REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
MAURO DI MARZIO Presidente
ALESSANDRA DEL MORO Consigliere
MASSIMO FALABELLA Consigliere
FEDERICO ROLFI Consigliere – Rel.
PAOLO CATALLOZZI Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4043/2021R.G. proposto da
(OMISSIS) XX SRL, in persona del legale rappresentante pro temporeed elettivamente domiciliata in ROMA VIA (OMISSIS) (OMISSIS), 27, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS)
–ricorrente–
contro
BANCA MEDIOLANUM SPA, in persona del legale rappresentante pro temporeed elettivamente domiciliat a in ROMA VIA (OMISSIS) 60, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS)
–controricorrente–
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 3204/2020 depositata il 03/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13/03/2025 dal Consigliere Dott. Federico Rolfi;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 3204/2020, pubblicata in data 3 luglio 2020, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata MEDIOLANUM BANCA SPA, ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) XX S.R.L. avverso la sentenza del Tribunale di Velletri n. 1818/2015, pubblicata in data 5 giugno 2015, la quale, in accoglimento dell’opposizione proposta da MEDIOLANUM BANCA SPA aveva revocato il decreto ingiuntivo col quale era stata ingiunta a quest’ultima la consegna in favore della (OMISSIS) XX S.R.L. di copia della documentazione di tutte le operazioni intercorse tra le parti nel periodo 1° gennaio 2005 –20 maggio 2008.
2. La Corte d’appello ha disatteso i motivi di gravame, affermando, in sintesi, che il diritto riconosciuto dall’art. 119 TUB non può essere esercitato con le forme del decreto ingiuntivo sia perché la documentazione in questione deve essere preventivamente formata – non potendosi quindi parlare di mera consegna –sia perché nella specie non ricorreva il requisito dell’esigibilità, essendosi l’appellante rifiutata di anticipare le spese di estrazione delle copie richieste.
3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre (OMISSIS) XX SRL.
Resiste con controricorso MEDIOLANUM BANCA SPA.
4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 119 TUB e 633 c.p.c.
La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima ha escluso la possibilità di esercitare il diritto di cui all’art. 119 TUB tramite ricorso per decreto ingiuntivo sulla base della considerazione per cui l’ottemperanza alla richiesta di consegna comporterebbe anche un facere da parte della Banca.
Argomenta che nella fattispecie di cui all’art. 119 TUB prevale il profilo della mera consegna, rispetto alla quale la formazione della documentazione presenta un aspetto di mera attuazione pratica.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 633 e 638 c.p.c.; 1186 c.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza del requisito dell’esigibilità, rilevando come, in ogni caso, tale requisito si sarebbe integrato nel momento in cui la controricorrente ha rifiutato la consegna della documentazione.
2. I due motivi di ricorso sono fondati.
2.1. Giova rammentare che questa Corte ha, ormai da tempo, chiarito che il diritto del cliente di ottenere dall’istituto bancario la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell’ultimo decennio, previsto dal quarto comma dell’art. 119 TUB , si configura come vero e proprio diritto sostanziale la cui tutela è riconosciuta come situazione giuridica finale e non strumentale, il cui riferimento sistematico generale può ravvisarsi negli obblighi integrativi strumentali di cui agli artt. 1175, 1374 e 1375 c.c. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11733 del 19/10/1999; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12093 del 27/09/2001; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 13277 del 28/05/2018; Cass. Sez. 1 -Ordinanza n. 35039 del 29/11/2022) e che si applica anche a situazioni soggettive che, se pur derivanti da un rapporto concluso, non hanno ancora esaurito nel tempo i loro effetti (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11004 del 12/05/2006; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15669 del 13/07/2007).
In quanto autonomo diritto sostanziale, quindi, lo stesso, in caso di inottemperanza dell’istituto di credito, ben può trovare autonoma tutele in sede giurisdizionale, e cioè essere oggetto di una specifica domanda volta a conseguire la condanna all’adempimento dell’obbligo legale, al di là della finalità posta alla base della domanda medesima, e quindi al di là dei casi in cui, essendo la richiesta funzionale all’esercizio in giudizio di un ulteriore pretesa, si possa altresì venire a presentare il distinto profilo dell’impiego ulteriore dello strumento processuale di cui all’art. 210 c.p.c. (in ordine al quale la posizione di questa Corte è stata recentemente chiarita da Cass. Sez. 1 -Sentenza n. 24641 del 13/09/2021e da Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 23861 del 01/08/2022).
2.2. Tra gli strumenti processuali attivabili per la tutela di un diritto rientraanche il procedimento per decreto ingiuntivo – evidentemente in presenza dei presupposti stabiliti dal codice di rito– ed è proprio in ordine a tale profilo che la Corte capitolina ha, per una prima volta, fatto inadeguato governo delle norme di diritto, nel momento in cui ha affermato che l’odierno ricorrente non poteva far ricorso allo strumento del monitorio, venendo in rilievo un’obbligazione di facere.
Come da questa Corte anche recentemente osservato, infatti, l’oggetto della domanda monitoria fondata sul disposto di cui all’art. 119 TUB è costituito dal diritto di ottenere la consegna documentale (Cass. Sez. 1 -Ordinanza n. 29272 del 13/11/2024), diritto che, quindi, si connota nei termini non di un facere bensì di un dare, tale essendo l’obbligazione ineseguita dall’Istituto di credito e della quale si chiede la tutela in sede giurisdizionale.
Non vale a modificare tali conclusioni l’affermazione, contenuta nella decisione impugnata, per cui “l’oggetto materiale del diritto, vale a dire la copia della documentazione, non preesiste al suo esercizio ed implica la necessità di “formare” la copia della documentazione affinché essa sia, poi, consegnata all’avente diritto”.
