Immigrati: la Cassazione detta i requisiti per l’accesso alla protezione umanitaria (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 23 gennaio 2020, n. 1531).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Mssimo – Rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34860/2018 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma V.le Angelico 38 presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso

-ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore

– intimato –

avverso la sentenza n. 612/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 21/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2019 dal Dott. FALABELLA Massimo.

FATTI DI CAUSA

1. — La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 21 agosto 2018, ha respinto il gravame proposto da (OMISSIS) avverso l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., in tema di protezione internazionale.

Il giudice distrettuale, in particolare, ha ritenuto sussistenti le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. — Contro tale sentenza (OMISSIS) ha proposto un ricorso per cassazione basato su tre motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. — I motivi posti a fondamento del ricorso si riassumono come segue.

Primo motivo: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Tale fatto viene identificato nella fede cattolica professata dal ricorrente e nella condizione di rischio, proprio dipendente dal suddetto credo religioso, cui lo stesso sarebbe esposto in caso di ritorno in Nigeria.

Secondo motivo: mancata concessione della protezione sussidiaria cui il richiedente avrebbe diritto in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese di origine; violazione o falsa applicazione dell’art. 14 d.lgs. n. 251/2007.

Viene lamentato che la Corte di merito avrebbe pronunciato sulla domanda avente ad oggetto la protezione sussidiaria senza prendere in considerazione alcun rapporto delle organizzazioni internazionali.

Terzo motivo: la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare l’applicabilità al ricorrente della protezione umanitaria ai sensi dell’art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998, nonché dell’art. 19 d.lgs. cit., il quale vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi.

Assume il ricorrente che il rimpatrio provocherebbe la violazione certa dei propri diritti fondamentali, ponendolo in una situazione di estrema difficoltà economiche sociale e imponendogli, nella sostanza, condizioni di vita del tutto inadeguate.

2. — Il ricorso è infondato.

Il primo motivo va disatteso.

Il ricorrente assume di aver dedotto, in appello, la condizione di pericolo in cui vivono i cristiani in Nigeria, tenendo conto dell’attività di Boko Haram.

La Corte di merito, con accertamento di fatto qui non censurabile, ha però evidenziato come tale organizzazione terroristica abbia una area di influenza cui è estranea la regione da cui proviene il ricorrente: ne discende che la censura si mostra carente di decisività.

La doglianza oggetto del secondo motivo di ricorso è sconfessata dalla sentenza impugnata, che reca precisa menzione della fonte presa in considerazione (rapporto UNHCR del 19 agosto 2016).

Quanto al terzo motivo, va premesso che la temuta violazione dei diritti umani, necessaria per l’accesso alla protezione umanitaria, deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente perché altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui all’art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286 del 1998 (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione; Cass. 2 aprile 2019, n. 9304).

Ciò posto, la Corte di appello ha basato la propria decisione in un accertamento in fatto, che sfugge al sindacato di legittimità, circa l’insussistenza, in capo al richiedente, di una condizione di vulnerabilità.

3. — Non vi sono spese da liquidare a favore della parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione Civile della Cassazione in data 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.