nostro ordinamento un diritto soggettivo al rilascio o al rinnovo di un porto d’armi, per qualsiasi uso, sport, difesa personale, ecc., costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di detenere armi di cui all’ art. 699 c.p. e all’ art. 4 comma 1, L. 18 aprile 1975 n. 110.

Il porto d’armi, può, pertanto essere rilasciato, o rinnovato, solo nei confronti di persone riguardo alle quali esiste perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle stesse (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, n. 338/2019).

Da tale assunto, secondo un orientamento giurisprudenziale maggioritario, discende un’ampia discrezionalità dell’Amministrazione procedente nel valutare la sussistenza (o meno) dei requisiti di buona condotta e di affidamento nel non abuso delle armi che, ai sensi dell’art. 43 co. 2 T.U.L.P.S., può legittimare il diniego (o anche la revoca) della chiesta licenza di polizia.

6.2. La sentenza è stata appellata, e veniamo al secondo e al terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, per violazione del principio di specialità e del principio di proporzionalità, risultando abnorme, il provvedimento di ritiro cautelare di tutte le armi detenute dall’amministrato.

Entrambe le censura vanno respinte.

Le zone che distano 100 metri dalle abitazioni rientrano nell’ambito di operatività della L. n. 157 del 1992, tra quelle in cui è vietata la caccia, con la previsione, nel caso di violazione di tale divieto, di sanzioni penali e amministrative ai sensi degli artt. 30 e 31, o della sanzione accessoria, art. 32, della sospensione e della revoca della licenza di caccia.

Secondo la giurisprudenza l’Amministrazione gode di un’ampia nel valutare la sussistenza (o meno) dei requisiti di buona condotta e di affidamento nel non abuso delle armi che, ai sensi dell’art. 43 co. 2 T.U.L.P.S., può legittimare anche la revoca della licenza di porto d’ami.

Si tratta di un potere, quello di revoca della licenza di porto di fucile, così come il diniego, il quale non persegue finalità sanzionatorie, ma solo cautelari, essendo preordinate alla prevenzione di possibili abusi a tutela della privata e pubblica incolumità, ritenendosi, infatti, non necessario un obiettivo ed accertato abuso, quanto, invece, sufficiente la sussistenza di circostanze idonee a comprovare, come nella fattispecie de qua, la non affidabilità dell’interessato nell’uso delle armi.

Il giudizio di non affidabilità, del resto, non presuppone necessariamente una condanna penale, essendo sufficienti situazioni non ascrivibili a buona condotta.

Come rilevato dal Giudice di prime cure, nella controversia in oggetto, non rileva né l’assenza di condanne a carico del ricorrente, né il fatto che la legge sulla caccia “preveda la semplice sanzione amministrativa pecuniaria anziché la revoca, non essendo preclusa in alcun modo la valutazione discrezionale in ordine all’affidabilità dell’interessato, la cui ritenuta insussistenza ben può giustificare il sequestro preventivo impugnato (espressamente contemplato dall’art. 39 T.U.L.P.S.), quale possibile e legittima valutazione avanzata, volta al reiterarsi di un fatto oltre che illecito, anche pericoloso.

Si tratta, in particolare, di un giudizio prognostico che può fondarsi anche sul mero sospetto o comunque su indizi ed elementi negativi, sia pure irrilevanti sotto il profilo penale, che attengono al complesso della condotta di vita del soggetto”.

Orbene, come emerge dagli atti del giudizio, nella fattispecie in oggetto la valutazione di non affidabilità dell’Amministrazione procedente si è principalmente basata sui fatti di cui il ricorrente si è reso protagonista e responsabile, avendo esercitato la caccia in violazione delle disposizioni sulla distanza minima prevista per l’esplosione dei colpi dai fabbricati esistenti, che ha sollecitato da parte degli abitanti della zona, l’intervento dei carabinieri.

Il provvedimento di sequestro è infatti motivato dal comportamento del ricorrente che è stato ritenuto “pericoloso per gli abitanti di quella zona, atteso che era stato richiesto l’intervento di quest’Arma in quanto riferivano che cadevano piombini sui tetti e sui balconi delle loro abitazioni”.

Nel ragionamento dell’autorità di pubblica sicurezza il comportamento del ricorrente ha inciso sul requisito della buona condotta e affidabilità dello stesso, determinando il sequestro di tutte le armi in possesso del ricorrente. Sicché non vincola l’Amministrazione a rivedere il giudizio di non affidabilità l’ordinanza del Tribunale di Catania di annullamento del decreto di convalida del sequestro probatoria dell’arma, per la quale parte ricorrente è stata denunciata per il predetto reato.

6.3. Con il quarto motivo viene riproposta la censura di incompatibilità dell’Autorità che ha adottato il provvedimento impugnato.

La censura è infondata.

Al riguardo correttamente il Giudice di prime cure l’ha respinta, richiamando sia l’art. 155 D.Lgs. n. 66 del 2010, in forza del quale “l’Arma dei carabinieri ha collocazione autonoma nell’ambito del Ministero della difesa, con rango di Forza armata ed è forza militare di polizia a competenza generale e in servizio permanente di pubblica sicurezza, con le speciali prerogative conferite dalla normativa vigente”, sia il successivo art. 159 il quale dispone che “1. l’Arma dei carabinieri, quale Forza militare di polizia ai sensi dell’articolo 155:

a) assicura il mantenimento dell’ordine pubblico, della sicurezza dei cittadini, della loro incolumità e della tutela della proprietà, ai sensi della legislazione vigente;

b) svolge le funzioni di struttura operativa del servizio nazionale di protezione civile, ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225;

c) espleta gli altri compiti previsti dalla normativa vigente”.

Con la conseguenza che anche l’Arma dei Carabinieri può esercitare la tutela avanzata, tipica della polizia amministrativa.

7. Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello è infondato e va, pertanto respinto.

8. Le spese possono essere compensate, sussistendone le ragioni.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza gravata.

Spese compensate.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.

Così deciso dal C.G.A.R.S. con sede in Palermo nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2021, tenutasi da remoto ed in modalità telematica.

Depositata in Cancelleria il giorno 19 luglio 2021.