Rapinatore mima di avere un pistola in tasca. Tale condotta deve ritenersi meno grave (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 16 aprile 2021, n. 14366).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere –

Dott. PERROTTI Massimo – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) GIOVANNI LUCA nato a (OMISSIS) il 16/11/19xx;

avverso la sentenza del 19/09/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Massimo PERROTTI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Ettore PEDICINI che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Ricorso trattato ai sensi dell’art. 23 c. 8 D.L. 137/2020 13-15499-2020

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Bologna, valutate le circostanze attenuanti generiche in giudizio di equivalenza rispetto alle contestate e riconosciute aggravanti (più persone riunite, uso dell’arma per minacciare le persone offese, recidiva reiterata e specifica), indicata la pena base in anni quattro di reclusione ed euro novecento di multa, operata la riduzione per la scelta del rito, confermava nel resto la impugnata sentenza.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo, con unico motivo, la violazione della norma penale aggravante (art. 628, comma terzo, n. 1 cod. pen.) per avere la Corte riconosciuto l’aggravante dell’uso (putativo) di un’arma da parte del correo nel corso della rapina consumata in concorso e riunione.

Sul tema posto all’attenzione della Corte con il motivo unico di ricorso si registra la concorde opinione del Procuratore generale presso questa Corte, che con le conclusioni scritte trasmesse in data 9 febbraio 2021 ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, non dovendo tenersi conto della aggravante dell’uso (putativo) delle armi nel corso della rapina.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

1. Sul punto dedotto con l’unico motivo di ricorso la giurisprudenza di questa Corte si è già più volte espressa, proprio nel senso indicato con il motivo proposto (Sez. 2, n. 4160, del 16/11/2018, Rv. 274898: La semplice simulazione della disponibilità di un’arma non integra l’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 1), cod. pen. Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva ritenuto l’aggravante per il solo fatto che le vittime avevano riferito di essersi sentite pungere alla schiena da “qualcosa che sembrava un oggetto acuminato”, che non avevano visto e che non era stato successivamente rinvenuto; Sez. 5, n. 55302, del 22/9/2016, Rv. 268535; Sez. 2, n. 32427, del 23/6/2010, Rv. 248358, in fattispecie assolutamente identica a quella oggetto del giudizio).

Per potersi configurare l’aggravante dell’uso dell’arma è dunque necessario che il soggetto agente appaia palesemente armato, così da sortire un effetto intimidatorio concreto nelle vittime, a nulla rilevando in tal senso la mera equivoca supposizione del possesso di un’arma fondata sull’atteggiamento “puerile” dell’agente.

2. Orbene – pur tenendo conto del fatto che sono state riconosciute nel giudizio le circostanze attenuanti generiche, stimate equivalenti alle (tre distinte) circostanze aggravanti ed effetto speciale pure riconosciute, sicché dalla eventuale elisione di una sola circostanza aggravante oggetto di censura non potrebbe derivare comunque un diverso giudizio di valenza, non essendo contestata la ricorrenza delle altre due circostanze (più persone riunite e recidiva qualificata) e non potendo accedersi al giudizio di prevalenza in ragione del preciso divieto 13-15499-2020 normativo di cui all’articolo 69, comma quarto, cod. pen. – deve comunque darsi atto che nel calibrare la pena (anni quattro di reclusione euro novecento di multa) rispetto alla gravità ontologica del fatto la Corte si è distaccata, nella misura di un terzo, dal minimo edittale in allora previsto dalla comminatoria di legge, proprio valorizzando la complessiva gravità della condotta, così inducendo a ritenere che sia stata proprio la complessiva gravità del fatto circostanziato ad aver orientato la decisione sulla pena.

Permane dunque interesse alla corretta valutazione circa la sussistenza della aggravante dell’uso dell’arma contestata (apparenza creata ponendo la mano in tasca), potendo la diversa morfologia della condotta, meno aggravata, influire nella valutazione della complessiva gravità del fatto, ai fini di calibrare la misura sanzionatoria in termini più prossimi al minimo edittale detentivo in allora previsto (anni tre di reclusione).

Né può negarsi l’interesse alla impugnazione al solo fine di ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, ancorché neutralizzata nell’effetto ingravescente dal giudizio di equivalenza, poiché costituisce diritto dell’imputato vedersi riconoscere colpevole, anche ai fini della misura sanzionatoria calcolata per il fatto non aggravato, di una condotta meno grave di quella contestagli (Sez. 1, n. 35429 del 11 agosto 2014; nel medesimo senso anche Sez. 6, n. 19188 del 3 maggio 2013; contra: Sezione 4, n. 20328, del 28 aprile 2017; Sez. 4, n. 27101 del 1 luglio 2016; da ultimo Sez. 3, n. 19901, del 12/12/2018, Rv. 275962; che tuttavia non tengono conto della specificità della dimensione sanzionatoria applicata nel caso di specie).

3. Ferma restando la irrevocabilità della decisione sulla responsabilità, la sentenza impugnata va pertanto annullata quanto alla valutazione della sussistenza della circostanza aggravante di aver fatto uso di un’arma al fine di commettere la rapina contestata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio sul trattamento sanzionatorio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’aggravante dell’arma e rinvia per nuovo giudizio sul trattamento sanzionatorio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.

Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.