REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CATENA Rossella – Presidente –
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere –
Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere –
Dott. BORRELLI Paola – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI PAOLA GIACOMO nato a MESSINA il 26/02/1971;
avverso l’ordinanza del 17/07/2019 della CORTE APPELLO di MESSINA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAOLA BORRELLI;
letta la requisitoria del Procuratore generale Dott. ELISABETTA CESQUI, che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Messina.
RITENUTO IN FATTO
1. Il provvedimento oggetto di ricorso per cassazione è l’ordinanza pronunziata il 17 luglio 2019 con la quale la Corte di appello di Messina ha dichiarato inammissibile — per difetto di specificità — l’appello presentato nell’interesse di Giacomo Di Paola avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città che lo aveva condannato per furto aggravato di energia elettrica.
2. Ricorre per cassazione avverso detta ordinanza il difensore di fiducia del Di Paola, formulando un unico motivo, per inosservanza dell’art. 591 cod. proc. pen.
Riportando un tratto del gravame di merito, il ricorrente critica il giudizio di genericità dell’appello formulato dalla Corte territoriale, avendo l’appello contestato la riferibilità soggettiva del fatto alla sua condotta, in tesi frutto solo di una lettura del dato probatorio in malam partem; lo scrutinio di inammissibilità era stato svolto anche oltrepassando i limiti che gli sono propri ed entrando nel merito di quanto censurato con l’appello (e accedendo ad un automatismo in punto di responsabilità).
Egualmente specifiche sarebbero le doglianze dell’appello concernenti la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche — invocate in virtù dell’incensuratezza — e la severità del trattamento sanzionatorio.
3. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, tenuto conto che, se l’appello in punto di responsabilità era effettivamente generico, le censure quanto ai profili sanzionatori erano adeguatamente puntuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e, per l’effetto, l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi alla Corte di Appello di Messina per la celebrazione del giudizio.
2. La Corte di merito ha ritenuto che l’appello fosse aspecifico quanto alla riconducibilità soggettiva del fatto all’imputato e generico in ordine alle doglianze concernenti la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e la severità del trattamento sanzionatorio.
2.1. Ebbene, va ricordato che secondo Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli Rv. 268823, «l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato».
Il riferimento normativo attuale è costituito dalla lettera d) dell’art. 581, cod. proc. pen., che richiede che l’impugnazione debba contenere i motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Non va, poi, sottaciuto che proprio la sentenza Galtelli ha precisato che il sindacato sull’ammissibilità dell’appello, condotto ai sensi degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., non può ricomprendere – a differenza di quanto avviene per il ricorso per cassazione (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) o per l’appello civile – la valutazione della manifesta infondatezza dei motivi di appello, non espressamente menzionata da tali disposizioni quale causa di inammissibilità dell’impugnazione.
3. Ciò posto, non può dirsi che l’appello avesse mancato di “dialogare” con la sentenza impugnata.
3.1. Quanto al tema dell’an della responsabilità, il Collegio osserva che il provvedimento impugnato ha omesso di valutare che l’appello aveva contestato la mancanza, nella sentenza di primo grado, di specifiche proposizioni giustificative della riconducibilità soggettiva del fatto all’imputato, agitando la circostanza dell’intestazione ad un terzo dell’utenza; ebbene, tale impostazione non può dirsi caratterizzata da aspecificità, rispetto ad un sentenza di primo grado che, al tema della riferibilità soggettiva del fatto all’imputato, non aveva dedicato alcuna argomentazione.
Il giudizio sulla specificità del motivo, infatti, non può prescindere dallo spessore motivazionale della sentenza appellata, che richiede una critica tanto più puntuale, quanto specifiche sono le proposizioni giustificative della pronunzia che si intende avversare nel merito.
Né il Giudice di appello – come sopra osservato – può, nel giudicare l’ammissibilità dell’appello, negarla sotto il profilo della manifesta infondatezza.
3.2. Anche il motivo di appello sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche – predicando il rilievo che, sul punto, avrebbe dovuto in tesi avere l’incensuratezza dell’imputato e contestando un giudizio legato alla natura ed alla gravità della fattispecie astratta – non può dirsi aspecifico, laddove si contrapponeva ad un’assoluta mancanza di giustificazioni, da parte del Tribunale, circa la mancata applicazione del trattamento di favore.
Anche in questo caso alla Corte di merito non competeva un giudizio circa il valore giuridico delle argomentazioni spese, ma occorreva solo verificare se fossero state puntualmente enunciate le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
1.3. Ragionamento non dissimile è a farsi quanto al motivo di appello sul trattamento sanzionatorio, di cui la parte invocava un ridimensionamento, a fronte di una sentenza di prime cure che, al tema della quantificazione della pena, non aveva dedicato alcuna proposizione.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per il giudizio alla Corte di appello di Messina.
Così deciso il 22/09/2020.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020.