Condannato un Supermercato per aver posto in commercio uova pasquali prive dell’avvertenza “contiene un giocattolo” (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 1 marzo 2021, n. 5558).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38038-2019 proposto da:

(OMISSIS) SUPERMERCATO S.N.C. di (OMISSIS) DOMENICO & C., rappresentata e difesa dall’Avvocato DANIELE (OMISSIS) e dall’Avvocato ROBERTO (OMISSIS) per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CAMERA DI COMMERCIO DI BASILICATA;

– intimata –

avverso la SENTENZA n. 172/2019 DEL TRIBUNALE DI LAGONEGRO, depositata il 6/5/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/1/2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe DONGIACOMO.

FATTI DI CAUSA

Il tribunale, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la sentenza con la quale il giudice di pace aveva rigettato l’opposizione proposta dalla (OMISSIS) Supermercati s.n.c. di (OMISSIS) Domenico & C. nei confronti dell’ordinanza della Camera di Commercio di Potenza che, in data 9/4/2015, le aveva ingiunto il pagamento della somma di C. 3.000,00, a titolo di sanzione pecuniaria, per aver posto in commercio alcune uova pasquali di cioccolato sprovviste dell’avvertenza “Contiene giocattolo. Si raccomanda la sorveglianza di un adulto”, imposta dall’art. 10, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 54 del 2011.

Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che erano infondati i motivi con i quali la società appellante aveva dedotto la violazione dell’art. 18 della I. n. 689 del 1981 sul rilievo che l’ordinanza ingiunzione era stata emessa prima della scadenza del termine di legge per la presentazione degli scritti difensivi da parte dell’ingiunto.

Il tribunale, al riguardo, ha rilevato che l’omessa audizione della parte sanzionata, in difetto di un’espressa previsione di nullità dell’ordinanza ingiunzione emessa dall’autorità competente, non configura un’ipotesi di nullità del provvedimento, non rientrando tale fattispecie in quelle previste a pena di nullità dall’art. 21 septies della I. n. 241 del 1990 e riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto.

Il tribunale, poi, ha ritenuto l’infondatezza dei motivi con i quali l’opponente aveva dedotto di non ricoprire il ruolo né di produttrice né di distributrice del prodotto e di non poter presumere che la sorpresa contenuta nell’uovo potesse essere un giocattolo.

Il tribunale, sul punto, ha osservato che la società opponente, avendo messo in vendita il prodotto al consumatore finale in difformità alla prescrizione previste dall’art. 10, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 54 del 2011, rientrava a pieno titolo, a fini previsti dall’art. 3 del d.lgs. n. 54 cit., nel novero dei “distributori” dei prodotti privi della prescritta avvertenza, e che non aveva alcun rilievo il fatto che la messa in vendita delle uova di cioccolato pasquali sarebbe avvenuta sull’erronea rappresentazione da parte dell’opponente che il prodotto non contenesse al proprio interno alcun giocattolo, non avendo una forma (imballaggio) tale da far presumere di essere destinata a bambini.

Tale doglianza, infatti, ha rilevato il tribunale, oltre a non essere documentata, è infondata poiché l’errore di fatto che ha determinato la violazione commessa dal trasgressore, e cioè l’erronea supposizione che le uova di cioccolato non contenessero giocattoli al loro interno, avrebbe potuto in ogni caso essere superata con l’impiego dell’ordinaria diligenza da parte del distributore, specie se si considera che si tratta di un prodotto alimentare che “sovente contiene, secondo la comune esperienza, gadget et similia quali sorprese pasquali, a prescindere dall’apparenza esteriore dell’imballaggio”.

La (OMISSIS) Supermercati s.n.c. di (OMISSIS) Domenico & C., con ricorso notificato il 6/12/2019, ha chiesto la cassazione della sentenza.

La Camera di Commercio di Basilicata, già di Potenza, è rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha respinto la doglianza fondata relativa alla violazione dell’art. 18 della I. n. 689 del 1981, in relazione all’omessa audizione ivi prevista, laddove, in realtà, la società appellante si era doluta del fatto che l’ordinanza ingiunzione era stata emessa in data antecedente rispetto alla scadenza del termine di trenta giorni entro il quale l’opponente poteva procedere, ai sensi dell’art. 18 cit., alla presentazione di memorie, con la conseguente violazione del suo diritto di difesa.