L’affermazione, in primo luogo, viene di fatto a snaturare in radice il contenuto della previsione di legge che la Corte territoriale era chiamata ad applicare, trasformando un diritto alla consegna –quale è quello univocamente configurato dal legislatore –nel diritto ad ottenere dall’Istituto di credito un facere, senza in alcun modo considerare che, rispetto all’obbligo legaledi consegna, il profilo della formazione della copia ha carattere meramente secondario, strumentale e, infine, eventuale.
Eventuale perché, in secondo luogo, il diritto del cliente investe la “documentazione” e cioè un supporto che contenga i dati relativi alle operazioni poste in essere nel corso del rapporto con la banca, con la conseguenza che, ove vi sia opzione del cliente in tal senso, ben potrebbe essere tale supporto meramente informatico, così come totalmente informatizzato risulta ormai essere ogni sistema di registrazione operante presso gli istituti di credito, al punto che ormai lo stesso “originale” – e non la sola “copia” – delle registrazioni delle movimentazioni è ormai smaterializzato ed allocato su supposto informatizzato (cfr., per una lettura ben consapevole di tali profili e degli specifici riflessi sull’applicazione degli artt. 2712 e 2719 c.c., Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11269 del 15/06/2004; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23389 del 16/11/2016; Cass. Sez. 1 -Ordinanza n. 14686 del 06/06/2018).
Un’interpretazione adeguata alla realtà dei tempi, allora, impone di intendere l’art. 119 TUB come espressione di un diritto al “dato”, quale che sia il supporto sul quale lo stesso viene poi ad essere incorporato, essendo, allora, ancora più evidente che lo scenario della “formazione della copia”, sul quale la Corte capitolina ha basato le proprie considerazioninon vale a trasformare l’adempimento dell’obbligazione ex art. 119 TUB ad unaipotesi di facere, come tale esclusa dall’ambito di operatività del procedimento per decreto ingiuntivo, permanendo l’evidente centralità della consegna del “dato”, cioè della copia della documentazione.
Si deve, allora, ribadire il principio per cui il diritto alla consegna di copia della documentazione regolato dall’art. 119 TUB, in quanto diritto sostanziale tutelabile in via pienamente autonoma in sede giurisdizionale, può essere esercitato anche mediante lo strumento processuale del ricorso per decreto ingiuntivo, avendo lo stesso ad oggetto la consegna di copia della documentazione, indipendentemente dalle modalità che si rendano necessarie per la realizzazione di tale copia.
2.3. La Corte d’appello di Roma, peraltro, è incorsa in un ulteriore malinteso interpretativo, nel momento in cui ha ritenuto che la pretesa azionata in monitorio non fosse assistita dall’esigibilità a causa del rifiuto dell’odierna ricorrente di corrispondere la somma di € 82,56 “quale costo delle operazioni di formazione della copia della documentazione richiesta” ed ha concluso che “il diritto ad ottenere copia della documentazione implica che l’interessato ne sopporti le spese”.
Al riguardo, osserva questa Corte che l’art. 119, quarto comma, TUB si limita a prevedere, al proprio ultimo comma, che “al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione”.
Com’è agevole constatare dalla mera lettura, il dettato normativo –che, sia detto incidenter , evidenzia che il legislatore del D. Lgs. n. 383/1993 aveva ben presente il profilo della “produzione” della copia senza tuttavia configurare il diritto del cliente nei termini di un facere – non viene in alcun modo a subordinare il diritto del cliente alla consegna della documentazione alla rifusione di quelli che sono meri oneri di produzione e, men che meno, pone tali oneri in rapporto di sinallagmaticità con la consegna stessa della documentazione, dovendosi quindi concludere nel senso che l’esercizio del diritto alla consegna della copia opera indipendentemente dalla rifusione degli oneri di produzione che, peraltro, l’istituto di credito, in pendenza di rapportodi conto corrente , ben può addebitare direttamente sul conto medesimo.
È pertanto evidente che un’interpretazione, come quella fatta propria dalla Corte d’appello di Roma, verrebbe invece a determinare indirettamente un’inammissibile limitazione nell’esercizio di un diritto che, come rammentato poc’anzi, risulta riconducibile agli obblighi di cui agli artt. 1175, 1374 e 1375 c.c., a propria volta declinati con riferimento agli obblighi di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., e quindi ad un sistema di tutela del contraente che è svincolato da una mera impostazione di sinallagmaticità.
Seguendo, invece, la tesi della decisione impugnata, il diritto del cliente si troverebbe ad essere potenzialmente paralizzato da un elemento di rango evidentemente inferiore e recessivo e cioè da lla pretesa dell’Istituto di credito a conseguire preliminarmente un mero recupero di spesa che, peraltro, viene ad essere unilateralmente quantificato dallo stesso Istituto di credito e che quindi ben potrebbe essere utilizzato come strumento per rendere artificiosamente oneroso l’esercizio del diritto stesso.
Si deve, in conclusione, ritenere che la facoltà dell’Istituto di credito di addebitare al cliente i costi di produzione della copia della documentazione ex art. 119 TUB non costituisca elemento condizionante l’esercizio pieno del diritto previsto dalla norma medesima e non valga, quindi, a rendere il diritto medesimo come inesigibile ai fini del suo esercizio in sede giurisdizionale.
3. Il ricorso deve quindi essere accolto e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, la quale, nel decidere conformandosi ai principi qui enunciati, provvederà altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte suprema di Cassazione, il giorno 13 marzo 2025.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2025.