REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente –
Dott. ROSATI Martino – Consigliere –
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere –
Dott. VILLONI Orlando – Rel. Consigliere –
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
suI ricorso proposto da:
(omissis), nato (omissis);
avverso la sentenza n. 1884/19 Corte di Appello di Palermo del 21/01/2020;
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita la relazione del consigliere, Dott. Orlando Villoni;
sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Giuseppe Locatelli, che ha concluso per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha ribadito la responsabilità di (omissis) in ordine al reato di cui all’art. 570 bis cod. pen., eliminando dalla pena congiunta, condizionalmente sospesa, di un mese e quindici giorni di reclusione ed € 150,00 di multa inflittagli in primo grado la frazione detentiva, fermo restando il beneficio di cui all’art. 163 cod. pen.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che deduce i motivi di censura di seguito indicati.
2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione all’applicazione degli artt. 1, 5, 47 e 570 bis cod. pen., per avere la Corte di merito errato nel ritenere che non avesse integralmente adempiuto all’obbligazione su di lui gravante versando somme inferiori a quelle dovute, avendo per contro fornito la prova documentale degli adempimenti, in alcuni casi non disponendo delle risorse economiche per adempiere e comunque essendosi sempre occupato di tutte le esigenze della prole durante i periodi di permanenza presso di lui.
2.2. Violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., negata dalla Corte territoriale in ragione della ritenuta abitualità della condotta e senza considerare che l’omesso versamento dello assegno di mantenimento non era stato totale ma parziale, oltre al fatto di avere direttamente provveduto alle necessità dei minori nei citati periodi di permanenza presso di lui.
2.3. Vizio di motivazione in relazione al risarcimento del danno liquidato alla parte civile costituita, in ragione della mancata esplicitazione delle ragioni di sussistenza del danno morale e a dispetto della sussistenza della prova dello avvenuto versamento dell’assegno di mantenimento dal mese di marzo 2014 a quello di maggio del 2015 ed oltre.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di cui in motivazione.
2. La contestazione mossa al ricorrente e per la quale ha riportato condanna nei due gradi di merito del giudizio riguarda la decurtazione in misura della metà dell’assegno di mantenimento di € 300,00 mensili stabilito dal Presidente del Tribunale di Sciacca in sede di separazione personale dalla moglie (omissis)(omissis) con provvedimento del 11/03/2014 e nell’omesso versamento delle spese straordinarie, fissate a suo carico in misura del 50%, dalla predetta data fino al 15/05/2015.
Con il gravame l’imputato aveva dedotto che dall’istruttoria era emerso che, ad eccezione di quello dovuto per il mese di dicembre 2014 (peraltro in seguito corrisposto in forma rateale), aveva sempre versato l’assegno nel periodo considerato, decurtandolo unicamente nei mesi estivi, quando aveva ospitato i figli presso la propria abitazione e provveduto in maniera diretta alle loro esigenze di vita.
La Corte di appello non ha ritenuto decisive ai fini del proscioglimento tali emergenze probatorie, posto che l’eliminazione della frazione di pena detentiva è stata disposta in base al principio stabilito da Sez. U, sent. n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255269 in tema di trattamento sanzionatorio del reato di omessa corresponsione dell’assegno di separazione ai sensi del con. disp. degli artt. 3 I. n. 54 del 2006, 12 sexies I. n. 898 del 1970 e 570, comma 1 cod. pen., ma non v’è dubbio che la mitezza della pena irrogata (€ 150,00 di multa condizionalmente sospesa) testimonia un apprezzamento di scarsa gravità della condotta.
Reputa, pertanto, il Collegio come la sentenza non possa esser censurata sotto il profilo dell’astratta sussistenza degli elementi costitutivi del reato in addebito, atteso ad es. che l’imputato non ha nemmeno contestato di avere omesso il pagamento della metà delle spese straordinarie di sua competenza, pur allegando di avere provveduto alle complete esigenze di vita dei figli minori (omissis) ed (omissis) quando nell’estate ciel 2014 li aveva temporaneamente ospitati presso la propria abitazione.
3. La sentenza impugnata mostra, invece, il fianco alla doglianza formulata con il secondo motivo di ricorso, concernente la denegata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis pen. per speciale tenuità del fatto.
I giudici di appello si sono limitati in maniera apodittica e quindi in assenza di reale motivazione (art. 125 comma 3 codi. proc. pen.) ad opporre il carattere abituale della condotta contestata, omettendo a parere del Collegio di procedere al necessario approfondimento valutativo imposto dalla peculiarità della fattispecie, contrassegnata dalla limitata durata dell’arco temporale in cui si è manifestato l’inadempimento, dalla prova positiva dell’avvenuto assolvimento all’obbligazione quanto meno per la frazione riferita al versamento dell’assegno di mantenimento, dalla prestazione in forma diretta del sostegno economico in favore dei minori nei periodi in cui (metà luglio, metà agosto e cinque giorni nel dicembre del 2014) si erano trasferiti presso l’abitazione dell’imputato in corrispondenza della peraltro ammessa decurtazione dell’importo dello emolumento, dal soddisfacimento in quei periodi di tutte le esigenze di minori, la cui incidenza sulla ripartizione delle spese straordinaria è rimasta di fatto non verificata.
La rivalutazione degli indicati profili di fatto, estranea alle attribuzioni di questa Corte di legittimità, ma necessaria ai fini dell’apprezzamento dei presupposti di operatività della speciale causa di non punibilità (in tal senso v. Sez. 6, sent. n. 39337 del 23/06/2015, Di Bello, Rv. 264554), impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte territoriale.
L’accoglimento di tale motivo importa l’assorbimento dell’ultimo, atteso che l’eventuale declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non consentirebbe di decidere sulla domanda di liquidazione delle spese proposta dalla parte civile, potendosi far luogo alle statuizioni civili nel giudizio penale solo in presenza di una sentenza di condanna o nelle ipotesi previste dall’art. 578 cod. proc. pen. tra le quali non rientra quella di cui all’art. 131 bis cod. pen. (Sez. 5, sent. n. 6347 del 06/12/2016, dep. 10/02/2017, La Mastra, Rv. 269449), potendo i diritti del danneggiato trovare eventuale tutela nell’azione da proporre in sede civile, attesa l’efficacia della sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto o del responsabile civile citato o intervenuto nel processo penale ai sensi dell’art. 651 bis, comma 1 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Così deciso, 5 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021.