REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
con l’intervento dei magistrati:
Dott. Manfredo Atzeni, Presidente
Dott. Luigi Viola, Consigliere
Dott. Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario, Estensore
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1003 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Michela Scafetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;
per l’annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo, della determina del 27 maggio 2019, -OMISSIS-, del comando generale dell’arma dei Carabinieri – i reparto – sm- ufficio personale appuntati e carabinieri, notificata alla ricorrente in data 29 maggio 2019, con cui è stato disposto “…il collocamento in congedo, per non ammissione in servizio permanente, del carabiniere in f.v. -OMISSIS-, con decorrenza dal 3 dicembre 2018. il periodo trascorso in servizio oltre la scadenza della ferma volontaria è considerato come servizio prestato in ferma volontaria” e per l’effetto disporne l’annullamento unitamente a tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 18 novembre 2019, per l’annullamento:
della determina del 27 maggio 2019, -OMISSIS-, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – I Reparto – SM- Ufficio Personale Appuntati e Carabinieri, notificata alla ricorrente in data 29 maggio 2019, con cui è stato disposto “…il collocamento in congedo, per non ammissione in servizio permanente, del Carabiniere in f.v. -OMISSIS-, con decorrenza dal 3 dicembre 2018. Il periodo trascorso in servizio oltre la scadenza della ferma volontaria è considerato come servizio prestato in ferma volontaria”, già oggetto di ricorso principale;
nonché di ogni altro presupposto, connesso e consequenziale ad oggi non noti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2020 il Consigliere Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso principale la Sig.ra -OMISSIS- ha impugnato la determina del 27 maggio 2019 (-OMISSIS-) del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri con il quale è stato disposto “…il collocamento in congedo, per non ammissione in servizio permanente, del Carabiniere in f.v. -OMISSIS-, con decorrenza dal 3 dicembre 2018. Il periodo trascorso in servizio oltre la scadenza della ferma volontaria è considerato come servizio prestato in ferma volontaria.”.
Si è evidenziato che l’attuale ricorrente si è arruolata nell’arma dei Carabinieri in data -OMISSIS- quale volontario in ferma quadriennale con scadenza al -OMISSIS- ed è stata assegnata, da ultimo, alla stazione distaccata di -OMISSIS- della Compagna di Lucca, presso cui ha prestato servizi sino alla data del 29 maggio 2019.
Dopo l’avvio del procedimento di non ammissione al servizio permanente ai sensi dell’art. 949 D.lgs. 66/2010, in data 5 aprile 2019, la ricorrente veniva audita personalmente, su sua richiesta, innanzi alla Commissione di Valutazione che, da ultimo, emanava un parere, assunto all’unanimità, favorevole alla permanenza nell’Arma.
Malgrado la presentazione di osservazioni in data 29 maggio 2019 veniva comunicato il provvedimento oggetto del presente ricorso che recava nelle premesse i seguenti rilievi “il militare ha evidenziato in diversi momenti: – carenza comportamentali e scarsa consapevolezza del proprio stato; scadente affidabilità sul piano attitudinale; rendimento in servizio progressivamente in flessione nel tempo e non soddisfacente nell’ultimo periodo; – minor senso della disciplina militare, palesando, pertanto, il non possesso con costanza nell’intero periodo da valutare ai fini dell’ammissione in servizio permanente del requisito della meritevolezza per carenti qualità morali, buona condotta, attitudini e rendimento prescritto dalla normativa di riferimento per poter continuare a permanere in servizio nell’Arma dei Carabinieri ”.
Nell’impugnare il provvedimento sopra citato si sostiene l’esistenza dei seguenti vizi:
1. l’illegittimità per violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 949 del D.Lgs. 66/2010 e dell’art.3 della L. n. 241/90 per difetto/carenza di motivazione, l’eccesso di potere per carenza di presupposti, l’irragionevolezza ed incoerenza del provvedimento impugnato, la manifesta ingiustizia per violazione del diritto al lavoro costituzionalmente garantito;
2. la violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/90 in materia di partecipazione nel procedimento e del principio del contraddittorio, in quanto in nessuno dei rapporti informativi menzionati nel provvedimento impugnato emergerebbe un giudizio di “inferiore alla media” che potrebbe condurre ad un giudizio sul rendimento non sufficiente.
