L’assicurato contro i rischi della responsabilità civile ha diritto di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore delle spese processuali (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 31 agosto 2020, n. 18076).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio –  Rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 33650/2018 R.G. proposto da:

Di Criscio Domenico, rappresentato e difeso dall’Avv. Bruno Mantovani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazzale Clodio, n. 4;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – Istituto Nazionale Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Maria Morrone e Giuseppe Fiorentino, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29;

– controricorrente –

e nei confronti di

Axa Assicurazioni S.p.a.;

Polimene Mario;

Condominio del fabbricato sito in Napoli, Centro Direzionale Isola C/7 Torre Alessandro;

Romeo Gestioni S.p.a.;

UnipolSai Ass.ni S.p.a.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, n. 1705/2018, depositata il 13 aprile 2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16 giugno 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

Rilevato che:

1. Con sentenza del 9/3/2012 (come successivamente corretta con ordinanza del 4/10/2012) il Tribunale di Napoli, per quanto ancora in questa sede interessa, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria proposta da Mario Polimene per i danni da infiltrazioni subiti dal proprio appartamento, condannò Domenico Di Criscio (proprietario del soprastante immobile) e il condominio Centro Direzionale Isola C/7 Torre Alessandro al pagamento in suo favore della somma di C 13.639, ripartita per 1/3 a carico del primo e per 2/3 a carico del secondo, oltre che al pagamento in solido tra loro delle spese di lite in favore dell’attore; pose altresì a carico dei predetti le spese di c.t.u., in ragione di metà ciascuno; dichiarò invece prescritta la domanda di manleva proposta dal Di Criscio nei confronti della propria assicuratrice, Axa Assicurazioni S.p.A..

2. La Corte d’appello di Napoli, pronunciando sui contrapposti gravami, ha, da un lato, rideterminato in aumento l’importo liquidato in favore del Polimene a titolo di risarcimento del danno, dall’altro — in accoglimento del solo quinto motivo dell’appello proposto dal Di Criscio, con riferimento alla domanda di manleva —, esclusa la prescrizione del relativo diritto, ha condannato l’Axa Assicurazioni S.p.A. «a rivalere il predetto appellante di tutte le somme poste a suo carico ed a favore di Polimene Mario dalla sentenza appellata e dalla presente sentenza, ivi comprese le spese di c.t.u. e le spese di giudizio».

3. Avverso tale sentenza il Di Criscio propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Inps ha depositato controricorso, «al solo fine di essere edotto delle decisioni» che verranno assunte.

Gli altri gli intimati sono rimasti tali.

4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Fissata per la trattazione l’adunanza del 12 marzo 2020, a causa del sopravvenire dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in attuazione dell’art. 1 d.l. 8 marzo 2020, n. 11, il Primo Presidente, con decreto del 9 marzo 2020 (prot. Interno n. 526) ne ha disposto il rinvio a nuovo ruolo (come di tutte le cause fissate per le udienze e adunanze camerali in calendario nel periodo compreso tra il 9 e il 22 marzo 2020, con la sola eccezione – che qui non viene in rilievo — di quelle indicate nell’art. 2, comma 2, lett. g, d.l. cit.).

Quindi, in attuazione dei decreti del P.P. nn. 44, 47, 55 e 76, a loro volta attuativi dell’art. 83, comma 7, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successivamente modificato dall’art. 3, comma 1, lett. c), d.l. 30 aprile 2020, n. 28, essendo stata prevista la possibilità, per la Sesta Sezione, di fissare adunanze camerali nel numero ivi precisato nel periodo dal 1 al 19 giugno, la presente causa è stata destinata per la trattazione in adunanza camerale nella data odierna, con decreto del Presidente titolare del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.

Considerato che:

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione della art. 1917, comma terzo, cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello omesso la regolamentazione degli esborsi e compensi professionali nell’ambito del rapporto assicurato-assicuratore.

Lamenta che il giudice di secondo grado si è limitato a condannare l’assicuratore a rifondere all’assicurato le sole spese di soccombenza, senza accordare anche quelle di resistenza, così violando la su menzionata norma codicistica.

