REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Rel. Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14846-2019 proposto da:
ROMA CAPITALE 02(OMISSIS)86, in persona della Sindaca in carica pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE n. 21, presso gli UFFICI DELL’AVVOCATURA CAPITOLINA DI ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) n. 3, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRA (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7710/16/2018 della COMMISSIONI’: TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata l’08/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
Fatti e ragioni della decisione
La CTR del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, confermando la decisione di primo grado, riteneva corretta la pronunzia di annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società (OMISSIS) spa in ordine alla ripresa di IMU per l’anno 2012 da parte di Roma Capitale in relazione all’accertata abusività dell’occupazione dell’immobile nel periodo d’imposta considerato.
La CTR riteneva che l’abusiva occupazione dell’immobile da parte di terzi abusivi escludeva in capo al proprietario la situazione di possesso alla quale era ricondotto il presupposto per l’applicazione dell’IMU.
Roma Capitale ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
La società intimata si è costituita con controricorso.
La ricorrente deduce la violazione dell’art. 13 d.l. n. 201/2011, nonché degli artt.1, 2 e 3 d.lgs. n. 504/1992, in relazione agli artt. 1140 e 1168 c.c.
La CTR avrebbe errato nel considerare l’abusiva occupazione dell’immobile come elemento decisivo per escludere la debenza dell’IMU in capo al proprietario, richiamando in proposito i principi espressi da Cass. n. 5626/2015.
Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha già chiarito che l’occupazione abusiva di un immobile da parte di terzi non incide sull’obbligo del proprietario di corrispondere l’imposta Imu.
In particolare, Cass. n. 7800/2019, con riguardo al tributo ICI, ha già ritenuto che secondo il combinato disposto degli artt. 1, comma 2, e 3 del d.lgs. n. 504 del 1992, il concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo è riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento indicati nell’art. 3 del citato decreto, in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta che prescinde dalla redditività del bene sottoposto a tassazione.
Ai fini della debenza di tale tributo, ha sostenuto questa Corte, rileva pertanto il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà ai sensi dell’art. 1140 c.c., mentre risulta irrilevante la mera detenzione.
Su tali presupposti è stato così affermato che “In tema di ICI, nel caso di comproprietà dell’immobile, l’imposta è dovuta dal comproprietario nei limiti della sua quota, senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale esercizio, da parte sua, di poteri gestori e di amministrazione dell’intero immobile, atteso che gli artt. 1, comma 2, e 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992 riferiscono il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell’elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene” (vedi Cass. n. 6064 del 2017), o si è giustificato la ritenuta persistenza del possesso quale presupposto impositivo, allorché vi sia stata occupazione temporanea d’urgenza da parte della P.A., finché non sia intervenuto il decreto di esproprio (Cass. n. 29195 del 2017; n. 21157 e n. 19041 del 2016; Cass. n. 4753 del 2010 e n. 21433 del 2007).
In questa direzione si è parimenti ritenuto che In tema di ICI, nel caso di comproprietà dell’immobile, l’imposta è dovuta dal comproprietario nei limiti della sua quota, senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale esercizio, da parte sua, di poteri gestori e di amministrazione dell’intero immobile, atteso che gli artt. 1, comma 2, e 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992 riferiscono il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell’elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene -cfr. Cass. n. 6064/2017-.
Parimenti, Cass. n. 21157/2016 ha ritenuto che in tema di ICI, la requisizione non priva il proprietario del possesso del bene, salvo che, a seguito della realizzazione dell’opera pubblica, intervenga l’irreversibile trasformazione del fondo, sicché lo stesso è soggetto passivo dell’imposta anche se l’immobile sia detenuto dal beneficiario della requisizione.
Nè è inutile ricordare che secondo Cass. n. 19041/2016 in tema d’ICI, l’occupazione temporanea d’urgenza di un terreno da parte della P.A. non priva il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga il decreto di esproprio (o comunque l’ablazione) del fondo, sicché egli resta soggetto passivo dell’imposta ancorché l’immobile sia detenuto dall’occupante.
In definitiva, il giudice di legittimità ha ritenuto che è sufficiente ad individuare il soggetto passivo dell’imposta la titolarità del diritto di proprietà ed irrilevante che fosse in atto un contenzioso che aveva ad oggetto non la titolarità del diritto reale bensì un’occupazione abusiva del terreno da parte di terzi che su di esso rivendicavano un diritto di pascolo.
Tali principi, d’altra parte, trovano conferma in altro indirizzo giurisprudenziale formatosi a proposito dell’IMU, allorché ha ritenuto che in tema di “leasing”, tenendo conto del disposto dell’art. 9 del d.lgs. n. 23 del 2011, soggetto passivo dell’IMU, nell’ipotesi di risoluzione del contratto, è il locatore, anche se non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore, in quanto ad assumere rilevanza ai fini impositivi non è la detenzione materiale del bene da parte di quest’ultimo, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che ne legittima la detenzione qualificata -cfr. Cass. n. 25249/2019-.
Principi che hanno quindi ritenuto irrilevante l’abusiva detenzione del bene da parte dell’utilizzatore che sia rimasto nel godimento del bene dopo la risoluzione del contratto, ancora una volta confermando la debenza del tributo IMU da parte del soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla controricorrente, appare evidente l’erroneità della sentenza impugnata, la quale ha indebitamente escluso che il proprietario dei cespiti abusivamente occupati fosse tenuto al pagamento dell’IMU.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata.
Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito rigettando il ricorso del contribuente.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito, condannando la società controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso del contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito condannando la contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in euro 5.600,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso il 23/6/2021.
Depositato in Cancelleria, addì 25 ottobre 2021.