Medico dell’Inps, componente Commissione Medica, accusato di avere attestato falsamente l’invalidità di un soggetto (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 24 ottobre 2019, n. 44396).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI GIOVANNI – Presidente

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – rel. Consigliere

la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani nel procedimento nei confronti di G.S. , nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 12/04/2019 del Tribunale di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alessandra Bassi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giulio Romano, che ha concluso chiedendo che il provvedimento sia annullato con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16 marzo 2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani ha applicato nei confronti di S.G. ed altri indagati, la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine al reato di cui agli artt. 110, 61 n. 9 e 640, comma secondo, cod. pen., “commesso in Trapani 1’8 marzo 2018 (capo 25).

In particolare, al G. è contestato in via provvisoria avere, in concorso con altri, nella qualità di medico in servizio presso la Commissione medica dell’INPS e quindi pubblico ufficiale, con artifici e raggiri – consistiti nell’attestare falsamente un aggravamento dello stato di invalidità di V.M.A.R. pari al 60%, a fronte dell’assenza di qualsiasi patologia rilevante -, posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore l’INPS di Trapani affinché fosse erogata una pensione di invalidità per patologia a favore del medesimo R., così da assicurargli un ingiusto profitto – pari all’aumento dell’importo erogato a titolo di aggravamento della patologia che assicurava la pensione di invalidità -, con pari danno erariale a carico dell’INPS, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà.

Come dato conto dai giudici della cautela, il fatto si inserisce in un contesto di condotte criminose contestate in via provvisoria a G.L.S. – deputato dell’assemblea della regione Sicilia -, ritenuto al centro di un complesso intreccio di relazioni criminali, finalizzato alla consumazione di vari reati contro la pubblica amministrazione, innestati su di una loggia massonica segreta operante in Castelvetrano, promossa dallo stesso L.S. per condizionare il funzionamento dell’indirizzo politico di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale nonché di apparati della pubblica amministrazione statale e degli enti locali.

Secondo la prospettazione accusatoria, L.S., attraverso un sistema di reiterate corruzioni reciproche, falsi e truffe in danno dell’INPS (fra cui appunto anche quella sub capo 25 ascritta al G.), avrebbe messo mano sul sistema della formazione professionale regionale e sulle erogazioni di indennità, pensioni e vantaggi di qualunque genere in favore di c.d. falsi invalidi, così da alimentare il proprio bacino elettorale e gli scambi clientelari.

1.1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Palermo, sezione specializzata per il riesame, ha dichiarato l’incompetenza per territorio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani in favore del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo e, esclusa la sussistenza del requisito dell’urgenza quanto alle esigenze cautelari e finanche l’attualità delle stesse, ha annullato l’impugnata ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani del 16 marzo 2019 disponendo la “trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani per le sue determinazioni in ordine alla rilevata incompetenza territoriale”.

1.2. A sostegno della decisione, il Collegio della cautela ha rilevato come l’ipotesi della truffa aggravata di cui al capo 25) sia pacificamente connessa – ai sensi dell’art. 12 lett. b) e c), cod. proc. pen. – ai reati contestati al L.S., di corruzione e di associazione per delinquere di cui al capo 29), in quanto volta perseguire lo scopo criminale di realizzare reati in danno della pubblica amministrazione, così da condizionare la vita politica e amministrativa in sede regionale.

Il Tribunale ha, tuttavia, rilevato come, contrariamente a quanto ritenuto dal P.M. e dal Gip, il reato più grave ai fini del radicamento della competenza ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen. sia da individuare non nella corruzione di cui agli episodi commessi in Trapani contestati sub capi 1) e 19), bensì nel peculato di cui al capo 8), pertanto suscettibile di esercitare la vis attractiva rispetto ai residui reati, peculato stimato radicato in Palermo.

1.3. Dopo avere premesso di voler aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale al Tribunale del riesame che rilevi l’incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato spetta la valutazione in ordine all’urgenza di mantenere la misura personale nelle more della rinnovazione da parte del giudice competente, il Collegio della impugnazione cautelare ha evidenziato come, nella specie, debbano ritenersi integrati i gravi indizi di colpevolezza quanto all’incolpazione elevata a carico del G. e come, nondimeno, non ricorrano i presupposti dell’urgenza quanto ai pericula libertatis ravvisati dal Gip nella specie, segnatamente il pericolo di inquinamento probatorio e quello di reiterazione criminosa.

