REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente
Dott. CIAMPI Francesco Mari – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere
Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) S.P.A.;
(OMISSIS) FABIO ARTURO nato a MILANO il xx/xx/xxxx;
(OMISSIS) NICOLA nato a MILANO il xx/xx/xxxx;
(OMISSIS) LUIGI nato a MANDURIA il xx/xx/xxxx;
(OMISSIS) GIROLAMO nato a TARANTO il xx/xx/xxxx;
(OMISSIS) ALFREDO nato a ORIGGIO il xx/xx/xxxx;
(OMISSIS) AGOSTINO nato a MASONE il xx/xx/xxxx;
(OMISSIS) GIOVANNI nato a BERZO INFERIORE il xx/xx/xxxx;
avverso l’ordinanza del 08/07/2019 della CORTE ASSISE di TARANTO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCI;
lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Paolo FIMIANI che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte di assise di Taranto, con ordinanza dibattimentale dell’8 luglio 2019 resa nel processo nei confronti di Nicola Riva + 46, ha accolto, dopo che era terminata l’attività di escussione dei testi a carico, le richieste di prova testimoniale del pubblico ministero, formulate ai sensi dell’art. 430 cod. proc. pen.
Fermo il principio che non v’è termine finale per il compimento di attività integrativa di indagine, non occorre verificare, ai fini dell’ammissione delle prove così dedotte, la loro assoluta necessità al fine della decisione, occorrendo soltanto garantire che la prova da assumere a seguito della attività integrativa di indagine espletata dalle parti rispetti il disposto dell’art. 526 cod. proc. pen., che stabilisce l’utilizzabilità soltanto delle prove legittimamente acquisite.
Del resto, il mancato rispetto dell’ordine di assunzione delle prove nel corso dell’istruzione dibattimentale non è causa di nullità, risolvendosi in una mera irregolarità.
Nel caso di specie, siccome era già stata conclusa la fase dell’assunzione delle prove a carico, non si è verificata alcuna inversione dell’ordine di assunzione delle prove; non si è consumata poi una violazione delle prerogative difensive, perché gli imputati hanno avuto la possibilità di articolare prove di segno contrario a quello delle prove addotte dal pubblico ministero.
2. Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso i difensori di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) s.p.a., imputata ex d. Igs. n. 231 del 2001 e degli imputati Fabio Arturo (OMISSIS), Noca (OMISSIS), Luigi (OMISSIS), Girolamo (OMISSIS), Alfredo (OMISSIS) e Agostino (OMISSIS), che hanno dedotto l’abnormità del provvedimento, nella parte in cui, sospendendo la fase di istruzione a discarico, aperta dopo l’esame degli imputati, è stata ammessa, ai sensi dell’art. 430 cod. proc. pen., l’escussione di nuove prove testimoniali a carico, in quanto ritenute non manifestamente superflue né irrilevanti.
In tal modo la Corte territoriale ha confuso i tempi e i modi per formulare le richieste di ammissione al giudice con i termini previsti per il compimento delle ulteriori indagini, disciplinati dall’art. 430 cod. proc. pen. perché ha ritenuto che in qualunque momento dell’istruzione dibattimentale possa essere consentita l’apertura di una parentesi probatoria per consente l’esecuzione di nuovi testimoni d’accusa.
La possibilità di esperire attività integrativa di indagine senza alcun termine finale non vale ad introdurre un regime di deroga in tema di acquisizione della prova.
Seppure le prove addotte fossero sopravvenute, il criterio di ammissione non avrebbe potuto essere che quello della assoluta necessità ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. e non quello di cui all’art. 190 cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata ha determinato una irragionevole e scomposta dilatazione dei tempi del processo, lo ha snaturato violando l’ordine di assunzione delle prove senza il consenso delle parti.
Essa è abnorme per l’eccentricità delle conseguenze ponendo in pericolo l’equilibrio funzionale del procedimento e la stessa nozione di processo come serie ordinata di atti tendenti alla stabilità della sua conclusione.
Ha determinato una crisi di funzionamento del processo con regressione della istruzione dibattimentale alla sub-fase di escussione delle prove a carico, deviando dal modello legale al di fuori dei casi consentiti e al di là di ogni ragionevole limite.
In subordine, ove si ritenga che l’articolo 430 cod. proc. pen. sia da interpretare secondo quanto fatto dalla Corte di assise, si profila una questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 111 Cost. e per insanabile conflitto con l’art. 6 Convenzione Edu in punto di giusto processo.
3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
4. Il difensore delle parti civili costituite ha depositato memoria con cui ha sollecitato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
5. I difensori dei ricorrenti hanno quindi proposto memoria con cui hanno insistito nelle ragioni dei ricorsi e hanno depositato il parere rilasciato dal prof. P. Ferrua a riscontro della fondatezza degli stessi.
Considerato in diritto
1. I ricorsi non meritano considerazione per le ragioni di seguito esposte.
2. L’ordinanza di cui i ricorrenti si dolgono è ordinariamente impugnabile, secondo il meccanismo delineato dall’art. 586 cod. proc. pen., unitamente alla sentenza, e già questo profilo di disciplina preclude la prospettazione di abnormità, dato che tale condizione giova a superare i limiti posti dal principio di tassatività oggettiva delle impugnazioni e quindi attiene ai provvedimenti che, proprio in ragione della loro eccentricità, risultano inoppugnabili. In tal senso si è già espressa Sez. 2, n. 22599 del 08/05/2014, Somma e altro, Rv. 259626 decretando l’inammissibilità dell’immediata impugnazione per abnormità “dell’ordinanza dibattimentale di ammissione delle prove in quanto l’ordinanza prevede, in relazione alla stessa, un potere impugnatorio specifico, benché differito”.
