Furto in abitazione: i precedenti bastano non solo per la recidiva ma anche per negare le attenuanti generiche (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 23 aprile 2021, n. 15502).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Rel. Consigliere

Dott. PEZZELLA Vicenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) Glenda nata a (OMISSIS) il 19/04/19xx;

(OMISSIS) Marilena nata a (OMISSIS) il 14/12/19xx;

avverso la sentenza del 15/01/2020 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa FELICETTA MARINELLI che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Bologna con sentenza in data 15 gennaio 2020, ha confermato la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia emessa il 10 settembre 2019, appellata dalle imputate (OMISSIS) Glenda e (OMISSIS) Marilena con cui queste ultime erano state ritenute responsabili di concorso nel reato di cui all’art. 624 bis c.p. (furto di un portafoglio all’interno dell’abitazione di (OMISSIS) Mauro).

2. Avverso tale sentenza hanno interposto ricorso per cassazione:

2.a) (OMISSIS) Marilena lamentando con un primo motivo mancanza di motivazione quanto alla ritenuta recidiva e con un secondo motivo mancanza di motivazione quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

2.b) (OMISSIS) Glenda denunciando con un primo motivo omessa e comunque insufficiente motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e con un secondo motivo parimenti vizio motivazionale quanto al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi sono manifestamente infondati.

Ed invero la sentenza impugnata ha congruamente motivato su tutti gli aspetti del trattamento sanzionatorio (peraltro attestatosi sui minimi di legge), per entrambe le odierne ricorrenti, evidenziando quanto alla posizione della (OMISSIS) Glenda come i precedenti specifici escludono qualsivoglia positiva prognosi e, dunque, non consentono la concessione dell’invocato beneficio della sospensione condizionale della pena.

Quanto, invece, alla (OMISSIS) Marilena la Corte di merito ha ritenuto che la recidiva fosse stata correttamente contestata e ritenuta in quanto l’imputata annovera una molteplicità di condanne per reati specifici (dodici condanne per furto, talune delle quali per furto in abitazione) commessi con sistematicità e pressoché ininterrottamente nel corso degli anni; la ricaduta nel delitto, peraltro omogeneo rispetto ai precedenti, con pervicace determinazione, pur dopo aver espiato vari periodi di detenzione, denota una ingravescente pericolosità ed una spiccata attitudine a delitti contro l’altrui patrimonio espressione di una scelta di vita difficilmente reversibile e che detti precedenti fossero di ostacolo al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non potendo certo condividersi l’assunto difensivo secondo il quale la condotta criminosa sarebbe di scarsa offensività e di portata trascurabile il danno patrimoniale arrecato, a fronte di una intrusione in privata abitazione, foriera, come è noto, di un elevatissimo allarme sociale.

E’ peraltro sufficiente rammentare come, in tema di concessione delle attenuanti generiche, il giudice di merito non sia tenuto ad esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente, l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione del beneficio (cfr, Sez, II, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv, 2658601).

4. Consegue alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 c.p.p., al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186 del 13 giugno 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuna, al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso l’8 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.