Si è costituito il Ministero della Difesa contestando le argomentazioni proposte e chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. -OMISSIS-/2019 del 12 settembre 2019 questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare, disponendo il riesame del provvedimento impugnato con il ricorso principale, ritenendolo inficiato da un difetto di motivazione e dalla violazione dell’art. 948 e dell’art. 949 del D. Lgs. 66/2010.
A seguito dell’ordinanza di riesame di questo Tribunale l’Amministrazione resistente ha adottato la determina del 25 ottobre 2019 (-OMISSIS-/C1-M-8), impugnata con i successivi motivi aggiunti con la quale si è confermato il giudizio di non ammissione della ricorrente alla ferma permanente.
Nel contestare la legittimità di detto nuovo provvedimento si è evidenziato che l’Amministrazione resistente si sarebbe limitata a porre in essere un nuovo provvedimento di contenuto e ratio identica al precedente senza attivare un nuovo procedimento.
Anche a seguito dei motivi aggiunti si è costituita l’Amministrazione, contestando le argomentazioni dedotte e chiedendo il rigetto del ricorso.
Nella Camera di Consiglio del 15 gennaio 2020, il difensore dell’Avvocatura distrettuale ha chiesto la cancellazione di alcune espressioni ritenute offensive e contenute nell’ultima memoria della ricorrente.
Nella stessa Camera di Consiglio, uditi i procuratori delle parti costituite anche ai sensi dell’art. 60 cpa, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
In primo luogo va accolta la domanda dell’Amministrazione resistente diretta ad ottenere la cancellazione di alcune frasi offensive contenute nell’ultima memoria della ricorrente (si veda pag.5). In detta memoria il legale della ricorrente ha affermato che il difensore dell’Avvocatura distrettuale avrebbe formulato “un vero e proprio giudizio morale dai toni sessisti non richiesto e comunque espresso solo limitatamente alla ricorrente che peraltro non risulta che abbia né prole né essere coniugata”.
E’ evidente che detta ultima espressione è palesemente offensiva dell’Avvocatura distrettuale ora costituita, in quanto è diretta ad attribuire al difensore un modo di pensare discriminatorio, che presuppone una disparità di trattamento in relazione al genere (se uomo o donna), circostanza quest’ultima che si traduce inevitabilmente in un’offesa e in una denigrazione della persona e, ciò, in modo del tutto gratuito e comunque eccessivo rispetto ad una pur legittima formulazione delle argomentazioni a sostegno delle rispettive tesi.
Secondo un costante orientamento giurisprudenziale la cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive contenute negli scritti difensivi può essere disposta, ai sensi dell’art. 89, comma secondo, cod. proc. civ., con riferimento alle frasi che risultino, contrastanti con le esigenze dell’ambiente processuale e della funzione difensiva nel cui ambito vengono formulate, oltre che offensive della persona per la controparte e del suo difensore (Cons. Stato Sez. III, 04/09/2019, n. 6097).
Ritenendo allora che il tenore delle argomentazioni della ricorrente si traduca in un’espressione offensiva, va disposto, ai sensi dell’art. 89 comma 2° cpc, la cancellazione dalla sua memoria della frase in cui si afferma che l’Avvocatura distrettuale dello Stato avrebbe formulato “un vero e proprio giudizio morale dai toni sessisti non richiesto e comunque espresso solo limitatamente alla ricorrente che peraltro non risulta che abbia né prole né essere coniugata..”.
Ciò premesso è possibile esaminare il ricorso principale e i successivi motivi aggiunti, anticipando come siano entrambi fondati, sia per quanto concerne le argomentazioni contenute nel primo e secondo motivo sia per quanto riguarda l’unica censura degli stessi motivi aggiunti.
E’ necessario premettere che entrambi i provvedimenti possono essere esaminati congiuntamente, in ragione della sostanziale identità delle argomentazioni dedotte.
Secondo l’Amministrazione il giudizio di “non meritevolezza” all’ammissione al servizio permanente sarebbe ragionevole e motivato, in quanto si fonderebbe sulle schede di valutazione e, ancora, su due fatti significativi, riconducibili ad un trasferimento per incompatibilità ambientale e ad una sanzione disciplinare della consegna per due giorni in conseguenza del mancato pernottamento in caserma.