Al riguardo, il Giudice, a quo ha rilevato, da un lato, che le fonti di prova sono ormai cristallizzate ed insuscettibili di alterazioni, trattandosi di captazioni e di documentazione sequestrata; dall’altro lato, che – come documentato dalla difesa – l’indagato ha risolto il rapporto di collaborazione con l’INPS e non v’è prova che il sanitario mantenga relazioni che possano continuare ad assicurargli il controllo delle pratiche della commissione collegiale dell’INPS per la perpetuazione delle truffe, “sicchè resta carente l’attestazione del requisito dell’urgenza, quando non anche dell’attualità della cautela”.

2. Nel ricorso proposto, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani chiede l’annullamento del provvedimento per violazione di legge penale in relazione a quattro profili, segnatamente:

a) alla ritenuta incompetenza territoriale dell’A.G. di Trapani;

b) alla stimata insussistenza del requisito dell’urgenza in relazione all’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento probatorio;

c) alla ravvisata insussistenza del requisito dell’urgenza in relazione all’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione criminosa;

d) alla erroneità della qualificazione del fatto sub capo 8) in quello di peculato anziché in quello di truffa aggravata.

2.1. A sostegno delle doglianze, la pubblica accusa ha preliminarmente evidenziato come il Tribunale del riesame, dopo avere dichiarato l’incompetenza territoriale dell’autorità giudiziaria di Trapani, abbia disposto la trasmissione degli atti non al pubblico ministero presso il Tribunale di Palermo, sia pure individuato come competente, ma “al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani per le sue determinazioni in ordine alla rilevata incompetenza territoriale”.

Provvedimento che si giustifica, da un lato, con il principio di cui all’art. 22, comma 2, cod. proc. pen. – secondo il quale le pronunce di incompetenza del giudice nella fase delle indagini preliminari producono effetti limitatamente al provvedimento richiesto; dall’altro lato, in ragione della peculiarità del caso di specie, derivante dalla circostanza che, nell’ambito dello stesso procedimento, si procede anche per un reato connesso e più grave di estorsione tentata commessa in Trapani, non oggetto della richiesta di misura cautelare per mancanza delle esigenze cautelari, ma comunque attrattivo della competenza rispetto alla truffa sub capo 8).

La parte pubblica ricorrente evidenzia inoltre l’erroneità del radicamento del delitto di peculato sub capo 8) in Palermo in considerazione della ritenuta consumazione del delitto nel momento in cui la Regione predispose l’ordinativo finalizzato all’erogazione del contributo a titolo di rimborso al L.S. per le somme versate a favore di M.L.M., sua collaboratrice politica presso l’assemblea regionale siciliana, dovendosi il momento perfezionativo del reato, più correttamente, individuare in quello in cui il deputato regionale destinava le erogazioni delle somme ricevute dalla Regione ad impieghi diversi da quelli per cui il denaro era stato elargito, cioè nel momento in cui L.S. versava la somma a G.A., marito della M., sulla scorta di un’istanza di rimborso corredata da giustificativi di spesa già sostenuti per un contratto di collaborazione invece del tutto fittizio, atteso che – solo in tale momento – il deputato regionale distraeva il denaro messogli a disposizione dalla Regione verso uno scopo diverso da quello consentito.

Stante l’assenza di elementi comprovanti il luogo di materiale consegna del denaro all’A., la competenza territoriale avrebbe dovuto essere individuata sulla scorta delle regole suppletive di determinazione della competenza, cioè – secondo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte – nel luogo in cui risulta commesso, in via a mano a mano più gradata, il reato successivamente più grave fra quelli connessi, nella specie la corruzione commessa in Trapani.

