Pena pecuniaria e divieto di reformatio in peius: chiarimenti dalla Corte (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 27 agosto 2021, n. 32278).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

Dott. BELLINI Ugo – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) MOHAMED nato il 01/01/19xx;

avverso la sentenza del 20/03/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. UGO BELLINI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) Mohamed ricorre per la cassazione della sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva assolto il ricorrente dal reato di ricettazione e, in relazione al reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente qualificato ai sensi dell’art. 73 comma 5 Dpr 309/90, aveva rideterminato la pena in un anno di reclusione ed euro mille di multa.

Assume il ricorrente violazione di legge per reformatio in pejus della sentenza di primo grado relativamente alla pena pecuniaria la quale, indicata in euro 1.200 dal giudice di primai cure in relazione al reato di ricettazione aumentata ad euro 1.500 per il reato satellite concernente gli stupefacenti, era stata poi determinata in euro 1.500 in relazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente da parte del giudice di appello, in quanto si era realizzato in tale modo un risultato peggiorativo, in relazione ai singoli componenti del calcolo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

Non viola il divieto di reformatio in pejus previsto dall’art. 597 cod.pen. il giudice della impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la reiudicanda satellite diventi quella più grave o cambi la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporti per uno dei fatti unificati dalla identità del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pure non irrogando una pena complessivamente maggiore (sez.1, 10.4.2019, Jerevija Nikoll, Rv.276196).

Parimenti nella fattispecie che ci occupa, una volta sciolto il vincolo della continuazione in ragione della pro- nuncia assolutoria rispetto ad uno dei reati e dovendo il giudice rideterminare la pena in relazione a quello che, nella struttura del reato continuato, era un reato satellite, il giudice ha libertà di muoversi all’interno della forbice edittale di detto reato, con il limite dell’obbligo dell’applicazione di una pena inferiore complessivamente a quella fissata dal primo giudice nel reato continuato.

In particolare in relazione alla indicazione della pena pecuniaria, non può ritenersi la reformatio in pejus per essere stata la pena base indicata in misura superiore a quella fissata dal giudice di primo grado con riferimento ad altro reato, tenuto conto dell’autonomia di ciascuna fattispecie e dalla impossibilità di operare un confronto tra le forbici edittali delle due fattispecie.

2. Da un lato, infatti la pena detentiva, associata a quella pecuniaria, in relazione alla ipotesi di cui all’art. 73 Dpr 309/90 risulta essere stata notevolmente diminuita rispetto alla pena base fissata in primo grado per il reato di ricettazione (così da potersi riconoscere una pena complessiva decisamente inferiore) è dall’altra, in relazione al trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 73 comma 5 Dpr 309/90, la pena pecuniaria minima (euro 1.032) è di molto superiore a quella prevista per il reato di ricettazione (euro 516) e pertanto anche sotto questo profilo il giudice di appello risulta essersi adeguato alla diversa forbice edittale prevista per il reato residuato dallo scioglimento del vincolo della continuazione, in relazione al quale è intervenuta pronuncia assolutoria.

In ogni caso il risultato finale non è superiore a quello indicato dal primo giudice neppure in relazione alla pena pecuniaria.

3. Il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 20 Maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.