Anche il rendimento della ricorrente non avrebbe raggiunto il giudizio della sufficienza, così come sarebbe desumibile dai vari rapporti informativi citati nella determina del 27 maggio 2019 e nella determina del 25 ottobre 2019, impugnata con i successivi motivi aggiunti.
Non sussisterebbe un contrasto tra la determinazione definitiva di non ammissione e il parere della Commissione di Valutazione e Avanzamento (che invece aveva espresso parere positivo alla permanenza in servizio), in quanto detto ultimo parere non avrebbe un carattere vincolante, non sussistendo alcun obbligo del Comando Generale di motivare il suo dissenso e, ciò, anche considerando che sussistevano quattro pareri (quello della Compagnia CC di Lucca, del Comando provinciale CC di Lucca, della Legione CC Toscana e del Comando Interregionale CC Pogdora) che avevano invece proposto e sostenuto la non ammissione della ricorrente.
Le argomentazioni dell’Amministrazione non sono condivisibili.
Il giudizio di ammissione al servizio permanente di cui all’art. 948 del D.lgs. 66/2010 è un giudizio che attiene all’idoneità psico-fisica e alla meritevolezza e, ciò, con riferimento alle qualità morali e culturali, alla buona condotta, alle attitudini e al rendimento a continuare a prestare servizio nell’Arma.
Dalla lettura della norma è evincibile che il Legislatore, pur riconoscendo all’Amministrazione un’ampia discrezionalità tecnica nell’adozione del provvedimento di non ammissione al servizio permanente, ha voluto ancorare tale giudizio alla sussistenza di presupposti riconducibili a specifici elementi/requisiti che il militare, sottoposto alla valutazione al termine dei quattro anni di servizio prestato, deve aver dimostrato di possedere nell’arco dell’intero periodo (Consiglio di Stato, IV, 9 marzo 2011, n, 1504) .
Si è affermato, infatti, che ai fini della emanazione del provvedimento di ammissione in servizio permanente la legge demanda, all’Autorità militare competente, una valutazione globale del rendimento della personalità del militare, ivi compresi gli aspetti relativi alla buona condotta, alla attitudine e al rendimento; “pertanto, è legittimo il giudizio negativo circa la meritevolezza di detta ammissione, che abbia tenuto conto dei non buoni precedenti disciplinari del militare e di sfavorevoli rapporti informativi compilato sul suo conto (Cons. di Stato Sez. IV, n. 15 del 10/01/2012)”.
Nel caso di specie il giudizio sulle “qualità morali e la buona condotta” , è riferito alla sanzione disciplinare della consegna di due giorni nell’ambito della quale si era accertato che la ricorrente “Carabiniere in ferma volontaria addetto a stazione distaccata, sebbene nubile e assegnatario di posto letto, pernottava regolarmente all’esterno della caserma e intratteneva contestualmente relazione sentimentale con altro militare dell’arma coniugato , cagionando disagio al servizio istituzionale, in violazione degli artt. 717-732 comma 1 e 5 e 744, comma 3 del TUROM”.
Pur tralasciando come sia rimasta incontestata la circostanza relativa al fatto che solo ed esclusivamente la ricorrente sia risultata destinataria della sanzione disciplinare (e non quindi anche il commilitone), è dirimente constatare che l’erogazione di una consegna per due giorni deve ritenersi di per sé insufficiente a fondare un giudizio di non meritevolezza, laddove quest’ultimo (come vedremo) non sia confermato e strettamente correlato ad un giudizio complessivo, riferito all’intero periodo di permanenza nell’Arma che, in quanto tale, insiste su un periodo di quattro anni.
E, peraltro, evidente l’estrema esiguità della sanzione irrogata, che ha comportato esclusivamente una consegna per due giorni, circostanza quest’ultima che dimostra come la fattispecie fosse stata già ritenuta non particolarmente grave da parte dell’Amministrazione.
Anche il trasferimento per incompatibilità deve ritenersi non dirimente, essendo stato disposto sempre in conseguenza di detta relazione sentimentale.