3. L’ordinanza è comunque errata.
Il giudice infatti non ha operato una corretta valutazione nel ritenere che la norma di cui all’art. 430 cod. proc. pen., che autorizza lo svolgimento delle attività integrative di indagini senza preclusioni temporali, funga al contempo da deroga alle ordinarie scansioni processuali per la proposizione delle richieste istruttorie.
Non è in discussione la premessa del ragionamento svolto dalla Corte di assise e cioè che il pubblico ministero abbia il potere di compiere attività di indagine anche nel corso del dibattimento.
È stato chiarito nella giurisprudenza di legittimità che “l’attività integrativa d’indagine da parte del pubblico ministero non è soggetta ad alcun limite cronologico finale … coerentemente con il principio della parità delle parti nel processo stabilito dall’art. 111, comma secondo, cost., essendo il difensore legittimato allo svolgimento di attività di investigazione difensiva in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell’art. 327-bis, comma secondo, cod. proc. pen.” ( Sez. 5, n. 40467 del 16/04/2018, Torino e altri, Rv. 273884 -).
Il punto è che l’attribuzione alle parti del potere di svolgere investigazioni anche dopo il rinvio a giudizio e in ogni stato e grado del procedimento non significa che esse siano autorizzate all’immediata, e non altrimenti ordinata, richiesta al giudice di ammissione del dato di prova.
4. I piani non vanno confusi: l’attività integrativa di indagine, pur strumentale all’adozione di iniziative probatorie nel processo in corso, ne deve rispettare le ordinarie cadenze e i risultati investigativi devono trovare il modo di incanalarsi, come richieste di prova, rispettando gli snodi della progressione processuale.
Se si ricorre a qualche semplificazione è più agevole comprendere il senso dell’affermazione: sarebbe infatti di immediata percezione l’irritualità dell’ammissione di una prova richiesta in corso di discussione finale o, ancor di più, nel momento della deliberazione, o ancora, fuori dei casi di urgenza, nella fase degli atti preliminari al giudizio.
Allo stesso modo allora deve apprezzarsi l’irritualità dell’ammissione di prove richieste nel corso dell’istruzione dibattimentale e quindi ben al di là della fase deputata alla ammissione delle domande di prova delle parti e ben prima che il giudice possa valutare, secondo il criterio dell’assoluta necessità, l’integrazione del corredo probatorio conseguente all’istruzione dibattimentale.
5. L’irritualità del provvedimento di ammissione delle prove in corso di istruzione dibattimentale, pur a non voler considerare l’ordinaria previsione di impugnabilità in uno con la sentenza, non potrebbe risolversi in abnormità e non potrebbe consentire quindi l’immediata impugnazione. Non si apprezza, infatti, né il profilo strutturale né quello funzionale del vizio atipico.
5.1. Esso non è talmente eccentrico da porsi al di fuori dell’ordinamento processuale e non è emesso in difetto di potere. Il fatto che non si versi in uno degli spazi processuali deputati alla valutazione delle richieste o delle sollecitazioni probatorie delle parti non implica la mancanza di un presupposto necessario per l’individuazione in capo al giudice del dibattimento del potere di ammissione delle prove ma si sostanzia nella violazione di una modalità procedimentale per il suo esercizio.
5.2. Inoltre, non ricorre la cd. abnormità funzionale perché il provvedimento non comporta una stasi del processo né l’impossibilità di proseguirlo; non causa nemmeno la regressione, non potendo affermarsi, ai fini di apprezzare il fenomeno regressivo, che la fase dell’istruzione dibattimentale si componga a sua volta di (sotto)fasi, l’una dedicata alle prove a carico, l’altra all’esame delle parti, l’altra ancora alle prove a discarico.
Seppur segnato dalla violazione dell’ordine di assunzione, che secondo la giurisprudenza di legittimità non determina nullità, la fase dell’istruzione dibattimentale, che è unica, non patisce né stasi né regressioni quando l’ammissione ha ad oggetto una prova a carico mentre si stanno assumendo quelle a discarico, e procede seppure con un ordine diverso da quello delineato dalla legge.
6. È pur vero che il provvedimento intempestivo si avvale di un criterio meno restrittivo di quello che la legge riserva per le valutazioni da operarsi nel momento successivo alla raccolta delle prove richieste dalle parti ai sensi dell’art. 495 cod. proc. pen., ossia quello dell’assoluta necessità per la decisione; ma se tale aspetto rivela del provvedimento la non conformità a legge non per questo lo rende abnorme, per quanto poco prima detto.
Si tratta, al più, di un profilo di illegittimità che può essere sindacato dal giudice dell’impugnazione della sentenza.
7. L’assenza di abnormità per le duplici concorrenti ragioni sino ad ora esposte comporta, prima ancora che l’infondatezza, l’inammissibilità delle impugnazioni, atteso che il provvedimento, se non abnorme, non è immediatamente impugnabile.
8. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ma non anche la condanna al pagamento di una somma a favore della Cassa delle ammende non potendo apprezzarsi, per la complessità della questione involta dai ricorsi, profili di colpa nella proposizione degli stessi.
Come affermato da Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016 – dep. 15/07/2016, Failla, Rv. 267585, “la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., in caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, trova il suo fondamento nel principio di «responsabilità processuale» enunciato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 69 del 20 giugno 1964, ed ha carattere discrezionale, in funzione dell’apprezzamento dei profili di «colpa» ravvisabili a carico della parte privata per aver presentato un’impugnazione temeraria, ovvero connotata da avventatezza, superficialità, o finalità meramente dilatorie”.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2020.