E’ solo dopo aver visionato la sentenza che l’imputato ha tre giorni per ricusare il Giudice (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 21 gennaio 2021, n. 2588).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Rel. Consigliere

Dott. APRILE Stefano – Consigliere

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Gianluigi, nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 29/05/2020 della Corte di appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Francesco Centofanti;

lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Franca Zacco, che ha chiesto la reiezione del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte appello di Bologna dichiarava inammissibile, per tardività, l’istanza di ricusazione proposta in data 12 marzo 2020, da Gianluigi (OMISSIS) nei confronti di magistrato componente altro collegio della stessa Corte, dinanzi al quale è in corso di celebrazione il giudizio di secondo grado che vede (OMISSIS) imputato dei delitti di associazione di tipo mafioso e di tentata violenza privata, aggravata ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991, conv. dalla legge n. 203 del 1991.

La Corte di appello riteneva che la ragione di ricusazione – l’avere il magistrato interessato già conosciuto di causa penale, in tesi pregiudicante, a carico di Pasquale (OMISSIS), ivi imputato del delitto di minaccia aggravata ex art. 7 dl. n. 152 del 1991, cit. – fosse divenuta a (OMISSIS) nota, nel processo in corso, durante l’udienza del 3 marzo 2020 (cui egli partecipava collegato in videoconferenza), in occasione della lettura della dichiarazione di astensione resa dal medesimo magistrato rispetto alla posizione di (OMISSIS), in detto processo di nuovo imputato, e del relativo decreto presidenziale di autorizzazione.

L’istanza di ricusazione avrebbe dovuto dunque, in via assorbente, essere proposta prima del termine dell’udienza, ai sensi dell’art. 38, comma 2, cod. proc. pen., come non avvenuto.

2. Il condannato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, illustrato da successiva memoria, sulla base di unico articolato motivo con cui deduce violazione della legge processuale penale e vizio della motivazione.

Il ricorrente censura la decisione adottata, sostenendo che l’effettiva conoscenza della ragione di ricusazione si sia avuta, in capo al suo difensore, solo con l’ottenimento della copia della sentenza resa a definizione della causa pregiudicante; copia rilasciata al difensore, fuori udienza, il 4 marzo 2020.

Tale copia sarebbe stata quindi trasmessa al condannato, detenuto, e da lui ricevuta il 12 marzo 2020, onde la tempestività dell’istanza da lui personalmente formulata entro il termine di tre giorni, di cui al menzionato art. 38, comma 2, cod. proc. pen., a prescindere dall’iniziativa di ricusazione dal difensore irritualmente assunta in data 6 marzo 2020.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. La causa di ricusazione, da (OMISSIS) fatta valere, muove dall’incompatibilità di cui all’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 17 ottobre 1996, che ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui esso non prevede che non possa partecipare al giudizio, nei confronti di un imputato, il giudice il quale abbia pronunciato, o concorso a pronunciare, una precedente sentenza, nei confronti di altri soggetti, in cui la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità sia stata comunque valutata.

Statuendo sulle ricadute applicative della declaratoria d’illegittimità costituzionale, questa Corte, già nei primi tempi successivi alla sua adozione (Sez. 2, n. 106 del 13/01/1999, Compagnon, Rv. 212784-01), precisò come l’incompatibilità potesse ricorrere tutte le volte in cui la condotta di reato contestata all’imputato fosse strettamente collegata a quella di un concorrente, senza la cui azione, così come in concreto già giudicata, il reato non sarebbe configurabile; in tali ipotesi, infatti, la pronuncia già resa su uno dei prevenuti comporta, anche senza l’esplicita menzione dell’apporto del correo, un giudizio incidentale sull’operato di quest’ultimo.

Non è questa la sede per valutare se tanto sia effettivamente nella specie accaduto, ossia se la condotta di (OMISSIS) già oggetto del giudizio pregresso (l’invio di una missiva ricattatoria ad un quotidiano), in quanto facente parte della strategia di intimidazione del sodalizio di stampo mafioso, abbia rilievo dirimente rispetto alla cognizione dei reati di partecipazione associativa, e di violenza privata tentata ed aggravata, oggi ascritti all’imputato ricusante, in modo tale che la decisione assunta possa considerarsi realmente pregiudicante e integrare la dedotta incompatibilità.

Quel che è certo è che ogni ragionamento, al riguardo, deve muovere dalla disamina del testo della decisione medesima, perché solo la conoscenza delle modalità in cui era congegnato il capo di accusa, e delle concrete valutazioni su di esso operate, può consentire di trarre, in proposito, le giuste conclusioni.

Questa puntualizzazione vale, anzitutto, nella prospettiva della parte titolare del diritto alla ricusazione, che solo mediante l’acquisizione, e la visione, della sentenza in ipotesi pregiudicante – e non già alla semplice lettura di provvedimenti di astensione, che, indipendentemente dall’ampiezza della loro giustificazione, non ricalcano, se non altro perché riguardanti il medesimo imputato già giudicato, la fattispecie d’incompatibilità delineata dalla sentenza costituzionale n. 371 del 1996 – sarebbe stata in grado di determinarsi in ordine all’esercizio del diritto stesso.

L’ordinanza impugnata ha dunque errato nel ritenere che, per effetto dell’indicata lettura, la causa di ricusazione fosse divenuta nota già all’udienza del 3 marzo 2020, e che la conclusione dell’udienza segnasse così il termine per proporre la relativa istanza.

3. Il termine in discorso, non ricorrendo l’ipotesi anzidetta, era viceversa pari a tre giorni (art. 38, comma 2, cod. proc. pen.).

Ai fini della relativa decorrenza occorre fare riferimento – come da questa Corte già stabilito (Sez. 2, n. 39415 del 09/09/2019, Tibia, Rv. 277105-01) – al momento in cui il giudicabile ha acquisito una conoscenza personale, effettiva e integrale della causa di ricusazione medesima.

Deve trattarsi di conoscenza integrale, nei sensi già precisati, nonché di conoscenza effettiva, nei suoi termini fattuali e giuridici, e non di situazione di mera conoscibilità, come sarebbe la circostanza dell’intervenuta pubblicazione, al momento della costituzione del collegio giudicante, di una precedente sentenza, emessa nei confronti di soggetti diversi da colui che è imputato in un successivo processo, la cui posizione in ordine alla sua penale responsabilità possa essere stata già valutata, nel giudizio cui è rimasto estraneo, dallo stesso giudice investito del processo che lo riguarda; pubblicazione inidonea, di per se sola, a rendere nota all’imputato la causa di incompatibilità (Sez. 1, n. 16671 del 27/02/2013, Testa, Rv. 255845-01).

Deve trattarsi, infine, di conoscenza personale, dovendosi escludere che la comunicazione del provvedimento asseritamente pregiudicante al difensore – non abilitato, in difetto di specifico mandato, a proporre istanza di ricusazione (da ultimo, Sez. 5, n. 37468 del 03/07/2014, Santonastaso, Rv. 262210-01) – sia sufficiente al fine di ritenere che la relativa causa debba ritenersi divenuta nota all’imputato (Sez. 6, n. 19533 del 06/05/2014, D’Urso, Rv. 260893-01).

4. L’ordinanza impugnata, discostatasi da tali principi, deve essere annullata, con rinvio al giudice che l’ha pronunciata per rinnovata valutazione in ordine alla tempestività dell’istanza di ricusazione e, se del caso, al merito della stessa.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bologna.

Così deciso il 04/12/2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021.