Il risarcimento del danno non costituisce presupposto per l’affidamento in prova al servizio sociale (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 22 novembre 2021, n. 42739).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – Rel. Consigliere

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ADRIANO nato a ROMA il 30/04/19xx;

avverso l’ordinanza del 04/02/2021 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MICHELE BIANCHI;

lette le conclusioni del PG, Dott.ssa Antonietta PICARDI, che ha chiesto l’annullamento, con rinvio, dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata in data 26 aprile 2021 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta presentata da Adriano (OMISSIS) di ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.

L’ordinanza, rilevato che l’istante deve scontare una condanna ad anni due di reclusione per omicidio colposo commesso con violazione della normativa antinfortunistica sul lavoro ed era tenuto al risarcimento del danno in favore degli eredi della vittima, beneficiari di una provvisionale di €. 50.000 non ancora versata, ha ritenuto che in assenza di attività riparatorie non risultasse adeguata la più ampia misura alternativa, mentre poteva essere ammessa la detenzione domiciliare, misura alternativa alla quale l’istante veniva ammesso.

2. Il difensore di Adriano (OMISSIS) ha presentato ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Con il primo motivo viene denunciata violazione dell’art. 47 ord. pen., per aver il Tribunale ritenuto necessaria, ai fini della concedibilità della misura richiesta, lo svolgimento di attività riparatorie in favore delle persone danneggiate dal reato.

Con il secondo motivo viene denunciato il difetto di motivazione della decisione assunta, avendo il Tribunale omesso di verificare le ragioni del mancato risarcimento, dato, peraltro, che non veniva valutato in comparazione degli ulteriori dati, tutti positivi, di cui l’ordinanza dà atto.

3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento, con rinvio, dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato e va pronunciato annullamento, con rinvio, dell’ordinanza impugnata.

1. L’ordinanza impugnata ha negato l’ammissione alla più ampia misura alternativa sul rilievo dell’assenza, da parte del condannato, di attività riparatorie in favore delle vittime del reato, nella specie i parenti della persona deceduta, a causa della condotta colposa tenuta dall’istante, e beneficiari di una provvisionale non versata dal condannato.

Il ricorso, che impugna la decisione in parte qua, pone la questione della rilevanza, ai fini del giudizio richiesto al Tribunale di sorveglianza, dello svolgimento, o meno, da parte del condannato di attività riparatorie del danno cagionato dal reato commesso.

2. La norma di cui all’art. 47 ord. pen. definisce il giudizio richiesto al Tribunale di sorveglianza nel senso di una prognosi sulla idoneità della misura ai fini della rieducazione del condannato (“Il provvedimento è adottato … nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati”).

Detto giudizio, riservato alla discrezionalità del Tribunale, deve pur tuttavia essere fondato sull’osservazione della personalità, sia essa compiuta dall’equipe interna all’istituto dove si trova detenuto l’istante sia essa desumibile dalla condotta tenuta dopo la consumazione del reato e prima della presentazione della richiesta.

Quanto alle condotte riparatorie del danno da reato, è previsto che nel verbale, in cui sono dettate le prescrizioni della misura, “deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del reato …” (art. 47, comma 7, ord. pen.).

Dunque, l’assenza di condotte riparatorie già svolte prima della presentazione della richiesta di ammissione alla misura non è di per sé dato ostativo all’accoglimento della richiesta, pur potendo, ove tale mancanza sia imputabile a scelta del condannato, essere considerato, negativamente, nell’ambito del giudizio sulla personalità e quindi sulla idoneità rieducativa della misura richiesta.

Una volta ammesso il condannato alla misura, nel corso di esecuzione rimane sub judice, essendo consentita la revoca della misura ovvero il giudizio di esito negativo, la compatibilità della condotta del soggetto con il perseguimento del fine rieducativo.

Anche da questo punto di vista, non sono previsti automatismi, ma è richiesto al Tribunale una valutazione complessiva avente ad oggetto l’effettiva adesione del condannato al perseguimento del fine rieducativo.

In giurisprudenza, si è dunque, coerentemente, affermato che “Il risarcimento del danno non costituisce presupposto per l’affidamento in prova al servizio sociale, dovendosi a tal fine valutare l’idoneità della misura a contribuire alla rieducazione del reo e ad assicurare la prevenzione del pericolo di recidiva” (Sez. 1, Sentenza n. 3713 del 22/05/2000, Giorgio, Rv. 216623) e che “è viziata l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza che respinga la richiesta di applicazione della suddetta misura alternativa deducendo l’assenza di segni di ravvedimento esclusivamente dal mancato risarcimento, anche solo parziale, del danno, omettendo di considerare le concrete condizioni economiche del reo” (Sez. 1, Sentenza n. 5981 del 21/09/2016, Panelli, Rv. 269033).

Con riguardo al rilievo delle condotte riparatorie nel contenuto della misura, si è precisato che “È illegittima l’ordinanza con la quale il Tribunale di sorveglianza, nel concedere l’affidamento in prova al servizio sociale, imponga al condannato l’incondizionato obbligo di provvedere all’integrale risarcimento del danno, anticipando che, in mancanza di tale adempimento, la prova verrà sospesa o revocata” (Sez. 1, Sentenza n. 47126 del 17/11/2009, Colatore, Rv. 245886; Sez. 1, Sentenza n. 11923 del 21/11/2018, NICASTRO, Rv. 275171).

3. L’ordinanza impugnata, dunque, laddove ha ritenuto l’inidoneità della più ampia misura alternativa “in assenza di qualsivoglia documentata attività risarcitoria e/o impegno in opere riparatorie da effettuarsi nel sociale e alle quali fa espresso riferimento la norma di cui all’art. 47 L.P.” ha dato una non corretta interpretazione del disposto normativo, che, invece, non individua dati ostativi rispetto alla misura né la configura come diritto del condannato che abbia tenuto determinate condotte, ma richiede al Tribunale di sorveglianza una complessiva valutazione della attuale personalità del condannato.

In tale ambito, che deve tener conto del reato e della condotta successiva, può avere significativo rilievo l’atteggiamento assunto dal soggetto verso il reato e le sue conseguenze.

Sul punto, peraltro, deve essere condotta specifica indagine, onde apprezzare, appunto, la posizione assunta dal condannato, non essendo sufficiente a tal fine il mero dato oggettivo dell’assenza di condotte riparatorie.

Va dunque affermato il principio secondo cui “Ai fini del giudizio di ammissione alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale l’avvenuto, o meno, svolgimento di condotte riparatorie va valutato solo nell’ambito del giudizio sulla personalità, mentre, per quanto possibile, concorre a definire, attraverso l’imposizione di prescrizioni, il contenuto della misura alternativa”.

4. Va quindi pronunciato annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma perché provveda a nuovo giudizio sulla richiesta di ammissione all’affidamento al servizio sociale proposta da Adriano (OMISSIS).

Il giudice di rinvio, senza vincoli nel merito del giudizio, è tenuto a dare applicazione al principio di diritto affermato al superiore punto 3.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Così deciso il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria, addì 22 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.