REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente –
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere –
Dott. CERRONI Claudio – Rel. Consigliere –
Dott. CORBO Antonio – Consigliere –
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da Naye Barama, nato in Gabon il xx/xx/xxxx;
avverso l’ordinanza del 02/10/2018 del Tribunale di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Luigi Cuomo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 2 ottobre 2018 il Tribunale di Genova, quale Giudice del riesame delle misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza del 2 ottobre 2018 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, in forza della quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Barama Naye, indagato per il reato di cui agli artt. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e 61 n. 5 cod. pen., attesa l’illecita detenzione nei vicoli del centro storico di Genova, idonei ad ostacolare la pubblica o privata difesa, di dodici involucri contenenti cocaina/crack e eroina.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione con unico articolato motivo di impugnazione.
In particolare, quanto alla dedotta errata applicazione dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., derivante dalla particolare conformazione del centro storico di Genova che renderebbe maggiormente difficile la pubblica difesa, ciò avrebbe dovuto essere accertato in concreto, laddove al contrario la decisione degli operanti di diversamente collocarsi sulla pubblica via aveva favorito la cattura del ricorrente.
Costui anzi era stato facilmente individuato nell’attività di slaccio, segnalato dai residenti e così infine arrestato.
Il provvedimento impugnato non aveva correttamente valutato la concreta situazione venutasi a creare, e comunque aveva allora contraddittoriamente riconosciuto la fattispecie attenuata laddove al contrario erano state sottolineate le particolari modalità dell’azione.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato.
4.1. Per quanto infatti concerne il motivo di censura, è pressoché costante l’orientamento secondo il quale la valutazione della sussistenza dell’aggravante della minorata difesa va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato (Sez. 2, n. 43128 del 07/10/2014, Apicella, Rv. 260530), ancorché, ai fini della sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, non sia necessario che le circostanze di tempo, di luogo o di persona, previste dall’art. 61, n. 5, cod. pen., abbiano impedito o reso impossibile la difesa privata, essendo sufficiente che la stessa sia soltanto ostacolata (Sez. 1, n. 50699 del 18/05/2017, B., Rv. 271592).
4.1.1. Al riguardo, è stato così anche recentemente precisato che l’aggravante della minorata difesa si fonda su una valutazione in concreto delle condizioni che hanno consentito di facilitare l’azione criminosa non rilevando l’idoneità astratta di una situazione (in specie il tempo di notte) (Sez. 5, n. 53409 del 18/06/2018, A., Rv. 274187, laddove è stata ad es. ritenuta la sussistenza dell’aggravante in relazione a un furto di rame accatastato nel giardino di una abitazione sita in zona isolata e poco illuminata, raggiungibile solo tramite strada sterrata, non rilevando invece in senso contrario il fatto che vi fosse a breve distanza dalla casa una stazione dei carabinieri; così anche Sez. 4, n. 15214 del 06/03/2018, Ghezzi, Rv. 273725; cfr. altresì Sez. 5, n. 50500 del 04/07/2018, Vlaicu, Rv. 274724, secondo cui deve realizzarsi in concreto una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata).
4.1.2. In specie, il provvedimento impugnato ha inteso descrivere in genere la – peraltro notoria – conformazione urbanistica del centro storico di Genova, tale da rendere più agevole sia la commissione di reati di cessione di sostanze stupefacenti che la successiva impunità in caso di intervento delle Forze dell’ordine, il reo potendo contare infatti tanto sulla relativa costante semioscurità dei luoghi quanto sulla molteplicità di vie di fuga nelle labirintiche stradine esistenti.
4.2. Se le richiamate considerazioni appaiono astrattamente condivisibili (ed in effetti il provvedimento impugnato ha efficacemente ricostruito la situazione dei luoghi), in concreto esse non conducono al riconoscimento della contestata aggravante.
Il ricorrente infatti è stato seguito visivamente dagli appartenenti alla Polizia di Stato nella sua attività di ambiguo appostamento all’incrocio tra via Prè e vico del Gallo, e la sua fuga è ben presto terminata allorché i poliziotti sono stati in grado di fermarlo, approfittando proprio della possibilità di fare ricorso a molteplici soluzioni stradali, dividendosi nei vicoli e percorrendo itinerari differenti così da precludere all’odierno indagato le vie di salvezza.
La conformazione ambientale, in definitiva, ha nella specie agevolato la repressione dell’illecito, costantemente seguito nel suo dipanarsi da parte degli appartenenti alle Forze dell’ordine (anche a prescindere dal rilievo circa la contestazione dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73, comma 5 cit., a fronte di una condotta in tesi connotata da un’affermata e peculiare calliditas adottata nella scelta di luoghi e modalità di spaccio), e in nulla ha agevolato la commissione del fatto.
4.3. L’esclusione dell’aggravante, che in tesi giustificava la misura cautelare a norma dell’art. 278 cod. proc. pen., non può quindi che condurre all’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, col conseguente ordine di liberazione immediata del ricorrente Naye Barama se non detenuto per altra causa.
4.3.1. Si manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione del dispositivo al Procuratore generale presso questa Corte.
P.Q.M.
Esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Ordina la liberazione immediata di Naye Barama se non detenuto per altra causa.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione del dispositivo al Procuratore generale presso questa Corte.
Così deciso in Roma, il 10/01/2019.
Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2019.