La Cassazione conferma il divieto di dimora per Filomena Greco nel Comune di Cariati (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 11 marzo 2020, n. 9778).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente –

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –

Dott. CAVALESE Ersilia – Rel. Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –

Dott. APRILE Ercole – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Greco Filomena, nata a Terravecchia il 11/06/1966;

avverso la ordinanza del 19/11/2019 del Tribunale di Catanzaro;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Luigi Orsi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

uditi i difensori, avv. Vincenzo Belvedere e avv. Giuseppe Labonia che si sono riportato ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro, quale giudice del rinvio, a seguito di annullamento della Corte di cassazione, riformava parzialmente in sede di riesame l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari del 9 luglio 2018, che aveva applicato a Filomena Greco la misura cautelare del divieto di dimora in vari comuni, disponendo la limitazione del divieto al solo Comune di Cariati.

La Greco era stata raggiunta dalla misura cautelare perché gravemente indiziata del delitto di cui all’art. 110, 81, secondo comma, 353-bis cod. pen.

Secondo la contestazione provvisoria, la Greco, quale Sindaco del Comune di Cariati, avrebbe, in concorso con Antonio Fusaro, rappresentante legale ed amministratore unico della società “Ecology Green s.r.l.”, Adolfo Benevento e Giuseppe Fanigliulo, quali dirigenti dell’area tecnica del predetto comune, e Cristoforo Arcovio, quale responsabile amministrativo e dell’ufficio gare della società “Ecology Green s.r.l.”, turbato la procedura per l’affidamento del pubblico servizio dei rifiuti solidi urbani del Comune di Cariati, avendo proceduto alla concorde individuazione della suddetta società come diretta affidataria del servizio; accordo attuatosi anche con proroghe successive fino al commissariamento dell’ente in data 3 gennaio 2018.

La procedura di riesame avviata dalla Greco aveva visto il provvedimento emesso dal Tribunale più volte subire l’annullamento in sede di legittimità in punto di valutazione della gravità del quadro indiziario, restando impregiudicata la questione delle esigenze cautelari.

Da ultimo, a seguito di annullamento della Corte di cassazione sul ricorso del P.M. (Sez. 2, n. 44592 del 11/09/2019, Greco, non mass.), il Tribunale ha confermato l’ordinanza genetica, fatta salva l’estensione della misura cautelare ad altri comuni oltre a quello di Cariati.

Per quel che interessa il presente giudizio di impugnazione, va segnalato che il Tribunale respingeva l’eccezione della difesa di inefficacia della misura cautelare ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen. (secondo la difesa, la misura cautelare non poteva essere applicata in quanto il periodo di durata massima di fase era stato già consumato da altra misura cautelare, intervenuta il 25 marzo 2019 nel medesimo procedimento), in quanto doveva ritenersi preclusa in radice la applicazione di detta norma, perché la misura cautelare in esame era intervenuta anteriormente all’altra indicata dalla ricorrente.

Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale evidenziava le seguenti circostanze:

– la esistenza di un altro filone investigativo relativo alla ricorrente emerso nell’ambito del presente procedimento per i reati per i quali la stessa era stata raggiunta da ulteriore misura cautelare per fatti di abuso di ufficio per favorire interessi della propria famiglia per la realizzazione di una clinica privata;

– la vicenda della turbativa d’asta connessa ai fatti in esame per l’affidamento alla società Ecology Green s.r.l. dell’appalto per i servizi di raccolta e trasporto di rifiuti con determinazione del 7 febbraio 2019, per la quale Giuseppe Fanigliulo e Cristoforo Arcovio erano stati raggiunti da altra misura cautelare;

– la circostanza che Sergio Salvati, concorrente nell’abuso di ufficio, sopra indicato, perpetrato a favore della ricorrente, e che era stato posto in libertà per mancanza di esigenze cautelari, risultava assessore con deleghe nel Comune di Cariati;

– la Greco era stata nuovamente eletta Sindaco nel 2018.

Alla luce di tali risultanze, il Tribunale riteneva concrete ed attuali le esigenze cautelari relativamente al pericolo di recidiva, in considerazione della gestione personalistica della carica pubblica in più episodi commessi senza soluzione di continuità, avvalendosi di persone fiduciarie e di propri funzionari, reiterata da ultimo con la nomina irregolare di Fanigliulo al fine di perseguire i propri interessi.

Quanto all’attualità, il Tribunale riteneva non rilevanti sia l’avvenuto pensionamento del Benevento e la revoca dell’incarico al Fanigliulo, posto che la ricorrente aveva dimostrato – come nel caso del Salvati – di poter dispiegare la sua influenza anche su altri collaboratori; sia la avvenuta revoca della misura cautelare applicata per l’abuso di ufficio, in quanto motivata dall’impossibilità, in prossimità della scadenza del termine di fase, di esaurire le indagini preliminari.

2. Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di fiducia dell’indagata, denunciando i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge (artt. 179, 283, 303, 308) in ordine ai termini di durata della misura cautelare; vizio di motivazione, violazione di legge (125, cod. proc. pen., 111 Cost., 179, 283, 303, 308) per mera apparenza e interna illogicità sul punto.

Era stato rappresentato al Tribunale del riesame che la ricorrente aveva subito la misura cautelare per la fase non accora conclusa delle indagini preliminari per un tempo superiore alla durata massima applicabile, ovvero i previsti 6 mesi (7 mesi e 16 giorni, dei quali 1 mese e giorni 21 per il reato ex art. 353-bis cod. pen. e il resto per il reato di cui all’art. 323 cod. pen.).

La misura del 9 luglio 2018, per il reato di cui all’art. 353-bis cod. pen. era stata eseguita il 17 luglio 2018 e poi revocata dal Tribunale del riesame il 7 settembre 2018.

Nel medesimo procedimento era stata applicata il 25 marzo 2019 alla ricorrente una seconda misura per fatti avvinti da connessione qualificata, che il Tribunale il 19 aprile 2019 aveva sostituito con quella del divieto di dimora in Cariati che veniva fatta cessare il 16 ottobre 2019.

Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione della regola dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., posto che in presenza di più ordinanze emesse nello stesso procedimento e per fatti connessi, andava considerata ai fini della retrodatazione dei termini di fase la prima delle ordinanze cautelari emesse.

2.2. Violazione di legge (274, 125, 292 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.

Si era fatto presente, a sostegno della non attualità delle esigenze cautelari, che dopo un anno e sei mesi dalla emissione dell’ordinanza cautelare erano sopravvenuti il pensionamento dell’Ing. Benevento, la revoca dell’incarico di Fanigliulo; l’aggiudicazione della gara; un ulteriore provvedimento cautelare per fatti successivi alla turbativa in esame senza il coinvolgimento della ricorrente; la revoca dell’altra misura cautelare per il reato di abuso d’ufficio; il tempo trascorso dai fatti (risalenti al dicembre 2017).

Il Tribunale in modo illogico ha spostato l’attenzione sull’altra vicenda cautelare per l’abuso di ufficio, per la quale peraltro la ricorrente non ha attualmente alcuna misura cautelare (e il Tribunale ha erroneamente escluso che la revoca fosse stata effettuata ex art. 306 cod. proc. pen.), utilizzando impropriamente la posizione di altro indagato il Salvati, mai raggiunto da titoli cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non ha fondamento.

2. Il primo motivo, indipendentemente dalla motivazione offerta dal Tribunale sul punto, deduce una questione priva di giuridica consistenza.

L’applicazione successiva di più misure coercitive non custodiali non comporta il cumulo dei periodi di sottoposizione a ciascuna misura ai fini della determinazione dei termini di fase che, invece, vanno autonomamente computati, ai sensi dell’art. 297, comma 2, cod. proc. pen., dal momento in cui le rispettive ordinanze sono notificate (Sez. 6, n. 10273 del 23/01/2019, A, Rv. 275202).

La retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. non opera neppure quando siano state eseguite nei confronti di uno stesso soggetto due ordinanze cautelari, una delle quali applichi una misura custodiale, mentre l’altra disponga una misura cautelare non detentiva (Sez. 6, n. 13886 del 20/12/2013, dep. 2014, Tassone, Rv. 259498).

Il disposto dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. laddove fa riferimento alla medesima misura va infatti interpretato nel senso di misure “coercitive custodiali” nel cui ambito rientra, oltre che la custodia cautelare in carcere anche quella domiciliare, ma non le misure non custodiali.

3. Il secondo motivo non può essere accolto, in quanto l’ordinanza impugnata offre una motivazione adeguata ai temi individuati dalla difesa, non manifestamente illogica in ordine all’apprezzamento del quadro cautelare e comunque priva di vizi giuridici.

Non appare infatti censurabile la valutazione della rilevanza sia della revoca intervenuta per l’altra misura custodiale – posto che la stessa è chiaramente motivata dalla imminenza della scadenza del relativo termine di durata – sia della sopravvenuta mutata posizione dei due coindagati all’interno del Comune – alla luce della dimostrata capacità della ricorrente di coinvolgere anche altri funzionari (e in tal senso assumeva rilievo la vicenda del Salvati).

Del tutto consentito era il riferimento all’altra vicenda cautelare che aveva interessato la ricorrente, dalla quale ben poteva il Tribunale desumere elementi a sostegno della ritenuta pericolosità della indagata in termini di concretezza ed attualità (tra tante, Sez. 2, n. 33544 del 21/06/2017, Maiorana, Rv. 270524).

4. Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 26/02/2020.

Depositato in Cancelleria l’11 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.