Si consideri, inoltre, come con detto provvedimento l’Amministrazione aveva provveduto a rimuovere la causa del potenziale discredito, senza per questo adottare alcun ulteriore provvedimento sanzionatorio e a tutela della propria immagine.
Nemmeno è confermato dalle schede di valutazione il giudizio di non meritevolezza che l’Amministrazione riporta nei provvedimenti di non ammissione ora impugnati.
Nella scheda n. 4 è evincibile l’attribuzione alla ricorrente di un giudizio sufficiente (o quanto meno di appena sufficiente), non solo da parte del compilatore, ma anche da parte del revisore.
Analogamente dalle schede n. 6 e 7, anche con riferimento agli stralci riportati nei provvedimenti impugnati, non è possibile evincere quel giudizio di non meritevolezza, inferiore alla media o, comunque, anche solo di non sufficienza che l’Amministrazione ritiene esistente.
Le aggettivazioni più utilizzate e riportate nei provvedimenti impugnati sono infatti: “rendimento appena sufficiente”; “sufficiente bagaglio professionale ….ha operato con sufficiente impegno, fornendo un analogo rendimento complessivo;” “rendimento appena sufficiente” “..fa quanto deve”, giudizio “soddisfacente”.
Anche nel Rapporto informativo n. 7 (redatto per un periodo di appena 5 mesi) il giudizio del compilatore finale è “soddisfacente”.
Si consideri, inoltre, che la ricorrente ha ricevuto un riconoscimento, in occasione di tre specifiche operazioni a cui la stessa aveva partecipato, circostanze queste ultime che avrebbero dovute essere adeguatamente considerate dall’Amministrazione nella valutazione complessiva.
E’ indiscusso che la nozione di “meritevolezza” non può che fare riferimento ad un giudizio di “normale rendimento” e, quindi, di sufficienza o comunque di “rendimento nella media”, valutazioni che sono contenute nelle schede e nei rapporti informativi sopracitati.
In conformità ai giudizi contenuti nelle schede di valutazione si era pronunciata, peraltro, anche la Commissione di Valutazione e di Avanzamento, in occasione dell’adunanza del 5 aprile 2019.
Detta Commissione, proprio avendo riferimento quelle stesse schede di valutazione, si era espressa all’unanimità e a favore della permanenza della ricorrente nell’Arma, affermando che ”il profilo del militare, come emerge dalla sua documentazione personale riferita alla quasi totalità del servizio svolto, è caratterizzato da prestazioni professionali di livello soddisfacente”.
E’ allora evidente che la valutazione finale di non ammissione al servizio permanente risulti contraddittoria e irragionevole in relazione agli atti ad esso presupposti, finendo per essere fondata sulla sola sanzione disciplinare della consegna di due giorni e sulla relazione sentimentale della ricorrente, fattispecie che fanno riferimento a episodi circoscritti, che attengono solo parzialmente all’attività professionale e che, comunque, non esauriscono quella valutazione complessiva sul rendimento che è stata ritenuta sufficiente, in tutte le schede di valutazione sopra citate.
Si consideri, da ultimo, che il giudizio di non ammissione, proprio perché concerne una valutazione di un periodo di tempo prolungato, obbliga l’Amministrazione ad operare un bilanciamento di contrapposti interessi e, ciò, mediante l’applicazione di principi di ragionevolezza e proporzionalità e di un giudizio ponderato e coerente con la vita professionale del militare.
Un tale giudizio, proprio perché ha l’effetto di incidere sul diritto al lavoro e, quindi, su un diritto essenziale e fondamentale del nostro ordinamento, non può limitarsi ad attribuire rilievo ad un determinato comportamento, senza che sussista una complessiva coerenza della motivazione e proporzionalità della decisione assunta.
In conclusione l’accoglimento delle sopra citate censure comporta l’annullamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale e i successivi motivi aggiunti.
Va disposta, da ultimo, la cancellazione dalla memoria della ricorrente delle espressioni offensive sopra riportate.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso principale e i successivi motivi aggiunti, annullando i provvedimenti impugnati.
Dispone la cancellazione delle espressioni indicate in parte motiva e contenute nella memoria della ricorrente.
Condanna l’Amministrazione ora costituita al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 3.000,00 (tremila//00), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della ricorrente.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il giorno 27 gennaio 2020.