2.2. Sul fronte delle esigenze cautelari, la pubblica accusa ha evidenziato come il Tribunale abbia trascurato una serie di elementi indicativi della concretezza e dell’attualità sia del pericolo di inquinamento probatorio, stante il rischio che l’indagato possa concordare versioni di comodo con altri indagati o influire in modo determinante sul quadro probatorio acquisendo al processo; sia del pericolo di reiterazione criminosa, tenuto conto del fatto che, a prescindere dall’interruzione del rapporto di lavoro con l’ente pubblico, G. vanta una rete di relazioni con gli altri medici coindagati o con altri addetti all’INPS e, comunque, continua a svolgere attività libero-professionale, nell’ambito della quale potrebbe redigere altri atti falsi, attestando circostanze mediche difformi al vero al fine di garantire ai richiedenti un beneficio non dovuto.

2.3. In ultimo, il pubblico ministero evidenzia come, secondo la ricostruzione storico-fattuale del Tribunale del riesame, il reato suscettibile di esercitare la vis attractiva di cui al capo 8) dovrebbe essere qualificato come truffa aggravata, essendo stata d’altronde aggiornata in tale senso l’iscrizione ex art. 335, comma 2, cod. proc. pen. alla luce di nuove acquisizioni investigative.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.

2. In linea generale ed astratta, deve essere rilevato che la declaratoria d’incompetenza territoriale da parte del giudice nella fase delle indagini preliminari non è vincolante per il pubblico ministero presso l’ufficio dichiarato incompetente per territorio, il quale può comunque continuare a svolgere le proprie investigazioni.

Ciò fintanto – ed a condizione – che non debba chiedere l’emissione da parte del giudice di un provvedimento che egli ritenga irrinunciabile e necessario, nel qual caso non potrà non essere vincolato dalla statuizione adottata sul punto dall’organo giurisdizionale.

Come hanno avuto modo di chiarire le Sezioni Unite di questa Corte, è d’altronde inoppugnabile, salvo che sia abnorme, l’ordinanza con la quale, nel corso delle indagini preliminari, il giudice, ai sensi dell’art. 22, comma 1, cod. proc. pen., riconosce la propria incompetenza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero (Sez. U, n. 42030 del 17/07/2014, PM in proc. Giuliano e altri, Rv. 260242).

Con specifico riguardo alla materia cautelare, è inoltre pacifico che il Tribunale investito del giudizio per riesame ex art. 309 cod. proc. pen. è legittimato a verificare la competenza territoriale del giudice che ha emesso il provvedimento cautelare (v. Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199393) e che, qualora detto Tribunale dichiari l’incompetenza territoriale del giudice a quo, viene ad attivarsi il meccanismo previsto dall’art. 27 cod. proc. pen., che prevede l’ultrattività della misura cautelare nei venti giorni dalla trasmissione degli atti al giudice competente, il quale è appunto tenuto a rinnovare il titolo in detto termine, pena la perenzione della misura (Sez. U, n. 1 del 24/01/1996, Fazio, Rv. 204164).

2.1. Da tali premesse discende che, in tema di misure cautelari, nella fase delle indagini preliminari, la questione circa la competenza territoriale è rilevante soltanto se incida in concreto sul procedimento incidentale de libertate, se sia cioè tale da innescare il meccanismo dell’art. 27 cod. proc. pen., che – nell’imporre la tempestiva rinnovazione da parte del giudice individuato come competente per territorio a pena di inefficacia – ovviamente presuppone che, nonostante la declaratoria d’incompetenza, la misura cautelare sia stata mantenuta.

Di contro, detta questione risulta assorbita – dunque, inammissibile perché non sorretta da interesse – nel caso in cui la misura cautelare non sia più in atto perché l’ordinanza coercitiva sia stata annullata per la rilevata insussistenza di taluno dei requisiti di legge.

In tale caso, difatti, la declaratoria dell’incompetenza territoriale non impedisce al pubblico ministero presso l’ufficio dichiarato incompetente di proseguire le investigazioni, il quale non può pertanto vantare un interesse – concreto ed attuale – a rimuovere l’effettivo pregiudizio derivante dal provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 1695 del 19/03/1998, Papajani Rv. 210562).

2.2. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, prima di affrontare la questione concernente la competenza territoriale – sebbene in astratto prioritaria a quella relativa al “merito cautelare” – risulta indispensabile verificare se sia o meno fondato il secondo motivo di ricorso, concernente uno dei presupposti della misura cautelare, e se, pertanto, l’ordinanza applicativa della misura cautelare sia stata o meno correttamente annullata dal Tribunale siciliano, dipendendo da tale aspetto l’interesse dell’inquirente a coltivare il ricorso in punto di competenza.