1.2. Il motivo è infondato.

La società ricorrente, infatti, si è doluta del fatto che il tribunale avrebbe malamente inteso la censura che aveva sollevato nei confronti dell’ordinanza impugnata: non ha, tuttavia, considerato che il tribunale, lì dove ha affermato che il giudizio di opposizione riguarda il rapporto e non l’atto, ha, in realtà, affermato un principio che giustifica il rigetto della censura che l’opponente aveva sollevato, e cioè che l’ordinanza ingiunzione è stata adottata prima della scadenza del termine, fissato dall’art. 18, comma 1, della I. n. 689 del 1981, per il deposito di scritti difensivi da parte del trasgressore, al pari di quella fondata sulla sua mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta a norma dell’art. 18, comma 2°, della I. n. 689 cit..

In effetti, in tema di ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative, emessa a conclusione del procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 18 della I. n. 689 cit., la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa, al pari della pronuncia dell’ordinanza ingiunzione prima della scadenza del termine di trenta giorni fissato per la trasmissione di scritti difensivi da parte dell’interessato, non comportano la nullità del provvedimento in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione o di scritti difensivi dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale (cfr. Cass. n. 21146 del 2019).

2.1. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione degli artt. 10 del d.lgs. n. 54 del 2011 e 3 della I. n. 689 del 1981, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la società opponente fosse, ai fini previsti dall’art. 10 del d.lgs. n. 54 del 2011, un distributore del prodotto contenente un giocattolo senza la prescritta avvertenza, senza, tuttavia, considerare che la stessa non era al corrente della consistenza della sorpresa, che poteva anche non rientrare nella categoria giocattolo, essendosi limitata ad immettere sul mercato semplicemente l’uovo di Pasqua, con la conseguente mancanza della coscienza e della volontarietà del fatto commesso.

2.2. Il motivo è infondato.

Intanto, la società opponente, che (come accertato, in fatto, dal tribunale) ha messo in vendita le uova pasquali contenenti giocattoli prive dell’avvertenza “Contiene giocattolo.

Si raccomanda la sorveglianza di un adulto”, imposta dall’art. 10, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 54 del 2011 (e richiamata nell’allegato V al punto 7), dev’essere senz’altro qualificata, ai fini previsti dall’art. 31, comma 7, del d.lgs. n. 54 cit., come “distributore del prodotto”: essendo tale, appunto, come chiarito dall’art. 3 n. 6 della direttiva 2009/48/CE, di cui il d.lgs. n. 54 cit. costituisce attuazione, la persona (fisica o giuridica), diversa dal fabbricante o dall’importatore, che, nella catena della fornitura, mette il giocattolo a disposizione del mercato, ed è, quindi, come tale, obbligato, come si evince dagli artt. 6, 9 e 10 del d.lgs. n. 54 cit., ad apporre (o a verificare, con la dovuta attenzione, prima che il prodotto sia messo in vendita, che siano apposte) le avvertenze in tema di sicurezza e, più in generale, quelle che, come la pericolosità del prodotto per i minori, determinano la decisione di acquistare il giocattolo.

Quanto al resto, il principio posto dall’art. 3 della I. n. 689 del 1981, secondo il quale, per le violazioni amministrativamente sanzionate, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva (vale a dire, nel caso in esame, il fatto di aver messo in vendita le uova pasquali contenenti giocattoli prive dell’avvertenza prescritta), sia essa dolosa o colposa, postula una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all’agente, sul quale grava, pertanto, l’onere (il cui adempimento, nella specie, non risulta né assolto né tentato) della dimostrazione di aver agito senza colpa (Cass. n. 11777 del 2020): che, del resto, il tribunale ha, in fatto, escluso, avendo, appunto, accertato che l’erronea supposizione in cui la società opponente assume di essere incorsa (e cioè che le uova di cioccolato che ha messo in vendita non contenevano giocattoli al loro interno) avrebbe potuto essere superata dalla stessa con l’impiego dell’ordinaria diligenza (rimasta, evidentemente, indimostrata) trattandosi di un prodotto alimentare che, “a prescindere dall’apparenza esteriore dell’imballaggio”, “sovente contiene, secondo la comune esperienza, gadget et similia quali sorprese pasquali”.

3. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

4. Nulla per le spese di lite, in difetto di controricorso da parte della parte intimata.

5. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso;

dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di Cassazione il giorno 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1° marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.