I.N.P.S.: pagamento dei contributi previdenziali per lavoratori autonomi (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza 23 settembre 2020, n. 19983).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2823-2015 proposto da:

DE BENE RAFFAELE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato GIUNIO RIZZELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE ABATE;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in 2020 persona del suo Presidente e legale rappresentante pro 1352 tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI e ESTER ADA SCIPLINO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 138/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 30/01/2014, R.G.N. 138/2012.

RILEVATO CHE:

1. Con sentenza del 30.1.14, la Corte di Appello di Lecce, confermando sentenza del tribunale della stessa sede del 2.12.11, ha rigettato il ricorso – proposto dal sig. De Bene Raffaele – avverso quattro cartelle esattoriali con le quali l’INPS aveva chiesto il pagamento dei contributi previdenziali per lavoratori autonomi dal 1999 al 2008, dovuti in relazione alla posizione del figlio e della nuora del De Bene.

2. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto il sig. De Bene titolare – seppur inattivo – dell’impresa diretta coltivatrice ed ha affermato che l’eventuale cancellazione della posizione del coltivatore diretto avrebbe potuto operare retroattivamente sono in caso di pagamento della contribuzione dovuta per il periodo pregresso, pagamento che nella specie non era avvenuto.

3. Avverso tale sentenza ricorre il contribuente con tre motivi, cui resiste con controricorso l’INPS.

CONSIDERATO CHE:

4. Con il primo motivo si deduce -ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5 c.p.c.- violazione degli articoli 2, 3, 4, 9 e 10 della legge 9/63, per avere la sentenza impugnata trascurato che il contribuente era estraneo al nucleo familiare del figlio e alla sua attività, e per aver trascurato la ricorrenza dei presupposti per la cancellazione della posizione assicurativa, restando a tal fine irrilevante la mancata regolarizzazione della posizione previdenziale altrui.

5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce -ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione degli artt. 9 e 10 della legge 9/63, per avere trascurato la sentenza impugnata l’obbligo dell’INPS di rettifica delle posizioni assicurative, sulla base delle risultanze di un verbale ispettivo dello stesso INPS (che nella specie aveva accertato un autonomo nucleo di coltivatore diretto in capo al figlio ed alla nuora del ricorrente).

6. Con il terzo motivo di ricorso si deduce -ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c.- violazione dell’art. 102 c.p.c., per mancato rispetto del litisconsorzio necessario dei familiari del titolare dell’impresa.

7. E’ preliminare l’esame del terzo motivo, che attiene all’integrità del contraddittorio nel giudizio di merito.

8. Il motivo è infondato, atteso che non vi è alcun litisconsorzio tra il titolare dell’impresa ed i suoi familiari nel giudizio relativo al debito contributivo dell’impresa, pur determinato in relazione al lavoro dei familiari predetti, atteso che il debito contributivo verso l’INPS è solo dell’imprenditore e noi dei lavoranti nella stessa (Cass., Sez. L, Sentenza n. 5353 del 16/03/2004, rv. 571223 – 01)).

9. I motivi primo e secondo possono essere esaminati insieme per la loro connessione: essi sono infondati.

10. Infatti, l’obbligo contributivo dell’impresa coltivatrice diretta è basato sulla iscrizione della impresa (cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 1055 del 25/01/2012, Rv. 620905 – 01), iscrizione per la quale non risulta nella specie vi sia stata richiesta di cancellazione in sede amministrativa, prima della maturazione del debito contributivo per cui è causa.

11. Peraltro, anche a non considerare che l’iscrizione e il suo mantenimento possono ben costituire una presunzione semplice di continuazione dell’attività lavorativa, in quanto chiari indizi di svolgimento attuale della corrispondente attività, sia pure suscettibili di essere smentiti da una prova contraria (cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 8651 del 12/04/2010, Rv. 613569 – 01), deve osservarsi che -in presenza di iscrizione dell’impresa- l’inattività lavorativa del titolare non può assumere alcuna rilevanza, ricollegandosi in ogni caso alla posizione del De Bene, benché titolare inattivo, la titolarità dei poteri imprenditoriali e dei relativi ricavi e, per altro verso, la titolarità di posizione (e dunque eventuali benefici) previdenziale.

12. Ne consegue, nella specie, la responsabilità del titolare dell’impresa anche con riferimento agli obblighi contributivi pur inerenti alla posizione dei coadiuvanti nell’impresa familiare.

13. Le spese seguono la soccombenza.

14. Si dà inoltre atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’INPS delle spese, che si liquidano in euro 3.000 per competenze professionali, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.