3. Tanto premesso, giudica la Corte destituite di fondamento le deduzioni mosse dalla parte pubblica ricorrente in punto dei requisiti costitutivi della cautela.

3.1. Ferma la legittimità della valutazione del Tribunale del riesame circa l’urgenza di mantenere la misura cautelare (v. da ultimo, Sez. 2, n. 35630 del 14/06/2017, Gabrieli e altri, Rv. 270861), il discorso giustificativo posto a fondamento della ritenuta insussistenza nell’attualità delle esigenze cautelari di natura probatoria e special-preventiva si appalesa corretto e scevro da vizi di ordine logico o giuridico.

Il Collegio ha invero ineccepibilmente rilevato, da un lato, come le prove di natura captativi e documentale siano ormai immodificabili; dall’altro lato, come G. si sia ormai dimesso dall’incarico di medico presso l’INPS, di tal che non è più in condizione di poter ripetere le condotte fraudolente (segnatamente di redigere false certificazioni al fine di far ottenere indebite erogazioni da parte dell’ente, a titolo di pensione d’invalidità).

3.2. Al puntuale e consequenziale apparato argomentativo dell’ordinanza in rassegna, il P.M. ha contrapposto rilievi – a ben vedere – stereotipati e congetturali, là dove, per un verso, ha argomentato la concretezza e l’attualità del pericolo di inquinamento probatorio, ventilando il rischio che G. possa concordare versioni di comodo con i coindagati, senza però indicare gli specifici elementi concreti sulla base dei quali si fondi tale preoccupazione; per altro verso, quanto al pericolo di reiterazione criminosa, si è limitato a rilevare che le dimissioni del G. dall’INPS non hanno fatto venire meno le sue relazioni interpersonali in seno all’ente, né hanno determinato la cessazione dell’attività libero-professionale, senza indicare le circostanze obbiettive suscettibili di conferire consistenza ed attualità al prospettato rischio di reiterazione di condotte fraudolente.

Non è revocabile in dubbio che la prognosi sfavorevole sul pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede non sia impedita dalla circostanza che l’incolpato abbia dismesso l’ufficio o la funzione nell’esercizio dei quali ha realizzato la condotta criminosa.

Ciò nondimeno, il giudice è tenuto a fornire puntuale e logica indicazione delle circostanze di fatto che rendono probabile che questi, nella diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere analoghe condotte criminose.

Ed invero, perché il periculum libertatis possa ritenersi concreto ed attuale, non è indispensabile che sia prevista una “specifica occasione” per delinquere (Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216), ma è tuttavia necessario che sussistano elementi oggettivi e verificabili, e non meramente ipotetici o congetturali, attinenti allo specifico caso sub iudice, che rendano il rischio di recidiva effettiva e tangibile nel momento in cui interviene la decisione sullo status libertatis (Sez. 6 n. 718 del 28/03/2018, Placidi; Sez. 6, n. 8211 del 11/02/2016, Ferrante e altri, Rv. 266511).

Elementi, come si è già detto, la cui ricorrenza è stata esclusa dal Tribunale con considerazioni scevre da manifesta illogicità, non convincente contrastate dalla parte pubblica ricorrente.

4. Dalla rilevata infondatezza del motivo relativo alle esigenze cautelari discende l’assorbimento della questione di competenza territoriale, potendo la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trapani – nonostante la declaratoria d’incompetenza del Tribunale del riesame – continuare a svolgere indagini a piede libero nei confronti del G., richiamate al riguardo le considerazioni già sopra svolte nel paragrafo 2.

Ed invero, la declaratoria d’incompetenza da parte del Tribunale della libertà – emessa allo stato degli atti ed in sostituzione della dichiarazione di incompetenza che avrebbe dovuto pronunziare, ex art. 291, comma 2, e 22, comma 1, cod. proc. pen., il G.i.p. che ordinò la misura coercitiva – ha la limitata efficacia stabilita dall’art. 22, comma 2, stesso codice, sicché l’impugnazione proposta dal pubblico ministero – che per sua stessa ammissione ha già ha provveduto ad aggiornare sotto la fattispecie della truffa aggravata l’iscrizione relativa al capo 8), sulla base di, peraltro non precisate, sopravvenienze di fatto – non appare sorretta da un concreto interesse.

