La sentenza di demolizione di un manufatto, è passata in giudicato. E’ revocabile? (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 16 marzo 2021, n. 10126).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere –

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere –

Dott. ZUNICA Fabio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) Raffaele, nato a (OMISSIS) (OMISSIS) il 18-11-19xx;

(OMISSIS) Vincenzo, nato a (OMISSIS) (OMISSIS) il 18-01-19xx;

avverso l’ordinanza del 06-02-2020 del Tribunale di Salerno;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Fabio Zunica;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, in persona del Dott. Ciro Angelillis, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 6 febbraio 2020, il Tribunale di Salerno, in sede esecutiva, rigettava l’istanza di revoca proposta nell’interesse di Raffaele (OMISSIS) e Vincenzo (OMISSIS) avverso l’ingiunzione a demolire di un manufatto sito in Cava de’ Tirreni, emessa dalla Procura della Repubblica di Salerno il 15 aprile 2009, in esecuzione della sentenza del Tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava de’ Tirreni del 15 marzo 2005, irrevocabile il 21 aprile 2005.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale campano, i (OMISSIS), tramite il loro comune difensore, hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando 4 motivi.

Con il primo, la difesa lamenta l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla mancata risposta da parte del Comune di Cava de’ Tirreni nei termini ordinari rispetto alla pendenza della pratica amministrativa pendente.

Con il secondo, il terzo e il quarto motivo, tra loro sovrapponibili e correlati al precedente, i ricorrenti deducono che anche il Tribunale non ha valutato compiutamente la pendenza del procedimento amministrativo, dovendosi considerare che, attualmente, oltre alla richiesta di permesso di costruire in sanatoria, pende presso il Comune di Cava de’ Tirreni, a partire dal gennaio 2020, anche una ulteriore pratica relativa alle operazioni di autodemolizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili perché manifestamente infondati.

1. Premesso che i motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente, perché tra loro sovrapponibili, occorre evidenziare che la questione della pendenza di procedimenti amministrativi è stata già adeguatamente valutata nel provvedimento impugnato, in cui è stato rilevato che “la difesa dei condannati ha solo allegato l’esistenza di procedure amministrative forse iniziate, ma non è dato conoscere lo stato attuale delle pratiche, né su quali basi le istanze siano state avanzate, che anzi gli unici documenti prodotti nel corso del tempo, essendo stati concessi diversi rinvii per documentare lo stato delle procedure amministrative, danno contezza di provvedimenti sfavorevoli per il condannato”.

Orbene, con tali argomentazioni i ricorsi non si confrontano, limitandosi a richiamare atti amministrativi che non smentiscono le affermazioni del Tribunale circa l’esistenza di provvedimenti finali incompatibili con l’ordine di demolizione.

L’ordinanza impugnata si pone in tal senso in sintonia con il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Rv. 260972), secondo cui, in tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente Autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.

Sulla stessa falsariga è stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 35201 del 03/05/2016, Rv. 268032 e Sez. 3, n. 42978 del 17/10/2007, Rv. 238145), che l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo se sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’Autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il predetto ordine di demolizione.

Orbene, nel caso di specie, non risultano provati né il rilascio di provvedimenti non compatibili con l’esecuzione dell’ordine di demolizione, né la possibilità di una definizione in tempi ragionevoli dei procedimenti amministrativi ancora pendenti, il cui stato attuale è rimasto peraltro ignoto (non essendo stata altresì provata l’attivazione di iniziative volte a superare in sede giudiziaria l’eventuale inerzia della Pubblica Amministrazione), per cui il provvedimento impugnato, in quanto sorretto da un apparato motivazionale privo dì profili di illogicità e in ogni caso coerente con le coordinate interpretative elaborate in materia, si sottrae alle censure difensive, proposte invero in termini non adeguatamente specifici.

2. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, i ricorsi proposti nell’interesse di Raffaele (OMISSIS) e Vincenzo (OMISSIS) devono essere dichiarati pertanto inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 06/11/2020.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.