Rileva ancora, sotto altro profilo, che la mancanza di qualsiasi decisione sul punto concreta un vizio denunciabile ex art. 112 cod. proc. civ..

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione della art. 91 cod. proc. civ..

Afferma che la mancata condanna dell’assicuratrice alla rifusione delle spese e competenze professionali in favore dell’assicurato è ingiusta ed erronea anche in relazione alla regola chiovendiana — racchiusa nella citata disposizione processuale — secondo la quale «la necessità di ricorrere al giudice non deve tornare a danno di chi abbia ragione».

3. È fondato il primo motivo di ricorso.

Come questa Corte ha già evidenziato, in particolare con il precedente, richiamato in ricorso, di Cass. 04/05/2018, n. 10595, l’assicurato contro i rischi della responsabilità civile, ove commetta un fatto illecito dal quale scaturisca una lite giudiziaria, può andare incontro a tre diversi tipi di spese processuali:

a) le spese di soccombenza, cioè quelle che egli è tenuto a rifondere alla parte avversa vittoriosa, in conseguenza della condanna alle spese posta a suo carico dal giudice;

b) le spese di resistenza, cioè quelle sostenute per remunerare il proprio difensore ed eventualmente i propri consulenti, allo scopo di resistere alla pretesa attorea;

c) le spese di chiamata in causa, cioè quelle sostenute per convenire in giudizio il proprio assicuratore, chiedendogli di essere tenuto in caso di accoglimento della pretesa del terzo danneggiato.

Le spese di soccombenza non costituiscono che una delle tante conseguenze possibili del fatto illecito commesso dall’assicurato e perciò l’assicurato ha diritto di ripeterle dall’assicuratore, nei limiti del massimale.

Le spese di resistenza non costituiscono propriamente una conseguenza del fatto illecito, ma rientrano nel genus delle spese di salvataggio (art. 1914 cod. civ.), in quanto sostenute per un interesse comune all’assicurato ed all’assicuratore.

Tali spese perciò possono anche eccedere il limite del massimale, nella proporzione stabilita dall’art. 1917, comma terzo, cod. civ..

Le spese di chiamata in causa dell’assicuratore, infine, non costituiscono né conseguenze del rischio assicurato, né spese di salvataggio, ma comuni spese processuali, soggette alla disciplina degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ..

Nel caso di specie la Corte d’appello ha condannato la Axa Assicurazioni S.p.a. a rifondere all’assicurato Di Criscio unicamente le spese di soccombenza («tutte le somme poste a suo carico ed a favore di Polimene Mario dalla sentenza appellata e dalla presente sentenza, ivi comprese le spese di c.t.u. e le spese di giudizio»: così la sentenza impugnata, p. 17, secondo capoverso).

Non ha, invece, accordato all’assicurato la rifusione delle spese di resistenza, ovvero, come accennato, quelle sostenute per remunerare il proprio avvocato al fine di contrastare la pretesa attorea.

Così giudicando, la Corte d’appello ha effettivamente violato l’art. 1917, comma terzo, cod. civ., in quanto ha negato all’assicurato un diritto che costituisce un effetto naturale, ex art. 1374 c.c., del contratto di assicurazione della responsabilità civile.

Coglie nel segno, dunque, il motivo in esame, nella (sola) parte in cui denuncia error iuris: censura questa che, nella pur confusa ed impropria evocazione anche di altri vizi cassatori, appare comunque, nella sostanza, chiaramente evincibile dalla illustrazione che ne è fatta (cfr. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931).

La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, la quale nell’esaminare ex novo la domanda di garanzia proposta dal Di Criscio applicherà il seguente principio di diritto: «L’assicurato contro i rischi della responsabilità civile ha diritto di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore delle spese processuali che è stato costretto a rifondere al terzo danneggiato, entro i limiti del massimale; nonché delle spese sostenute per resistere alla pretesa di quegli, anche in eccedenza rispetto al massimale, purché entro il limite stabilito dall’art. 1917, comma terzo, cod. civ.».

4. Resta assorbito il secondo motivo, dovendo comunque il giudice di rinvio provvedere a nuova regolamentazione delle spese, tra esse comprese anche quelle del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.