D’altronde, in coerenza con tale regula iuris, il Tribunale del riesame ha dichiarato l’incompetenza territoriale dell’A.G. di Trapani ed individuato come competente l’A.G. di Palermo, ma ha disposto la trasmissione degli atti al P.M. in sede e non al P.M. di Palermo, rimettendo dunque all’inquirente trapanese la scelta se trasmettere o meno gli atti al P.M. palermitano al fine di coltivare nuovamente l’azione cautelare dinanzi al Gip del capoluogo siciliano.

4.1. La Corte non può tuttavia esimersi dal rilevare incidentalmente l’erroneità della decisione assunta dal Tribunale in punto di competenza territoriale.

Come si è già dato conto nel ritenuto in fatto, nei confronti del G. la misura cautelare è stata applicata in relazione al solo reato di truffa aggravata di cui al capo 25), reato commesso in Trapani e, nondimeno, il Collegio della cautela ha ritenuto che l’ipotesi della truffa aggravata di cui al capo 25) sia connessa – ai sensi dell’art. 12 lett. b) e c), cod. proc. pen. – ai reati contestati ad altri indagati, in particolare al reato di peculato di cui al capo 8), commesso in Palermo (e Marsala), suscettibile di esercitare — in quanto più grave – la vis attractiva rispetto al delitto sub capo 25) in forza del disposto dell’art. 16 cod. proc. pen.

Se non che, nel pervenire a tale conclusione, il Collegio dell’impugnazione cautelare ha trascurato l’ormai pacifica lezione ermeneutica di questa Corte in tema di competenza determinata dall’ipotesi di connessione oggettiva fondata sull’astratta configurabilità del vincolo della continuazione fra le analoghe, ma distinte, fattispecie di reato ascritte ai diversi imputati, secondo la quale l’identità del disegno criminoso perseguito è idonea a determinare lo spostamento della competenza per connessione, sia per materia, sia per territorio, solo se l’episodio o gli episodi in continuazione riguardino lo stesso o – se sono più di uno – gli stessi imputati, giacché l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza (Sez. 2, n. 57927 del 20/11/2018, PMT C/ Bianco, Rv. 275519).

Tale impostazione è stata di recente avallata dalle Sezioni Unite – sia pure con in un obiter dictum in parte motiva – là dove, nell’affermare che, ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall’art. 12, lett. c), cod. proc. pen. e della sua idoneità a determinare lo spostamento della competenza per territorio, non è richiesto che vi sia identità fra gli autori del reato-fine e quelli del reato-mezzo, hanno marcato la differenza strutturale tra l’ipotesi di cui all’art. 12, lett. b), e quella di cui all’art. 12, lett. c), ribadendo che, in caso di connessione per continuazione, è invece necessaria l’identità soggettiva dei participi ai reati connessi (Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, G., Rv. 271223).

D’altra parte, l’operatività nella specie della connessione teleologica risulta solo genericamente abbozzata nel provvedimento impugnato, in assenza di una specifica contestazione in tale senso nell’incolpazione elevata in via provvisoria al G..

4.2. Risulta dunque erronea – benché assorbita per le ragioni dette – la decisione del Tribunale del riesame là dove ha dichiarato l’incompetenza territoriale dell’autorità giudiziaria di Trapani sul presupposto che il reato di cui al capo 25) sia connesso ai reati contestati in via provvisoria ai coindagati – in particolare a quello più grave di peculato sub capo 8) -, atteso che (a prescindere dalla correttezza o meno della qualificazione del fatto sub capo 8) come peculato e dell’esattezza o meno del radicamento di tale delitto in Palermo piuttosto che in altro luogo) detto reato non è contestato in via provvisoria al G., sicché egli mantiene il diritto ad essere giudicato dinanzi al “suo” giudice naturale, individuato in relazione all’unica incolpazione elevatagli, id est all’A.G. di Trapani.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso, in Roma, presso la Sesta Sezione Penale, il giorno 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 24 ottobre 2019.